Parma è la città italiana che a gennaio ha visto l’incremento più elevato dei prezzi: +0,9%. Lo rileva l’Istat che ha diffuso i dati sull’inflazione: a livello nazionale l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, è diminuito dello 0,2% rispetto a dicembre e aumentato dello 0,3% nei confronti di gennaio 2015.
In questo contesto tuttavia la Coldiretti lancia l’allarme: crollano i prezzi nelle campagne, dal -60% per cento dei pomodori al -30% per il grano duro fino al -21% per le arance rispetto al 2015.
Nei comuni con più di 150mila abitanti che non sono capoluoghi di regione, rispetto a gennaio 2015 si riscontrano aumenti dei prezzi per quasi tutte le città. A parte il dato relativo a Parma, gli aumenti più contenuti sono quelli di Padova, Catania e Modena (+0,2% per tutti e tre). A Verona si registra invece una flessione dei prezzi (-0,1%).
Per quanto riguarda i capoluoghi delle regioni e delle province autonome, Venezia, Aosta, L’Aquila e Bolzano (+0,6% per tutti e quattro) sono le città in cui i prezzi registrano gli incrementi più elevati rispetto a gennaio 2015. Seguono Bologna (+0,5%), Napoli, Genova e Trento (+0,4% per tutti e tre), Ancona (+0,3%), Torino, Cagliari, e Catanzaro (+0,2%) e Roma (+0,1%). A Milano, Firenze, Perugia e Palermo i prezzi sono fermi su base annua. Nelle rimanenti città, si registrano flessioni tendenziali dei prezzi che risultano comprese tra -0,3% di Bari e -0,2% di Potenza e Trieste.
I prezzi crollano invece nelle campagne italiane, come rileva anche un’analisi della Coldiretti in occasione della divulgazione dei dati Istat sull’inflazione, sulla base dei dati Ismea a febbraio 2016.
In controtendenza all’andamento dei prezzi alimentari che fanno registrare una crescita dello 0,6% nei freschi e dello 0,3% nei trasformati, nelle campagne la discesa delle quotazioni al di sotto dei costi di produzione sta mettendo a rischio il futuro della fattoria Italia. L’effetto congiunto dell’andamento climatico anomalo e le speculazioni e distorsioni lungo la filiera hanno allargato la forbice dei prezzi dal campo alla tavola.
Un commento critico ai dati dell’Istat arriva da Adusbef e Federconsumatori, che vedono confermate “le discrepanze che abbiamo più volte denunciato relativamente alla crescita spropositata di alcune tariffe. Come è possibile che, a fronte di un incremento del tasso di inflazione negli ultimi 4 anni del +4,7%, nello stesso arco di tempo, si verifichino aumenti del servizio idrico del +22%?”
Un altro interessante mistero italiano.