Roma – Volano i prezzi dei preziosi funghi ipogei, figli della simbiosi con l’apparato radicale di alcune specie di alberi. A registrarlo è Coldiretti, in base ad un’indagine che ha condotto in occasione dell’apertura della mostra del tartufo di Acqualagna, nelle Marche, mentre è in pieno svolgimento la Fiera Internazionale del Tartufo di Alba in Piemonte e molti altri appuntamenti sono in corso o stanno per iniziare.
Volano i prezzi del tartufo, con le quotazioni che nello spazio di un mese sono aumentate in media del 50 per cento per effetto dell’ottima qualità del prodotto raccolto che ha fatto impennare le richieste in un anno condizionato dall’anamento climatico. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione dell’apertura della mostra del tartufo di Acqualagna, nelle Marche, mentre è in pieno svolgimento la Fiera Internazionale del Tartufo di Alba in Piemonte e molti altri appuntamenti sono in corso o stanno per iniziare. Rispetto alle quotazioni di inizio raccolta, il pregiato “bianco” è proiettato su valori prossimi ai 300 euro all’etto in Piemonte per le pezzature di circa 20 grammi mentre è salito alla borsa di Acqualagna su prezzi variabili da 80 a 170 euro all’etto a seconda del peso, ma è possibile anche acquistare tartufo nero nel centro Italia su valori vicini a 10 euro all’etto.
Le condizioni climatiche hanno assicurato una produzione da ricordare che ha spinto la domanda da parte di buongustai ed appassionati e fatto aumentare il valore. Il frutto piu’ prezioso dell’autunno – sottolinea la Coldiretti – è comunque presente in abbondanza nelle mostre, nelle sagre e nelle manifestazioni dedicate al tartufo che sono entrate nel vivo in tutta Italia dove si stima siano coinvolti complessivamente circa duecentomila raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti. Una ottima occasione per acquistare o assaggiarlo nelle migliori condizioni e ai prezzi piu’ convenienti ma anche per difendersi dal rischio dell’inganno con la vendita di importazioni low cost spacciate per italiane, contro le quali la Coldiretti è impegnata a chiedere la tracciabilità delle transazioni e l’indicazione obbligatoria dell’origine per un business che comprensivo di indotto sviluppa un valore stimato in circa mezzo miliardo di euro tra fresco, conservato o trasformato.
Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi i territori battuti dai ricercatori. La ricerca dei tartufi praticata già dai Sumeri – precisa la Coldiretti – svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in suo onore.
Il tartufo – riferisce la Coldiretti – è un fungo ipogeo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia – spiega la Coldiretti – il tartufo, deve le sue caratteristiche (colorazione, sapore e profumo) proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece dipende dal tipo di terreno: se soffice il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio.
I tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco e in cucina – conclude la Coldiretti – il tartufo nero viene per lo più utilizzato in cottura o per farcire ma anche a crudo, tagliato a fettine e messo su piatti di pasta fresca. Il bianco, invece va rigorosamente gustato a crudo su noti cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti. Per quanto riguarda i vini il tartufo bianco esige grandi vini rossi, il nero, invece ammette anche i bianchi.