Primo Maggio 2021, la festa del lavoro fra rabbia e angoscia del futuro

Frenze – Primo Maggio, festa del lavoro senza lavoro. In una Toscana sotto scacco per le difficoltà del lavoro imputabili al covid, ma che arriva all’appuntamento con la pandemia già sfiancata da grandi vertenze irrisolte, con tante famiglie già in forse che precipitano nella povertà a causa della mazzata del virus, questo Primo Maggio è particolarmente difficile. Non si è ancora sopita l’eco dell’ennesima polemica che riguarda il presidente regionale Eugenio Giani, reo, secondo i sindacati che hanno proclamato sciopero, di aver ritirato l’intesa già trovata con i loro rappresentanti circa la chiusura per tutto il giorno della grande distribuzione in onore della Festa dei lavoratori, tornando a ripensarci all’ultimo minuto e consentendo alle grandi distribuzioni di rimanere aperte nella mattinata. I sindacati Cgil-Cisl e Uil annunciano il programma del Primo Maggio: “inviare” i segretari generali Cgil-Cisl-Uil Toscana in 3 luoghi simbolo del lavoro, con presìdi unitari: Dalida Angelini, Cgil,all’ospedale di Lucca, Riccardo Cerza (Cisl) alle acciaierie di Piombino, Annalisa Nocentini (Uil) ad Amazon a Calenzano. Un modo per tenere il territorio e dare una solidarietà e una spinta alle rivendicazioni dei lavoratori, per un Primo Maggio che ricordi quanto il mondo del lavoro ha perso, in tema di tutele e di sicurezza. Senza dimenticare le grandi vertenze ancora aperte, tra cui quella dei lavoratori della Tah, la società controllata da Aeroporti Toscana, che si occupa del movimento a terra, messa in vendita  a una cordata di imprenditori privati dopo che la stessa Aeroporti ha preso 10 milioni di soldi pubblici dalla Regione Toscana per cercare, fra le altre cose, di scongiurare i licenziamenti di questi lavoratori. O quella ormai nota in tutto il Paese della Bekaert, che continua a procedere con sempre minori spernze per i lavoratori di vedersi mettere in sicurezza, nonostante l’intervento della Regione. O quella della Petti o ancora della cooperativa di Legnaia, i cui soci lavoratori stanno cercando di esercitare il diritto di prelazione sulla parte agricola. 

Non è che un piccolo spaccato delle difficoltà del lavoro, in questo Primo Maggio gricio e piovoco in cui l’unica nota di colore è il rosso delle bandiere e dove i festeggiamento stentano a prendere il carattere della festa: 117 mila posti di lavoro persi nei due anni di pandemia in Toscana, di cui 94mila “congelati” con le casse integrazioni  (158 mila in tutto contando anche i cosiddetti  lavoratori indioendenti, indipendenti, per un miliardo e mezzo di stipendi persi. Con gli aiuti giuti da governo e neti locali, si calcola che la perdita sia di 1650 euro a famiglia e senza misure di sostegno, il doppio. In questo girno che ha al centro il lavoro, i dati dell’Irpet mordono ancora di più: 17 famiglie su cento (21 persone su 100) in Toscana sono scese di posizione rispetto al reddito. Un toscano su 5 è sceso di un decile. Circa 120mila persone sono transitate nella povertà, più di 100mila ne sono uscite solo grazie ai sostegni. Sono 16mila i nuovi poveri, defintivamente transitati nella povertà.  Aggiunti a quelli che già c’erano, 121mila toscani si trovano sotto la soglia di povertà.

Ma non è “solo” questo. Durante il Primo Maggio, festa del lavoro, si è costretti inevitabilmente a contare chi non può farla perché il lavoro ha significato morte o infortunio. In Italia, nei primi due mesi del 2021, le vittime sul lavoro sono state 104. Oltre 50 decessi al mese. Più di 12 la settimana. I dati sono quelli dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre. In Toscana, da gennaio a febbraio 2021, 7 morti, che sono saliti a 9 al 17 febbraio. Senza contare i lavoratori  morti per Covid, infettatisi sul lavoro: 499 le vittime rilevate da gennaio 2020 a febbraio 2021. In Toscana, 15.

