Prime mosse della lunga partita negoziale in attesa di Renzi

Firenze – L’onda lunga dei risultati elettorali apre una fase di grande incertezza. Nell’attesa che il segretario del Pd Matteo Renzi chiarisca le sue intenzioni, se dimettersi o se restare a capo di una forza all’opposizione, esperti e analisti politici si chiedono quale sarà lo scenario della politica per le prossime settimane.

I dati finora in possesso sono la conferma che il segretario della Lega Matteo Salvini resterà legato al patto del centrodestra del quale sarà il premier designato grazie al suo risultato (17,5 % alla Camera, 17,7% al Senato) : “Nessuna coalizione strana, ho il diritto dovere di governare con il Centrodestra”. Silvio Berlusconi, uscito sconfitto dalle urne, (14% alla Camera, 14,5% al Senato) non ha finora rilasciato dichiarazioni e attende sicuramente di vedere il conteggio definitivo dei seggi, ma il suo capogruppo Renato Brunetta ha già fatto sapere che rispetteranno gli accordi: sarà premier chi avrà il miglior risultato, dunque Salvini.

Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle, trionfatore delle elezioni politiche 2018 (32,5% alla Camera, 32,1% al Senato) è entrato invece nella sua veste di vincitore: “E’ nata la terza repubblica, la repubblica dei cittadini”, ha detto. Poi ha fatto le sue prime aperture: “Siamo una forza politica che rappresenta l’intera nazione, questo ci proietta automaticamente verso il governo dell’Italia”.

Per formarlo, Di Maio si è detto aperto  al confronto con tutte le forze politiche “a partire dalle figure di garanzia a capo delle Camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori”. Il messaggio a Mattarella è preciso: “Siamo fiduciosi che il presidente della Repubblica saprà guidare questa fase con autorevolezza e sensibilità come ha sempre fatto”.

La questione sul tavolo di tutti i dibattiti televisivi è con chi potrebbe allearsi per formare una maggioranza che allo stato non ha nessuno, nemmeno il centrodestra che ha totalizzato il 37%. Salvini per il momento non è disponibile e neppure Giorgia Meloni dei Fratelli d’Italia (4,3% alla Camera, 4,2% al Senato) . In mancanza di un interlocutore nel campo che si considera il vero vincitore delle elezioni, Di Maio potrebbe guardare a sinistra, dato che con il Pd e i suoi alleati e Leu, i numeri ci sarebbero.

La domanda è: può il Partito democratico (18,7% alla Camera e 19,1% al Senato; coalizione Camera 22,8%) pensare a una alleanza con un partito-movimento che ha sempre detto non rientrare nel suo orizzonte politico e che per di più detiene, grazie agli elettori, l’intera iniziativa? Junior partner del M5S? Non è pensabile in questa situazione, ma se l’ingovernabilità diventasse pericolosa, potrebbe anche essere nella ragionevolezza delle cose che il Pd, pressato dal presidente Sergio Mattarella e di fronte a un premier indipendente seppure indicato dai pentastellati, facesse la stessa parte che la Spd tedesca sta facendo entrando nella nuova Grosse Koalition guidata da Angela Merkel.

La gran parte di questi ragionamenti, tuttavia, dipende da quello che farà Renzi. Se si dimetterà, come a un certo punto ha detto l’Agenzia Ansa, smentita dal suo portavoce, oppure se resterà alla guida del Pd di cui ha il pieno controllo per portare avanti una ricostruzione della sinistra.

Per quanto riguarda i delusi di Liberi e Uguali (Camera 3,4%, Senato 3,3%) , anche loro abbastanza silenziosi nel dopo voto, non hanno mai fatto mistero che non avrebbero problemi ad allearsi con gli ex Grillini e la loro posizione dipenderà certamente da quello che accadrà nel Pd e non hanno mai fatto mistero che non avrebbero problemi ad allearsi con gli ex Grillini. Il loro leader Piero Grasso per ora si limita a dire che il progetto di una nuova forza a sinistra prosegue.

Come era scontato, la legge elettorale non ha creato una maggioranza, ma le premesse di una lunga partita negoziale il cui risultato finale nessuno oggi può ancora prevedere.

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