Firenze – Un presidio partecipato, tante bandiere, tante associazioni e movimenti, gruppi politici e sindacati di base: la Sinistra scende in piazza, di fronte all’entrata di Careggi, per mettere nero su bianco criticità, analisi, protesta e possibili sviluppi futuri. Titolo: Fuori i soldi per la sanità pubblica. Oggetto: la sanità toscana e la grande crisi del covid. La protesta parte dagli operatori sanitari, mai come ora in prima fila con le scarpe di cartone in una guerra pandemica infinita e virulenta, ma si diffonde a tutto il sistema, coinvolge istituzioni, scelte politiche, dilaga nella mancanza di programmazione, nell’incapacità di prevedere quanto la seconda ondata avrebbe spazzato via certezze fasulle (nonostante non fossero mancati segnali e previsioni), nei numeri degli infetti fra infermieri, medici, sanitari, oss.
Insieme ai militanti delle varie bandiere sventolate stamattina, dietro gli striscioni ci sono operatori sanitari insieme ai famigliari di chi c’è dentro, di chi l’ha scampata, spalla a spalla di chi teme di essere il prossimo. Perché il grande clima di incertezza che avvolge la pandemia rende ancora più rabbiose le voci che parlano di turni massacranti, di impreparazione, di misure messe in campo quando ormai è troppo tardi.
“La struttura ha appaltato il personale a una cooperativa – dice Ida, infermiera in una Rsa – i primi tamponi sono stati fatti a fine ottobre. Dal 2 novembre è cominciata la crescita dei positivi. Ad ora, i pazienti sono tutti positivi, gli ultimi 3 risultati negativi, stanno per essere spostati un ‘altra struttura. Siamo diventati una bolla covid. Il problema è che questo era prevedibile, come era prevedibile che, essendo stati fatti i tamponi al personale, metà degli operatori sanitari sono risultati positivi e, fra gli infermieri, da 4 che eravamo, siamo rimasti in due”. Il risultato a livello di turni e di lavoro continuato è ovviamente massacrante. Saltati i turni, si va avanti a esaurimento. Impossibili i giorni di riposo, o, in ogni caso, sempre meno. Il risultato è quello immaginabile. Fra le altre conseguenze, c’è anche l’impossibilità di garantire l’assistenza infemrieristica nel turno, dal momento che, da appalto, non era prevista l’infermiera notturna, che non è stata integrata (e come?) in questa situazione.
“Io e la mia collega – spiega Marta, infermiera in un’altra struttura – non abbiamo libero da due settimane e, in previsione, non saremo libre neppure nelle prossime due settimane. Forse arrivarà un infermiere a breve, la settimana prossima, come è stato ipotizzato”. Intanto, Usca e Girot, le unità speciali mobili dell’assistenza medica e infermieristica, hanno visitato buona parte se non tutti i pazienti delle Rsa impostando cure e terapie. “L’indicazione è di non ospedalizzare, di non elevare il livello di cura- dice un altro infermiere – per non gravare sugli ospedali”. Del resto, la terapia che stanno seguendo i pazienti nelle strutture è la stessa che seguirebbero in ospedale. Ovviamente, con un problema: che succede, se dovesse intervenire necessità di assistenza ventilatoria? “Inoltre, nonostante le necessità, gli infermieri dall’Asl non vengono forniti. In un’altra Rsa – continua l’infermiere – alla richiesta di assistenza infermieristica notturna è stato risposto positivamente, da parte dell’Asl, ma il personale non è mai arrivato”.
“Non sappiamo neanche se avremo diritto agli straordinari – dicono due infermieri “appaltati” – di solito, si lavora con contratti part-time con straordinari che vengono fissati entro un tetto massimo”. La retribuzione, in questi particolari casi di esternalizzazione, non arriva ai 10 euro tondi l’ora.
Se questa è la situazione del personale sanitario nelle Rsa, non molto diversa, per quanto riguarda carichi di lavoro, stanchezza, mancanza di colleghi, è quello degli infermieri ospedalieri. Con una certezza in più, anzi due: da un lato, il contratto (ma non per tutti), dall’altro, il fatto che si sa in quanti sono stati contagiati. A dare i numeri, che ricorrono anche stamattina fra i vari gruppi del presidio, è stato qualche giorno fa Giampaolo Giannoni, il segretario del sindacato autonomo Nursind. Sue testuali parole: “In una sola settimana i contagi tra gli operatori sanitari della Toscana sono più che raddoppiati: erano 500 nel mese di ottobre, oggi sono oltre 1200. Senza contare i casi delle Rsa, di cui non abbiamo dati certi”. numeri che possono mettere in ginocchio il già fragile sistema toscano, pur in presenza della disperata corsa contro il tempo cui stiamo assistendo, da parte delle istituzioni. Il presidente eugenio Giani ha dato il via proprio ieri a una nuova ordinanza, la 108, in conseguenza della quale oggi è online, sul sito Estar, il primo bando a procedura semplificata per il reclutamento di nuovi infermieri.
