Presidio contro “Smonta Marson”, Ferruzza (Legambiente): “Fermatevi finché siamo in tempo”

Firenze – Protesta contro la proposta di legge del Pd che avanza due modifiche legislative, rispettivamente all’art.1 della lr 65/2014, meglio conosciuta come Legge Marson dall’assessore che la presentò e che riguarda il governo del territorio, e alla l.r. 10/2010, in materi ambientale, all’art. 2. Obiettivo della proposta di legge di iniziativa consiliare, quello di sottrarre dalla VAS (valutazione ambientale strategica) e dalla VIA (valutazione d’impatto ambientale) le opere che sarebbero realizzate attraverso le risorse previste dal PNRR, ovvero il Piano di Ripresa e Resilienza. Finalità d’altra parte apertamente dichiarata nella stessa proposta di legge.

La protesta, in corso in questo  momento sotto forma di presidio  sotto le finestre della Regione Toscana in via Cavour, vede la partecipazione di un ampio e folto numero di associazioni, sindacati e partiti politici, ma anche semplici cittadini. Particolarmente importante la partecipazione di Legambiente e Italia Nostra, le maggiori associazioni ambientaliste del territorio.

Un appassionato invito alla politica proviene dal presidente di Legambiente, Fausto Ferruzza: “Alla politica diciamo: fermatevi. Finchè siamo a tempo, fermiamoci, un attimo, ragioniamone, perché l’occasione del PNRR sia sì un’occasione da non sprecare, ma con la partecipazione dei cittadini toscani, delle comunità toscane, della nostra capacità di esprimere diritti e precisione nei progetti. I progetti devono servire alle comunità, alle popolazioni locali e non per andare a pescare soldi fine a se stessi. Il ragionamento della legge regionale 65/2014, che è stata il fiore all’occhiello della prima giunta Rossi e che è stata pezzo dopo pezzo smontata, sbrecciata, sfregiata, non può sopportare che vengano smontati, in ultima ratio, anche gli istituti della valutazione e della partecipazione.  Credo che non sia da Regione Toscana e lo dico con tristezza ed amarezza: siamo stati a lungo citati,anche fuori dalla  nostra Regione e dal nostro Paese, come la Regione  modello per la pianificazione, per il governo del territorio, per la tutela del paesaggio. Ebbene, non vogliamo e non possiamo arretrare di un millimetro, rispetto a questo. Neanche di un millimetro. Fermatevi, finché siamo a tempo. Fermiamoci”.

“A parte l’attacco alla legge Marson – dice Mario Bencivenni di Italia Nostra – tutti gli elementi oggetto del presidio, ovvero una proposta di legge che libera qualsiasi intervento dai controlli della 65/2014, è grave perché rientra in una linea che sta emergendo con forza, ovvero l’idea di amministratori locali che, dal momento che sono stati votati, sono slegati dall’osservanza delle le leggi. Sindrome podestarile? Si assiste a una pratica ormai eversiva ed è grave che la metta in atto un’amministrazione pubblica che non può, per definizione, sottrarsi alle leggi. Le leggi, se non vengono ritenute aderenti alla dato reale, si modificano. Inoltre, è un falso che i progetti non vengano realizzati per troppi vincoli, mentre è quasi sempre per la cattiva qualità dei progetti stessi. E’ necessario avere dei contrappesi, fra cui un ruolo fondamentale lo riveste la patecipazione. Inoltre, se si condividono le finalità, i progetti avanzano più velocemente. Progetti che vengono iniziati senza le autorizzazioni necessarie, è chiaro che accumulano ritardi, addirittura si parte anche senza aver finito le conferenze dei servizi …. si tratta d attidovuti e necessari.  Se vengono sottratti alle regole, a chi rispondono gli amministratori?”.

Un presidio nutrito, che ha visto fra gli altri gli interventi di Sandro Targetti, Prc, di Grazia Galli, Progetto Firenze, di Antonella Bundu di Spc, e di moltissimi altri esponenti ed attivisti del nutrito gruppo di firmatari. Fra gli altri, si registra anche la presenza di Irene Galletti, consigliera regionale del M5S, che ha ssicurato la sua condivisione con le ragioni del presidio.

