“Padre di tutti gli uomini, che riconosci in ogni uomo l’immagine del tuo Figlio Gesù, ti affidiamo questi nostri fratelli: anch’essi furono inchiodati, alla pesante croce della guerra. Furono le mani di altri fratelli che gliela imposero. Per questa strage fraterna, ancora una volta chiediamo il tuo perdono”. E’ l’incipit della preghiera pronunciata oggi dal vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca durante la commemorazione nella cripta della cattedrale di Reggio,in occasione dei cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915. Il vescovo ha interamente dedicato l’omelia ai caduti e alle vittime della Grande Guerra “che non furono ascoltati”.
Il testo dell’omelia:
“In tutte le cittadine e nei paesi della nostra provincia sorge un monumento, che ricorda i morti della Grande Guerra. Nella cripta della Cattedrale, una cappella è dedicata alla loro memoria.
Furono oltre seimila (700 in città) coloro che vennero uccisi, senza contare i mutilati, le vittime della fame e delle malattie, senza contare i feriti nell’anima, feriti dal risentimento per essere stati gettati nella fornace di una guerra, feriti perché incapaci di trovare ragioni adeguate per un tale dramma; ma feriti anche dall’orgoglio nazionalistico e della volontà di potenza.
Cento anni sono passati. I volti dei morti, giovani in ingenue pose marziali, nelle fotografie mandate a casa, o con occhi ormai abituati agli orrori della trincea, sbiadiscono in un ricordo che si fa ormai lontano.
Noi, oggi, vogliamo restituire alla loro sofferenza la dignità dell’ascolto.
Non furono ascoltati, infatti. Ci volle un secondo, ancor più terribile conflitto, perché venisse incisa sulla pietra (ricordiamo la lapide di Botteghe di Albinea) la frase “Mai più!”.
Ma questa parola è stata incisa anche nel cuore degli uomini, nei nostri cuori?
Cento anni fa, solo pochi si resero conto dei fondamenti idolatrici di quella guerra. Il Papa Benedetto XV fu uno di quegli uomini, ma i suoi appelli non furono ascoltati anche da molti di coloro che avrebbero dovuto orientare le coscienze. Si giunse così alla tragedia di credenti, che invocavano lo stesso Dio, ma consideravano come nemico colui che per la fede avrebbe dovuto essere un fratello.
Ora, dopo cento anni, tutti gli uomini di quella generazione sono uguali, di fronte al giudizio di Dio. Noi preghiamo per loro, perché siano tutti ugualmente accolti dalle braccia di quel Cristo, che tanti di essi invocarono nel momento in cui la vita fuggiva.
Preghiamo anche per noi, perché il nostro cuore non sia sedotto dai multiformi volti della guerra, che ancora arde, come fiamma maligna, nella storia contemporanea. Scenda ancora una volta lo Spirito Santo, come in una rinnovata Pentecoste: la diversità delle lingue non sia di ostacolo all’unità del genere umano, ma la arricchisca, poiché in ogni uomo si riflette l’immagine di Dio.
Affidiamo i nostri morti e le nostre persone a Colei che è stata accanto alla croce di tanti uomini che la invocavano. In un altare della nostra città è scritto: Bella dum late furerent caede fraterna, adfuit Virgo nobis: mentre la guerra infuriava in così vasta regione, con strage di fratelli, la Vergine ci rimase accanto. Così sia”.