Prato: presentato il Rapporto IRPET 2015

Prato – Quanto pesano le imprese cinesi nell’economia pratese? E qual è il sistema di relazioni esistente con la dimensione locale e con quella transnazionale del paese d’origine? Sono queste le domande a cui cerca di rispondere il Rapporto IRPET 2015 per l’Osservatorio economico della Provincia, che concentra l’attenzione sul sistema di produzione e sulle complesse relazioni economiche che legano le comunità. Nel 2014 lo stesso IRPET, analizzando quasi 5.000 aziende cinesi del distretto pratese, aveva elaborato dati sulla produzione e sul valore aggiunto che rappresenta. Oggi la nuova ricerca, dal titolo “Relazioni locali e transnazionali delle imprese cinesi di Prato e loro contributo all’economia della Provincia”, ci dice che il contributo al PIL provinciale dato dalla comunità cinese ammonta a 705 milioni di euro, cioè l’11% del totale, mentre gli investimenti valgono l’8%, le esportazioni incidono per il 33% e i consumi delle famiglie cinesi raggiungono i 172 milioni di euro, il 5% di quelli totali. Insomma, se non vi fosse la comunità cinese il PIL della provincia sarebbe più basso del 22%. Il rapporto si basa su stime elaborate dallo stesso Irpet sulla base di dati Istat, della Camera di Commecio di Prato, Regione Toscana, Comune di Prato ed altri contributi che si riferiscono prevalentemente agli anni fra 2010 e 2012. Da qui parte la ricerca, che è stata presentata questa mattina a palazzo Buonamici con la partecipazione dell’assessore regionale Gianfranco Simoncini e del presidente della Provincia Matteo Biffoni. “Il rapporto ci racconta un pezzo di storia e lancia la sfida su quale futuro vogliamo costruire per il distretto pratese. Il nostro compito sarà di essere duri con chi non rispetta le regole, perché la legalità è la priorità assoluta del percorso di integrazione, ma anche quello di essere al fianco di chi progetta, condivide, integra e si assume la responsabilità del percorso di emersione”, ha detto il presidente della Provincia Matteo Biffoni. “Prato è un motore dell’economia toscana, lo ha dimostrato con la capacità di reazione alla crisi che l’ha colpita – ha sottolienato Simoncini – In questo distretto le imprese cinesi sono una leva importante per lo sviluppo della penetrazione del made in Italy nell’economia globale e in quell’enorme mercato che è la Cina. L’integrazione è una scommessa da vincere per fare sistema e reggere la competizione internazionale”. “L’integrazione è un processo graduale che richiede tempo e pazienza, ma la strada della legalità è imprescindibile – ha aggiunto il Console generale della Repubblica Popolare Cinese in Firenze Wang Fuguo – In questi anni abbiamo fatto un buon lavoro con la Cna e sosteniamo senza riserve il Progetto Prato per la sua concezione innovativa che mette l’integrazione al centro di uno sviluppo positivo per tutti”.

Accendendo i riflettori sul sistema delle relazioni che caratterizza l’imprenditoria cinese, approfondisce la conoscenza dell’organizzazione interna ed esterna delle imprese cinesi di Prato anche attraverso alcune interviste ad un gruppo di imprenditori, prevalentemente ma non esclusivamente del pronto-moda. L’analisi comprende anche la dinamica di sviluppo sperimentata dal cluster dell’abbigliamento a Wenzhou e i riflessi che questo ha avuto sullo sviluppo del pronto moda cinese a Prato. Con lo strumento delle matrici di contabilità si approfondisce anche la ripartizione per etnia del contributo economico al distretto pratese. Vediamo meglio i contenuti della ricerca illustrati questa mattina da Gabi Dei Ottati dell’Università degli Studi di Firenze, Yili Zhang della Business School of Wenzhou University e Stefano Rosignoli dell’IRPET.

IMPRESE CINESI, IL CONTRIBUTO AL PIL – Il contributo al PIL provinciale dato dalla comunità cinese abbiamo detto si aggira sui 705 milioni di euro, pari all’11% del totale e i consumi delle famiglie cinesi ammontano a 172 milioni di euro, pari al 5% del totale dei consumi interni. Gli investimenti fissi lordi attribuibili a imprese e famiglie cinesi, inoltre, rappresentano l’8% del totale (125 milioni di euro). Le esportazioni estere delle imprese cinesi, infine, con un valore pari a 767 milioni di euro, costituiscono il 33% delle esportazioni complessive dalla provincia di Prato. Tale risultato è frutto anche della maggiore propensione all’export delle imprese cinesi, motivata vuoi dalla composizione settoriale (sono concentrate in settori manifatturieri ad alto coefficiente di export), vuoi dalla loro maggiore apertura internazionale. Com’è noto i settori produttivi in cui maggiore è il contributo della comunità cinese sono il tessile-confezioni (81%), il commercio (10%) e i servizi personali (5%). I settori economici autoctoni che maggiormente si avvantaggiano della presenza di imprese e famiglie cinesi sono invece la distribuzione di energia elettrica (23%), le attività professionali (17%), amministrative (16%), finanziare e assicurative (13%) e del commercio (10%). I dati evidenziano che il contributo economico cinese è ben superiore a quello in termini demografici (9% dei residenti locali). Tenendo conto di effetti diretti, indiretti e indotti, se non vi fosse la comunità cinese il Pil della provincia sarebbe più basso del 22%.

