Primo maggio, perché?

Il significato vero della festa dei lavoratori

Enzo Fabbri

Ricordo ancora con nostalgia e gratitudine quando, ancora bimbo di pochi anni, la mattina del primo maggio la mamma mi vestiva tutto di rosso e con tre garofani dello stesso colore. Uscivo di casa con il nonno, anarchico romagnolo di vecchio stampo che sfoggiava il suo fiocco nero al collo e, mano nella  mano con mio padre, vecchio socialista anteguerra, che portava all’occhiello del vestito “buono” il garofano e nella tasca, ben piegata, una copia del giornale “l’Avanti”. Così agghindati si andava in piazza per festeggiare ed incontrare gli altri compagni.

Era una festa, una festa di lotta e di lavoro, una festa di sangue e di conquiste, una festa di libertà, una festa del sindacato, una festa di popolo. Orgoglioso dei complimenti che ricevevo per il mio vestito, salivo sulle spalle di mio padre e sventolavo i tre garofani rossi. Seguivano i discorsi dei soliti “papaveri”, gli applausi, i saluti e già a quattro anni ti sentivi orgogliosamente un piccolo lavoratore.

Ma perché si festeggia il primo maggio?

Si festeggia la conquista del diritto di fissare l’orario giornaliero di lavoro ad 8 ore (negli USA in Illinois fu approvato nel 1867; in Italia nel 1923.

L’origine della festa risale alle manifestazioni organizzate negli USA dai Knights of Labor (cavalieri del lavoro) nel 1882 e dal 1884 la festa divenne annuale. Altre organizzazioni sindacali affiliate all’internazionale dei lavoratori e ai movimenti socialisti ed anarchici fissarono la ricorrenza al primo maggio di ogni anno. A far coincidere la scelta della data furono i gravi incidenti accaduti nel 1886 a Chicago davanti alla fabbrica di macchine agricole McCormick dove la polizia fu chiamata a reprimere la manifestazione sparando sugli operai, uccidendone due e ferendone altri. Per protesta gli anarchici organizzarono un’altra manifestazione nella piazza del mercato; le proteste terminarono il 4 maggio quando la polizia sparò nuovamente sui manifestanti con numerose vittime da ambo le parti. Nel 1887 quattro operai sindacalisti e quattro anarchici furono impiccati per aver organizzato le manifestazioni del 1° maggio dell’anno precedente per ottenere le 8 ore di lavoro.

Prima di essere impiccati queste furono le parole di alcuni di loro: “Salute, verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte”. Un altro: “Viva l’anarchia”, poi “Urrà per l’anarchia”. L’ultimo a morire fra atroci tormenti pronunciò a stento questa frase: “Lasciate che si senta la voce del popolo”. Pochi giorni dopo a Chicago si tenne una imponente manifestazione a lutto per ricordare i “Martiri”, prova tangibile che l’ideale socialista continuava a vivere.

In Europa la festa del 1° maggio fu introdotta nella riunione di Parigi della seconda internazionale socialista nel 1889 e ratificata in Italia nel 1891 “per rallegrare gli animi di tutti i lavoratori del mondo al fine del proprio miglioramento”.

Durante il ventennio fascista la festa fu soppressa e spostata quale festa del lavoro italiano il 21 aprile in coincidenza del Natale di Roma. Nel 1945 fu ripristinata.

Nel 1947 a Portella della Ginestra (PA) la banda di Salvatore Giuliano sparò sul corteo di duemila lavoratori uccidendone 11 e ferendone 50. Nonostante questi ed altri lutti la festa del lavoro continua ad essere attuata con centinaia di migliaia di lavoratori a festeggiare in tutte le piazza del mondo.

In ricordo di mio padre e di mio nonno.

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