Andrea Canova intervista Pablo Echaurren
Interviste che intendono far conoscere qualcuno a qualcun altro, come se due sconosciuti si incontrassero per la prima volta.
L’intervistato ha la più assoluta libertà di dire o non dire ciò che vuole di se stesso.
In queste interviste non si cerca il clamore, il gossip, lo shock.
Si tratta di interviste scritte dall’intervistato, dunque non orali, per ovviare al brutto costume italiano di “modificare” il detto dell’intervistato, a volte con scopi non ben chiari, o fin troppo.
Rispetto alle specificità professionali dell’intervistato, le novità professionali non saranno dimenticate.
Sono uno che ha vissuto cercando di esprimersi con le immagini e con le parole, con gli atti concreti, cercando sempre strade e sentieri nuovi, senza farsi ingabbiare in questa o quella definizione. Uno che non si è sottratto ai rischi che questo modo di fare comporta. Uno che si è sempre contrapposto alla riduzione della creatività in chiave di prodotto commerciale.
– Che tipo di formazione hai? Studi, letture, influenze, mentori, ecc.
Direi che sono un autodidatta. Terza liceo classico e qualche esame universitario giusto per evitare il servizio militare allora obbligatorio. Soprattutto mi sono arrampicato sulle spalle dei giganti che mi hanno offerto il loro appoggio: prima di tutti Gianfranco Baruchello che è stato il mio mentore, il mio maestro. Ho molto ascoltato, molto letto, molto assorbito da lui e da chi gli stava e mi stava intorno, ma anche da chi ci ha preceduto. Costruirmi un Pantheon di punti di riferimento intellettuali e comportamentali è stato un dato essenziale della mia formazione. Posso dire che sono sempre gli stessi ancora oggi, sempre in piedi sui loro piedistalli. Sempre funzionanti.
– La tua produzione artistica è, per dirla con un luogo comune, sterminata ma, soprattutto, sembra essere un vero e proprio laboratorio nel quale lavori su una molteplicità di linguaggi quali la grafica, il fumetto, la scrittura, il cinema, il dipinto, la ceramica, solo per citarne alcuni e tutti all’insegna della ricerca, dell’avanguardia e della sperimentazione. Ora, se è possibile rintracciarla, qual è la poetica di Pablo Echaurren all’interno di questa molteplicità di linguaggi e di forme?
C’è comunque un filo rosso che tiene insieme tutto quanto: il rifiuto del lavoro ripetitivo, il rifiuto della catena di montaggio delle idee come meccanismo raffinato che la società mette in moto per trasformare tutto in spettacolo e in merce. Ho sempre pensato che fosse necessario individuare un punto di vista personale su cui elaborare strumenti di lotta contro l’appiattimento ideologico. Arte come mezzo e non come fine.
– La tua vita artistica è estremamente intensa, direi impegnata e, qui, impossibile da ripercorrere compiutamente. Di passaggio cito solo Lotta Continua, il 77, gli Indiani Metropolitani, la Contestazione, “oggetti” che, oggi, soprattutto per i giovani, credo siano un vero e proprio mistero, specie di UFO di chissà quale epoca e chissà quale pianeta, tuttavia vorrei soffermarmi su un punto che credo sia oggi centrale. Il punto te lo schematizzo così: i giovani di oggi sono tutti artisti – tutti gli artisti giovani di oggi vogliono fare soldi con l’arte – il sistema dell’industria culturale illude i giovani che le cose stiano effettivamente così – alla fine sembra che l’arte sia un ammortizzatore sociale per placare o illudere i giovani disoccupati. Che ne pensi?
In realtà è proprio ciò che ho scritto in un mio libretto, che considero come la summa del mio pensiero sull’argomento, dal titolo Adotta un artista e convincilo a smettere. Un libro che ha rivisto e rimaneggiato Gianfranco Sanguinetti, colui che fu compagno di strada di Guy Debord fino allo scioglimento dell’Internazionale Situazionista. Ebbene l’idea che l’arte possa essere una scorciatoia per fare soldi e per ottenere visibilità sociale e successo è la peggiore condanna che un artista può infliggere a se stesso e alla propria creatività.
– Potrei chiederti di Oask, della Contropittura, del fumetto Ezra Pound, di Caffeina d’Europa. Vita di Marinetti, della copertina del libro “Porci con le ali” ma mi avventurerei per sentieri oggi ai più sconosciuti, quindi mi limito a chiederti del tuo rapporto con Marcel Duchamp e con il futurismo.
Duchamp è stato per me la guida, la costante, il sestante. Di lui si guarda molto a ciò che ha fatto e assai meno a ciò che è stato. In realtà le due cose non possono essere disgiunte. Non seguire le sue indicazioni esistenziali è il più grande tradimento che si possa fare al suo pensiero, alla sua opera. Duchamp non ha mai venduto un solo pezzo, ha sempre vissuto del necessario, non ha mai sgomitato per esporre alcunché, ha sempre rifiutato il compromesso col mercato e con la ripetizione di uno “stile”. Era un “francescano” dell’arte, un seminatore di atti di ingiustificata intelligenza senza alcun interesse per i riconoscimenti o le celebrazioni. Make Art Not Money è il mio motto. Mi piace immaginare che lo avrebbe condiviso.