L’ORGANIZZAZIONE, LE INTERVISTE AGLI IMPRENDITORILa ricerca ha realizzato delle interviste a un gruppo di imprenditori, operanti prevalentemente, ma non esclusivamente, nel pronto-moda e le ha discusse in un focus group con giovani imprenditori cinesi di seconda generazione. Le informazioni evidenziano l’attuale tendenza alla diversificazione settoriale delle attività e al miglioramento qualitativo dei prodotti, da cui probabilmente potrebbe discendere un allentamento della concorrenza basata esclusivamente sulla compressione del costo del lavoro. Di pari passo sembrano intensificarsi i legami professionali e gli scambi di competenze con la comunità autoctona: le imprese cinesi cercano lavoratori italiani per le fasi più pregiate della produzione, che richiedono competenze tecniche specifiche o si rivolgono a fornitori italiani per alcune lavorazioni più specialistiche. Infine, e questo rappresenta un elemento del tutto nuovo per la storia del distretto pratese tradizionale, crescono i legami fra i cinesi di Prato e quelli di Wenzhou, che si sono evoluti dai legami familiari e di conoscenza a vere e proprie reti di affari internazionali attraverso cui passano importazioni e esportazioni di semilavorati e prodotti finiti, investimenti diretti all’estero, catene produttive multilocalizzate. La dimensione notevole raggiunta da tali legami fa sì che si parli sempre più spesso dell’esistenza di un sistema di subfornitura internazionale, in cui si importano semilavorati dalla Cina, si completano le lavorazioni a Prato e si esporta in tutta Europa, in altri paesi sviluppati e in misura crescente anche verso la Cina. Proprio questo gruppo di relazioni internazionali molto intense potrebbe aprire nuovi interessanti prospettive di sviluppo per il distretto pratese.

I LEGAMI CON LA CINA, I CLUSTER DELL’ABBIGLIAMENTO – L’evoluzione della presenza cinese a Prato viene poi analizzata focalizzando l’attenzione sulla dinamica di sviluppo sperimentata dal cluster dell’industria dell’abbigliamento a Wenzhou e sui riflessi che questo ha avuto sullo sviluppo del pronto moda cinese a Prato. I due distretti sono fortemente connessi da relazioni di varia natura, sociali, economiche e commerciali. Assumendo l’ottica della comunità cinese, gli immigrati che si sono localizzati a Prato hanno costruito una seconda Wenzhou nel centro d’Europa, trasformando l’industria tessile tradizionale nella nuova industria del pronto-moda. Per quanto riguarda i rapporti tra le due comunità, cinese e italiana, se nel periodo iniziale hanno prevalso legami di convenienza reciproca (i nuovi immigrati rispondevano al bisogno di manodopera dell’industria locale), successivamente le due comunità hanno teso a svilupparsi in maniera sempre più separata e conflittuale. Dal 2011, con l’arrivo della recessione anche nel settore del pronto-moda, la conflittualità è cresciuta anche all’interno della comunità cinese, con un intensificarsi della concorrenza. I suggerimenti per favorire l’integrazione delle due comunità vanno dalla rigenerazione delle aree industriali, alla rimodulazione della tassazione, al potenziamento degli scambi culturali e soprattutto a incanalare l’imprenditoria cinese verso un percorso in cui la compressione del costo del lavoro non sia l’unico fattore competitivo. QUALE DISTRETTO? – Il distretto pratese si trova in una fase molto delicata in cui coesistono sia elementi critici (condizioni di lavoro precarie e in taluni casi illegali, esasperate dal livello elevato della concorrenza di prezzo, conflittualità tra le due comunità locali), sia potenzialità da sfruttare (operosità della comunità cinese, motivazione e forte etica del lavoro, intense relazioni internazionali, non solo nella fase di vendita dei prodotti finali). E’ evidente, concludono i ricercatori, che l’integrazione di una porzione così consistente della popolazione stabilmente immigrata è necessaria, non solo per importanti motivi di coesione sociale, ma anche per altrettanto rilevanti ragioni di competitività economica del distretto e dunque di sviluppo futuro dell’area.

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