Firenze – Sale ma di poco, l’incidenza della povertà assoluta nella popolazione italiana, si “stabilizza” attorno al 6% nel 2015: si tratta di 1 milione 582 mila famiglie (il 6,1% delle famiglie residenti) per un totale di 4 milioni e 598 mila individui (7,6% dell’intera popolazione). Si tratta comunque del valore più alto dal 2005, sia per quanto riguarda le famiglie, sia per gli individui, quest’ultimi inoltre in crescita: il 7,6% nel 2015, rispetto al 5,9% nel 2012 .
I dati sono state resi pubblici dall’Istat, che mette in luce anche la ripartizione territoriale: nel Mezzogiorno si registrano i valori più elevati di povertà assoluta, pari a 9, 1% riguardo alle famiglie, 10% per le persone, mentre è il Centro a far emergere i valori più bassi, 4,2% riferiti alle famiglie, 5,6% per quanto riguarda le persone. Del resto, all’indagine che fu presentata nell’aprile scorso a Plazzzo Strozzi Sacrati “Il profilo sociale regionale 2015”, dall’assessore al Welfare e dall’Osservatorio sociale regionale, il dato toscano della povertà assoluta si fermava (anno 2014) al 3,3%, rispetto al 5,7% nazionale, in riguardo alle famiglie.
Per quanto riguarda il profilo sociale, 2 milioni 277 mila sono donne (7,3% l’incidenza), 1 milione 131 mila sono minori (10,9%), 1 milione 13 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (9,9%) e 538 mila sono anziani (4,1%). Un minore su dieci, quindi, nel 2015 si trova in povertà assoluta (3,9% nel 2005). Negli ultimi dieci anni l’incidenza del fenomeno è rimasta stabile tra gli anziani (4,5% nel 2005) mentre ha continuato a crescere nella popolazione tra i 18 e i 34 anni di età (9,9%, più che triplicata rispetto al 3,1% del 2005) e in quella tra i 35 e i 64 anni (7,2% dal 2,7% nel 2005).
A far le spese delle contingenze, sono le famiglie più numerose, a cominicare da quelle con 4 compnenti, in particolare fra le coppie con due figli. In questo caso si sale dal 5,9 del 2014 al all’8,6% del 2015. Se il tasso di povertà assoluta cresce per fmiglie composte da coppie con tre o più figli, si sale ancora se i tre figli sono minori, 18,6%, mentre l’anziano on famiglia è spesso una risorsa: scende infatti la percentuale di povertà nelle famiglie di o con anziani (3,4% tra le famiglie con almeno due anziani).
La povertà assoluta è anche legata, come due secoli fa, alla collocazione sociale dovuta al lavoro: colpisce in misura marginale le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro o impiegato (l’incidenza è inferiore al 2,0%), sale all’11,7% tra le famiglie di operai (9,7% nel 2014), raggiunge il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (19,8%), mentre si mantiene decisamente al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (3,8%).
Sul territorio, la differenziazione si lega alle aggregazioni amministrative: l’incidenza della povertà assoluta sale nei comuni centro di area metropolitana, dove si passa dal 5,3% al 7,2%. Un dato che è costante, pur con le differenziazioni specifiche, per le tre aree del Paese. Infine, la determinazione dell’appartenenza di famiglie e individui alla categoria “povertà assolta” è dettata dal raggiungimento, superamento o meno di una soglia fissata che risente di una serie di variabili, come, ad esempio, la ripartizione geografica. Le soglie rappresentano i valori rispetto ai quali si confronta la spesa per consumi di una famiglia al fine di definirla o meno in condizione di povertà assoluta.Le soglie sono relative e calcolabili in base ai parametri riportati dall’Istat: come esemplifica lo stesso Istituto nazionale di statistica in una nota, “per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà assoluta è pari a 819,13 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 734,74 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 552,39 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno”.