Parigi – Fino a pochi giorni ci si attendeva a una elezione presidenziale senza storia con un copione che sembrava già scritto da mesi e non prevedeva un cambiamento di inquilino all’Eliseo. Alla vigilia del primo turno della dodicesima elezione della Quinta Repubblica, l’ipotesi di una riconferma di Emmanuel Macron rimane saldamente in testa ma non appare più scontata al 100 % dopo che gli ultimi sondaggi danno una preoccupante rimonta della leader populista Marine Le Pen e, in misura minore, quella di Jean-Luc Mélanchon, il candidato della France Insoumise, unico partito della divisissima sinistra a raccogliere una più che onorevole dose di consensi.
Secondo le stime delle ultime ore, prima dello stop alla campagna elettorale, il primo turno potrebbe concludersi con quasi un testa a testa tra il presidente uscente che otterrebbe il 26% dei voti e la candidata di estrema destra il 25% per poi vincere con uno scarto che con il passare dei giorni si è andato riducendo di due punti al 51% . Uno scenario, questo, che sembrava impensabile anche perché nessuno prevedeva una simile rimonta di una Marina Le Pen indebolita non solo dai deludenti risultati delle ultime elezioni amministrative ma anche dalla mediatizzata concorrenza della scesa in campo nel suo elettorato di estrema destra del polemista e scrittore Eric Zemmour.
Secondo i pronostici ritenuti più probabili, il voto di domenica riproporrà dunque nuovamente il duello finale Macron /Le Pen come nel 2017 quando il giovane outsider, miracolato dall’abbandono della corsa del favorito di centro destra François Fillon travolto da uno scandalo, al secondo turno aveva conquistato la presidenza con un notevole margine sulla rivale penalizzata da una politica di estrema destra focalizzata su sicurezza, immigrazione e identità nazionale.
Ora però, stando ai sondaggi, la percezione della candidata Le Pen è molto cambiata grazie a un’abile campagna elettorale in cui ha smorzato i suoi toni battaglieri, che ha lasciato al suo rivale sul fronte dell’estrema destra Zemmour, sfoderando una rassicurante empatia verso la gente. E per prima ha fatto del potere d’acquisto, cioè il problema in cima alle preoccupazioni dei francesi il suo cavallo di battaglia mentre Macron puntava più su un suo presenzialismo a livello internazionale che a curare le aspettative del paese.
Forse anche nella convinzione che con la guerra in Ucraina e il suo corollario di tensioni e inquietudini si preferisce non cambiare cavallo in corsa e affidarsi a chi già ha una quinquennale esperienza al potere e familiarità con i leader mondiali. Insomma si poteva pensare che il conflitto russo ucraino e le sue frequenti telefonate con Putin per tentare di portare il leader russo a più miti consigli avrebbero rafforzato le sue chances elettorali, già dire il vero assai consistenti nonostante un deludente bilancio di una presidenza che non poteva vantare alcuna importante riforma e cui veniva rimproverato di aver favorito soprattutto le classi più abbienti, impoverito quelle più fragili e indebolito l’apparato industriale del paese . Invece, stando sempre ai sondaggi, negli ultimi giorni ha perso consensi anche perché ai francesi, pare, interessa più un capo dello stato che si occupa del paese che dell’Ucraina.
Nonostante sia stato sfiorato da una serie di scandali, come quello di aver sperperato danaro pubblico affidando consulenze d’oro a società esterne , e si sia dimostrato in più occasioni poco empatico per non dire arrogante, abbia gestito non al meglio la pandemia del Covid, abbia abbandonato la sua confusa riforma delle pensioni Macron rimane comunque il favorito tra i dodici candidati anche se questa volta il secondo turno rischia di essere assai più serrato di quello del 2017.
Alla luce delle ultime stime c’è chi ritiene che non si possa tassativamente escludere un ballottaggio diverso, con un Mélanchon presente al secondo turno al posto di uno dei due altri favoriti. Secondo i sondaggi Mélanchon è accreditato del 17,5% dei voti e ottiene assai più consensi tra i giovani che il verde Yannick Jadot il cui programma ecologista raccoglierebbe solo il 4% dei voti . Fuori corsa sono chiaramente anche tutti gli altri candidati a cominciare da Valerie Précresse, con 8%, Zemmour 8,5%, la socialista e sindaca di Parigi Anne Hidalgo 2%, il comunista Fabien Roussel 2,5% .
Sui risultati finali pesano poi grandi incognite. Prima di tutto il tasso di astensione che potrebbe superare il 27% . Nel «2017 era stato del 22,2% . A due giorni dallo scrutinio inoltre il 29% di chi è sicuro di andare a votare non sa ancora a chi dare la sua preferenza o non esclude di poter cambiare il suo candidato. Un’indecisione più forte del passato dovuta anche a una campagna elettorale così fiacca che secondo un sondaggio il 12% ignorerebbe che il primo turno si svolgerà domenica.
Un altro importante fattore che peserà sull’esito dello scrutinio sarà il riporto dei voti sui due candidati rimasti in ballottaggio e quali consegne di voto saranno date dai partiti rimasti esclusi dalla lizza. Nei due precedenti ballottaggi in cui erano rimasti in corsa la famiglia Le Pen (nel 2002 Jean Marie, padre di Marina, con Jacques Chirac e 2017 la figlia con Macron) le altre forze politiche avevano fatto sbarramento contro l’elezione a capo dello stato di un esponente di estrema destra. Sarà così anche questa volta? Sembrava uno scrutinio senza sorprese e ora nessuno lo è più sicuro al 100%.
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