“Noi abbiamo le leggi più avanzate i materia ambientale e di gioverno del territorio – è il commento di Maurizio Brotini, della segreteria regionale della Cgil, presente al presidio –  il problema non è disapplicarle, ma farle funzionare, il che significa, fa le altre cose,  dotare il sistema di personale con competenze adeguate in tema di programmmazione ambientale ed urbanistica, da un lato;  dall’altro, occorre ricordare che tutte le risorse provenienti dal Piano di Ripresa e Resilienza sono vincolate dall’Europa al miglioramento dell’ambiente, oltre a essere esplicitamente tenute a evitare il rischio all’ambiente stesso. Singolare dunque che si vada a disapplicare norme che da un lato sono in capo allo stato e, come dicono gli uffici regionali, si vada a disapllicare la legge Marson. A fronte dell’importanza ambientale, serve più partecipazione, non meno. Altrimenti cresce la distanza fra fiducia della popolazione e credibilità delle classi dirigenti”.

Ma quali sono nello specifico, le obiezioni che vengono fatte dagli uffici nel merito della proposta di legge del gruppo regionale del Pd?

Intanto, il primo dato di fatto, secondo i pareri giuridici, è che l’art. 1 della proposta di legge introdurrebbe elementi di forte innovazione rispetto a quanto stabilito dalla legge 65/2014 (legge Marson), per ottemperare, secondo gli autori della proposta, alla necessità  di realizzare, con efficacia e
tempestività, gli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Efficacia e tempestività che significherebbero lo snellimento delle tempistiche cui soggiaciono le ordinarie procedure amministrative legate al governo del territorio. In concreto, la proposta di legge darebbe facoltà ai Comuni, o meglio al consiglio comunale, di approvare il “progetto” o, in modo alternativo, “uno studio di fattibilità tecnica ed economica di un’opera pubblica o di pubblica utilità”. Un punto su cui gli uffici giuridici suggeriscono un’attenta valutazione e chiarificazione in quanto entrambe le ipotesi, seppure connesse col PNRR, produrrebbero una “variante automatica agli strumenti della pianificazione territoriale o urbanistica”. Ma, si chiede il giurista, può lo “studio di fattibilità tecnica ed economica” produrre tale risultato? Un dubbio di legittimità in punto di diritto che va a braccetto con il comma 3 dello stesso articolo 1 della proposta di legge, laddove si specifica che in un momento successivo all’approvazione da parte del consiglio comunale (comma 1) del progetto
venga “confermata dal comune” la variante automatica, e, nel comma seguente (4),  dispone che, qualora  il “progetto” non venga inserito tra i progetti approvati del PNRR,  debba seguire la procedura ordinaria. Così, ci troveremmo davanti ad alcuni punti critici: ad esempio perché il comune dovrebbe confermare una variante se è “automatica”, e quali procedure andrebbero utilizzate, una volta che la variante abbia prodotto modifiche agli strumenti della “pianificazione territoriale o urbanistica” per effettuare un nuovo procedimento secondo le procedure ordinarie? Inoltre, altre modifiche vengono segnalate per la loro contrarietà al principio della legge Marson di contenere il più possibile l’uso di nuovo suolo, o per l’introduzione di deroghe che escluderebbero, in caso di copianificazione per impegnodi suolo al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato (art.25 legge 65/2014), la partecipazione dei comuni.

Infine, per quanto riguarda l’articolo 2 della proposta di legge che riguarda i casi di esclusione (modifiche all’articolo 6 della I.r. 10/2010), ovvero la parte della proposta di legge di materia ambientale, si potrebbe incorrere nell’illegittimità costituzionale, dal momento che la materia ambientale, ai sensi dell’articolo 117, comma2, lettera s della Costituzione, è di esclusiva competenza statale. In questo caso il riferimento è al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) che è un vero e proprio “testo unico in materia ambientale”. In sintesi, le singole regioni, in tali materie, non possono esercitare deroghe al d.lgs. 152/2006 senza la probabilità di incorrere in impugnative governative e contenziosi costituzionali.

Il decreto legislativo richiamato stabilisce, fra le altre cose, quali sono i progetti da sottoporre a VIA di interesse regionale e non è possibile derogare da questi elenchi. Si segnala inoltre che nel corso degli anni e precisamente col decreto d.lgs. 104/2017, lo Stato ha attuato un principio di sostanziale erosione delle competenze delle Regioni in materia (tanto da provocare un ricorso alla Corte Costituzionale di ben 8 regioni) attraendo a livello statale le competenze delle proceduredi VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA per progetti relativi alle infrastrutture e agli impianti energetici sulla base di un criterio della dimensione “sovra-regionale”. Operazione che ha avuto conferma da parte della Corte Costituzionale con la sentenza 198/2018.

 

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