Poveri noi: tre le parole d’ordine. Promessa, memoria e visione. E’ urgente agire ora

Il protocollo per il contrasto alle povertà e alle nuove vulnerabilità sociali ed economiche promosso a Reggio Emilia, e che Confcooperative Reggio Emilia ha sottoscritto e partecipa attivamente, è una tappa di particolare rilievo del nostro percorso territoriale dopo il COVID19 e siamo grati all’Amministrazione comunale per averlo promosso.
Il senso del protocollo è riassumibile in tre parole chiave: è il rispetto di una promessa, una memoria necessaria e una visione urgente sul nostro futuro territoriale.

La promessa è quella che la città, tutta insieme, si è reciprocamente fatta nei giorni più bui e duri della pandemia. Anche a Reggio Emilia, malgrado ogni sforzo, abbiamo avuto paura e sentito una vulnerabilità collettiva nuova. Mancavano mascherine, i posti di terapia intensiva erano tutti occupati, l’incertezza sul domani più prossimo molto forte. In quei giorni – ricordiamo distintamente un incontro con il Sindaco Luca Vecchi ai Chiostri di San Pietro, senza toccarci, a distanza e con i soli occhi a sottoscrivere quell’impegno – ci siamo detti che la resistenza straordinaria richiesta a tutti singolarmente si poteva reggere solo insieme. Solo con l’impegno che nessuno, passata la notte, sarebbe stato dimenticato.

Qui si parla di persone e famiglie. Qui si parla anche di piccole e micro imprese che si sono reinventate per ciò che serviva in quei giorni. Qui si parla di servizi a bambini, anziani e alle persone più fragili che, presa sul serio questa promessa, non hanno mancato un giorno a ciò che era loro chiesto in difesa della comunità di tutti. E’ bastata la consegna dei buoni spesa alle famiglie in difficoltà per scoprire che la città è più grande di quanto pensavamo, rivelando tante e tanti ancora non considerati nel loro stato quotidiano di bisogno. Quello sforzo straordinario non è qui a riscuotere paga per quei giorni ma fiducia per quelli a venire.

Tra i panchinari arcobaleno, si riconosce il presidente Fcr Andrea Capelli

La memoria è quella di una terra – la nostra – che conosce quanto il cooperare sia necessario a una vita felice, buona e per bene. Cooperare è l’intelligenza di chi, prima ancora che ne sia percepita l’urgenza sociale o l’obbligo normativo, sa che per vivere bene su un territorio occorre guardarsi attorno, riconoscersi l’un l’altra, mettere insieme gli obiettivi prima che i mezzi, essere comunità di destino prima che di interesse. Cooperare non è una forma di impresa, è un modo di stare al mondo, sapendo che è impossibile farlo da soli. Reggio Emilia, in corsa, rischia di perdere questo carattere, e chi non sente l’urgenza di un allarme e un progetto chiaro mente, impaurito dalle responsabilità che comporta o smemorato degli insegnamenti della storia.
Visioni.

Ciò che dobbiamo vedere insieme, condividere e credere. A Reggio Emilia dobbiamo dire e praticare senza riserve che la sostenibilità non è solo qualità ambientale ma anche e necessariamente compartecipazione del valore (anche i profitti) insieme a lavoro buono e inclusivo. L’alta velocità del nostro fare – una virtù collettiva – pone a Reggio Emilia una domanda più importante e stringente che ad altre città nella definizione di cosa è sviluppo nel lungo periodo. A Reggio Emilia non si possono celebrare investimenti solo perché grandi e tecnologicamente avanzati. Qui sviluppo deve essere anche filiera territoriale, rete di cooperazione, inclusione sociale, abbassamento delle vulnerabilità collettive, produzioni di beni e servizi generanti cultura, democrazia e coesione per un bene più diffuso, qui e nel mondo.

Promesse, memorie e visioni senza le quali ogni nostro impegno sulle nuove povertà e sulla vulnerabilità delle persone sarà sempre e solo riparativo e in ritardo. Per correre a lungo bisogna correre bene e insieme, non solo veloci.

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