“Perfetto – dice Anna, infermiera ormai in pensione, che è accanto ai colleghi in lotta – ma mi chiedo: ora? Perché ora e non a giugno? O forse si sperava, contro ogni evidenza, che il covid non avrebbe rialzato la testa, come ampiamente previsto e predetto?”.
Il preisdio di questa mattina era stato organizzato da CPA Firenze-Sud, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos, Krisis – Collettivo di Studi Umanistici e della Formazione, Rete dei Collettivi Fiorentini, Rete Antirazzista, Firenze Città Aperta, Rifondazione Comunista Firenze, Sinistra Progetto Comune, perUnaltracittà, Laboratorio Politico, Rete dei Comunisti della Toscana, P. CARC – Sezione Rifredi, Partito Comunista Firenze, Fronte della Gioventù Comunista In piazza, ma non fra gli organizzatori, anche Potere al Popolo. Presenti anche i Cobas della sanità e il Movimento di lotta per la Casa.
“In queste situazioni non si può tacere – dice Anna Nocentini, Rifondazione Comunista – con la zona rossa, pensano di risolvere in 15 giorni i disastri che hanno fatto per anni. Il virus c’è, è arrivato un anno fa, ma se noi avessimo avuto le strutture, il personale, le risorse che avevamo fino a vent’anni fa, quando la sanità era davvero pubblica, la possibilità di far vivere questo momento drammatico ai cittadini con delle sicurezze, sarebbe stata possibile. Ora si prova a correre ai ripari con grandi difficoltà per ogni persona. Il problema della sanità dunque era precedente, e il covid è stato una botta di maglio su una struttura già in crisi”.
“in questo periodo saremo in piazza in ogni occasione – dice Massimo Torelli, Firenze Città Aperta – ci troviamo in una crisi pandemica in cui i servizi sia sociali che sanitari, in questi sei mesi, non sono stati riorganizzati nè è stato previsto niente. E’ una questione veramente inaccettabile. Siamo qui insieme a tante realtà per dare solidarietà ai lavoratori, di cui tanti contagiati. Mancano migliaia di assunzioni, perché da marzo in poi sono stati dichiarate a parole, ma non sono state fatte. Si poteva e si doveva pensare agli ospedali, al personale, ai tracciamenti. Qualcosa poteva essere fatto”.
Chi ci rimette? Tutti. Dai trasporti, alla cultura, alle attività sportive, alla scuola, alla socialità, come ricordano dal Cpa: ma il problema sostanziale rimane l’incrinarsi del diritto alla salute, non solo dei lavoratori, ma anche di tutti i malati, anche quelli non covid, che, di fronte al fatto degli ospedali intasati e senza personale, rischiano di morire di altro. Il nocciolo della questione, secondo quanto si legge in una nota unitaria, “Tutto il personale ospedaliero deve esser messo nelle condizioni di tutelare sia la propria salute che quella degli altri e ciò vuol dire solo una cosa: assunzioni e finanziamenti per la sanità pubblica, negli ospedali e sul territorio”.
“Salta il concetto stesso di sanità pubblica – conclude Marzia Mecocci, del Movimento di lotta per la Casa – si svuota uno dei concetti fondamentali dello stato democratico. E’ mancata l’attenzione alle fasce più fragili e ora, sull’onda della pandemia, la fragilità dilaga e diventa quella di gran parte della popolazione, con le difficoltà economiche che toccano famiglie che finora si ritenevano al sicuro. Ciò che manca, ancora una volta, sono le risposte”.
“Quello che sta succedendo ora negli ospedali è clamoroso – dice Lorenzo Alba, Potere al Popolo – ci sono lavoratori costretti a turni di dieci, dodici ore, dal momento che non sono state fatte assunzioni: le 5mila di cui Giani ha parlato sono in buona parte stabilizzazioni. Le graduatorie scorrono lentamente. Inoltre, vogliamo dirlo chiaro: la crisi sociale che è esplosa in questi 7-8 mesi di pandemia non è stata minimamente affrontata. Oltre ai 5milioni di poveri che c’erano prima, si stanno aggiungendo altri milioni di nuovi poveri. Il reddito d’emergenza stanziato a primavera è un’elemosina. I soldi ci sono in questo Paese, serve una patrimoniale sulla ricchezza, per potere intervenire su sanità, trasporti, scuola, per ripartire. Tutte le classi sociali di questo Paese devono partecipare allo sforzo per affrontare ciò che abbiamo davanti”.