Primarie PD: Renzi merita una seconda chance

Firenze – Matteo Renzi sarà il nuovo segretario del Pd e il candidato premier alle prossime elezioni politiche. Senza aspettare il risultato delle primarie del 30 aprile e neppure la scontata conferma dell’Assemblea nazionale, questa più che una previsione è una certezza, come si è visto anche durante il confronto fra i tre candidati dem su Sky, di interesse pari a zero considerata l’esperienza e la capacità di leadership dei suoi antagonisti.  A meno che, ovviamente, non si verifichi un ribaltone così clamoroso da rimanere negli annali della storia politica del Paese.

Così Renzi correrà per la poltrona di Palazzo Chigi ed è sacrosanto che gli sia consentita una seconda chance, visti quanti politici in  passato hanno potuto beneficiare di continui “rieccolo” dopo sconfitte in battaglie spesso meno nobili di quella che voleva realizzare importanti riforme per modernizzare il Paese.

Quella caduta, tuttavia, e la grandinata di critiche e attacchi più o meno sleali che l’ha seguita, dovrebbe comunque far riflettere Renzi su come correggere  nella forma e nei contenuti la sua leadership, per la quale il suo indiscusso talento politico è stato mal orientato da “un’ambizione impaziente” (espressione usata negli ultimi giorni per Emmanuel Macron) e dalla presunzione di essere il più bravo che ne ha condizionato i toni e quindi anche la ricezione dei  messaggi presso molti cittadini.

Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che pur essendo un “dottor sottile” nell’uso dei media, in  circostanze cruciali è passato più facilmente il messaggio dell’opposizione che pure è stato sempre caratterizzato da un sostanziale deficit di argomenti.

E’ stata l’ambizione impaziente a spingerlo a scegliere collaboratori e comprimari il più possibile ridotti a esecutori acritici, nel migliore dei casi a presìdi di aree sociali, economiche o istituzionali forti da tenere sotto controllo. Si è dato così il caso che anche sotto la sua guida ci sono stati casi di conflitto di interessi mentre lui istituiva l’agenzia anticorruzione.

La prima lezione di cui dovrebbe  far tesoro è  la vecchia regola degli autentici uomini di Stato: la scelta della squadra non dovrebbe avere come criterio che fa premio su tutto la fedeltà al capo, ma quello della competenza, dell’autorevolezza e della reputazione, nonché della capacità argomentativa nel rapporto con i cittadini. C’è tanta gente in gamba in giro per l’Italia disposta a condividere (lealmente) un progetto di progresso come quello di Renzi.

In secondo luogo l’esperienza dovrebbe spingerlo a mettere a punto un processo decisionale più democratico e partecipato, anche se condizionato da scadenze precise per la definitiva decisione. Se la concertazione si è dimostrata strumento più di conservazione che di progresso, resta tuttavia necessaria un’azione di convinzione aperta al confronto: stravincere e non fare prigionieri è il modo migliore per stimolare l’insorgenza di un fronte antagonista irriducibile.

Tuttavia, prima di tutto quanto si riferisce al metodo e alle persone, c’è l’urgenza di rilanciare la qualità della discussione politica.  I mesi che sono seguiti dopo il  referendum del 4 dicembre hanno segnato il punto più basso di una delle peggiori legislature della storia d’Italia. Quando Renzi cercava di alzare il livello della discussione al di sopra delle inchieste della magistratura o delle provocazioni più o meno fondate del Movimento 5 Stelle, sembrava che le sue parole cadessero in un’audience da basso impero, scettica fino al cinismo, anche all’interno delle aule parlamentari.

E’ venuto il momento di chiudere questa stagione e di rilanciare parole d’ordine e idee che possano davvero aggregare tutti coloro, e sono ancora moltissimi, che vorrebbero davvero dare una svolta a questo Paese che manda all’estero i suoi giovani migliori.

Ne riparleremo quando potremo leggere il programma per la prossima legislatura.

 

Foto: TG24.info

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