Firenze – La punta dell’iceberg della povertà in Italia sono i 2,7 milioni di individui che nel 2017 non avevano neppure il cibo da mangiare, oltre la metà dei 5 milioni che si trovano in povertà assoluta. Lo dice Coldiretti, commentando i dati diffusi dall’Istat che riguardano il 2017. E questi sono quelli che hanno beneficiato degli aiuti alimentari attraverso l’accesso alle mense dei poveri o molto più frequentemente con pacchi alimentari e che quindi sono stati “registrati”.
Del resto, i numeri dell’Istat sono impietosi. Nel 2017 si stimano in povertà assoluta 1 milione e 778mila famiglie residenti in cui vivono 5 milioni e 58mila individui; rispetto al 2016, si legge nella nota diffusa dall’Istat, “la povertà assoluta cresce in termini sia di famiglie sia di individui”. Andando con la statistica, si scopre così nel nostro Paese l’incidenza della sola povertà assoluta è pari al 6,9% per le
famiglie (da 6,3% nel 2016) e all’8,4% per gli individui (da 7,9%). Inoltre, come precisano dall’Istat, “due decimi di punto della crescita rispetto al 2016 sia per le famiglie sia per gli individui si devono all’inflazione registrata nel 2017”. Si tratta dei valori più alti registrati dall’inizio della serie storica, ovvero dal 2005.
Particolarmente raccapricciante è la situazione della povertà infantile. Nel 2017 ci sono ancora 1 milione e 208mila minori in povertà assoluta in Italia, con un’incidenza pari al 12,1%, rispetto al 12,5% del 2016. Da ciò si deduce che la povertà assoluta è la condizione che investe il 10,5% tra le famiglie dove è presente almeno un figlio minore. Senza parlare di quelle con tre o più figli minori, dove sono in condizione di povertà assoluta il 20,9% delle famiglie.
Si conferma ancora una volta la differenza fra le aree del Paese. Nel Mezzogiorno l’incidenza della povertà assoluta aumenta “sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%)”. Ma l’incremento non risparmia il Nord, che vede la crescita della povertà assoluta nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane.
Altra caratteristica su cui riflettere, l’incidenza della povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Di fatto dunque, essere giovani e capofamiglia è spesso penalizzante. “Il dell’incidenza della povertà assoluta – ricordano dall’Istat – pari a 4,6%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (9,6%)”.
Se poi si va a vedere le caratteristiche della famiglia in povertà assoluta a livello lavorativo, si scopre che non solo chi giace nelle tenaglie della disoccupazione rientra frequentemente nella morsa, ma anche nelle famiglie in cui la persona di riferimento è operaio. In questo caso si scopre che l’incidenza della povertà assoluta, pari a 11,8%, è più che doppia rispetto a quella delle famiglie
con persona di riferimento ritirata dal lavoro (4,2%). Dall’analisi emerge anche la differenza di incidenza di povertà assoluta legata al titolo di studio: cresce infatti rispetto al 2016 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento che ha conseguito al massimo la licenza elementare, che passa dall’8,2% del 2016 al 10,7% del 2017. Invece, registra l’Istat, fra le famiglie con
persona di riferimento almeno diplomata, l’incidenza è molto più contenuta, pari al 3,6%.
Se questa è la situazione nel caso della povertà assoluta, la povertà relativa segue le orme. Intanto, è anch’essa in crescita, riguarda anch’essa le famiglie più numerose e giovani e quelle di riferimento operaio. Oltre, naturalmente, quelle in cui la persona di riferimento per l’economia famigliare è in cerca di occupazione. Ed ecco i numeri: nel 2017 riguarda 3 milioni 171mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente). Le famiglie con 4 componenti vede una percentuale più alta,19,8%, mentre si sale ancora perle famiglie di 5 componenti e più 30,2%. A essere messe peggio sono quelle più giovani: povertà relativa al 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultrasessantaquattrenne.
Le famiglie di operai e simili sono toccate dalla povertà relativa con un’incidenza pari al 19,5%, mentre per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione si sale al 37,0%, con un consistente peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.
Per le famiglie di soli stranieri le difficoltà sono ancora maggiori: l’incidenza della povertà relativa sale al 34,5%, con forti
differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).