Primo Maggio, dunque anche storie di lavoro. E la storia di lavoro che oggi vogliamo ricordare è quella degli operai della Texprint. Perché da mesi, ormai da febbraio dopo aver iniziato l’agitazione a gennaio 2021, se ne stanno in presidio davanti alla fabbrica che dà loro lavoro. Lavoro, ovvero un’occupazione a 12 ore al giorno per 7 giorni su 7. Stipendi, come dicono i lavoratori, “da fame”, sicurezza, infima. Dall’11 febbraio, il presidio è diventato permanente, notte e giorno, nonostante interventi delle forze dell’ordine e reazioni della proprietà. Una lotta simbolo, organizzata da SiCobas, che ha trovato ascolto anche presso la Regione Toscana, osteggiata anche da altri operai nelle stesse condizioni, e che tuttavia continua senza vedere, ancora, uno sbocco. Emblematico il titolo, 8X5, che stigmatizza la richiesta dei lavoratori: 5 giorni di lavoro per otto ore, con i salari previsti dal contratto nazionale. Oggi, lì davanti, si tiene la festa del Primo Maggio, con tante sigle e rappresentanti di tanti partiti, con un concerto tenuto dal gruppo Doppio inCanto. Tanta gente, tante storie. Tanta rabbia anche, dal momento che l’asticella di abbassamento di tutele e sicurezza col covid ha solo ricevuto un’accelerata, seppure vertiginosa. Sul tavolo degli accusati, un sistema intero, quello che tradisce la Costituzione, che ha posto il lavoro come fondamento della Repubblica, mettendo in primo piano il profitto, creando precarizzazione, insicurezza, svendita del lavoro stesso, annullato un documento fondamentale come lo Statuto dei Lavoratori, introdotto libertà di licenziamento riducendo la “giusta causa” a una questione di prezzo, barattando la dignità del lavoratore con un pugno di soldi. “Trenta denari”, dice qualcuno.

Tutti insieme, associazioni, movimenti, cittadini e partiti in piazza SS. Annunziata, nel pomeriggio, chiamati dal gruppo Ogni giorno è il Primo Maggio. Sotto la pioggia, parlano i sindacati di base. “il Primo Maggio, come il 25 Aprile, non è una ricorrenza – dice Cecchi, Usb – è una ricorrenza importante perché il Primo Maggio è tutti i giorni. Non è una festa, è una lotta che ci deve vedere uniti. Oggi siamo qui come percorso Ogni Giorno è il Primo Maggio, per i diritti di tutti. E’ un percorso che è iniziato molto tempo fa e che vede insieme forze sindacali conflittuali alternative forze sociali, movimenti del territorio, organizzaizoni politiche. Un percorso unitario che pur nelle difficoltà mette insieme alcuni punti fondamentali che mette tutti insieme. Il diritto al reddito, il diritto alla dignità, la lotta alla discriminazione, al precariato, il diritto all’abitare”.

Non c’è proprio niente da festeggiare, continua Cecchi, “in un Paese dove i morti sul lavoro dall’inizio del covid sono aumentati dell’11, 5%”. Polemica contro le organizzazioni sindacali concertative “a Roma insieme al governo”. Parlando infine della Toscana, vengono messe in luce le grandi contraddizioni, dalla campagna vaccinale fino allo scoppio dello scandalo dei rifiuti delle concerie, con il loro addentellato nelle ‘ndrine calabresi. Così, non vengono dimenticati neppure i Maggi storici, da quello francese a quello dolorosissimo e indimenticabile per il nostro Paese, di Portella delle Ginestre, dove, il 1° maggio 1947, alle 10,30, la banda di Salvatore Giuliano, sollecitata da mandanti del mondo politico, sparò sulla folla venuta per partecipare alla “Festa del Lavoro”, una festività soppressa dal fascismo. Ci furono undici morti e 27 feriti.

Non c’è niente da festeggiare. E non c’è neppure per quanto riguarda la inscindibile coppia lavoro-casa. Senza lavoro, non si tiene la casa, ma senza la casa, non si tiene il lavoro. E su questo, anche, le cifre sono spaventose, anche in Toscana, anche a Firenze: come ricorda Marzia Mecocci, del Movimento di Lotta per la Casa, sono previsti, all’inizio di luglio, oltre duemila sfratti. Un grandissima percentuale dei nuovi sfratti è, ovviamente, legata alle nuove povertà. E sul punto dell’emergenza casa, le idee sono chiare: al primo posto, recupero delle abitazioni vuote. Che, nel solo patrimonio Erp fiorentino, ammontano a circa 800. Un consapevolezza è diffusa: non andrà tutto bene, niente tornerà come prima “e anche se tornasse come prima- conclude Mecocci – non funzionava neanche allora”. Dunque, una parola è la sintesi della piazza odierna: unità.

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