– Se non mi sbaglio, sei anche un collezionista di bassi. Quanti ne hai ma, soprattutto, perché il basso?
Perché da ragazzino era lo strumento che avevo scelto per assecondare la mia voglia di stare in un gruppo senza dover troppo espormi. Non mi piace fare lo sbruffone in pubblico. Nel basso sento qualcosa che resta celato ai più, qualcosa di intimo, di legato al proprio battito cardiaco. Ne ho raccolto circa un’ottantina che in gran parte ho dato al Museo degli Strumenti Musicali di Roma che li ha messi in cantina.
– Qual è il tuo più grande sogno?
Non aver sprecato la mia esistenza.
– Qual è la tua più grande paura?
Aver sprecato la mia esistenza.
– Che cosa vorresti lasciare dopo la tua morte?
Fossili di una creatività remota ma non per questo destinata a restare ignota.
Biografia
Pablo Echaurren inizia a dipingere sotto la guida di Gianfranco Baruchello e Arturo Schwarz, suo primo gallerista. Dagli anni settanta espone i suoi quadri in Italia e all’estero. Negli anni ottanta e novanta realizza numerosi fumetti di avanguardia come Caffeina d’Europa (una delle prime graphic novel, Majakovskij, Nivola vola, Futurismo contro, Vita disegnata di Dino Campana, Evola in Dada, Vita di Pound, Dada con le zecche.
La sua produzione si è sviluppata all’insegna della contaminazione fra generi, fra alto e basso, arte e arti applicate, secondo un approccio progettuale, manuale e mentale, tipico del laboratorio. Ne discende un’idea dell’artista come artefice e inventore a tutto campo (pittura, ceramica, illustrazione, fumetto, scrittura, video), indifferente agli steccati e alle gerarchie che solitamente tendono a comprimere la creatività.
È l’autore del disegno della copertina del romanzo Porci con le ali e negli anni settanta ha disegnato copertine per altri romanzi, editi soprattutto dalla casa editrice di estrema sinistra Savelli. Nel 1977, con altri, ha dato vita a Oask?!, il foglio degli indiani metropolitani, e ad altre fanzine legate all’ala creativa del movimento. Ha collaborato, disegnando e scrivendo, con Lotta Continua e in seguito con le riviste Linus, Frigidaire, Tango, Comic Art, Alter Alter e Carta. Il suo stile è influenzato dal futurismo (dei cui libri è un collezionista). È anche autore di numerosi saggi, pamphlet polemici e romanzi.
Una sua antologica (Dagli anni settanta a oggi) si è tenuta al Chiostro del Bramante a Roma (2004), le opere più recenti sono state invece esposte in una personale presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma (2006) e nella mostra Pablo a Siena presso i Magazzini del Sale (2008). Nel 2009 il MIAAO (Museo Internazionale di Arti Applicate Oggi) di Torino ha celebrato il centenario del futurismo con una mostra incentrata sul suo lavoro. Appassionato di bassi elettrici, nel 2009 ha esposto la sua collezione di strumenti d’epoca e tele ad essi ispirate all’Auditorium Parco della Musica nella mostra L’invenzione del basso.
Nel 2010 a Palazzo Cipolla (ex Museo del Corso) la Fondazione Roma Museo, in occasione di oltre quarant’anni di lavoro, gli dedica la mostra antologica Crhomo Sapiens. Nello stesso anno l’artista dà vita, insieme alla moglie Claudia Salaris, alla Fondazione Echaurren Salaris. Nel 2011, al Macro di Roma, viene presentato il ciclo Baroque’n’Roll, una serie di edicole in ceramica dedicate alla sua passione per il basso elettrico. Lo stesso anno, presso il Mar di Ravenna, viene organizzata la mostra Lasciare il segno con lavori a partire dai primi del 1969.
Nel 2014 la serie di collage “Iconoclast” viene mostrata all’Estorick Collection di Londra. Nel 2014 il Beinecke Library (Yale University, USA) ha acquisito un ampio fondo di scritti e disegni di Pablo Echaurren legati alla sua esperienza controculturale negli anni settanta del Novecento. Nel 2015 con la mostra Contropittura la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea approfondisce l’indagine sugli aspetti socio politici del lavoro di Pablo Echaurren. Nel 2016 il Cile per la prima volta gli rende omaggio con una retrospettiva al Museo Nacional de Bellas Artes di Santiago (curata da Inès Ortega-Màrquez) dal titolo Make Art Not Money. Nel 2017 Echaurren “rilegge” l’opera di Marcel Duchamp con una mostra che raccoglie quarant’anni di suoi omaggi al grande Maestro (Du champ magnétique, Scala Contarini del Bovolo, Venezia).
Sempre nel 2017, per ricordare gli eventi che nel 1977 hanno scosso l’Italia, il Museo di Roma in Trastevere ha organizzato una mostra di disegni dell’epoca di Pablo Echaurren accompagnandoli con le foto di Tano D’Amico. A Catania viene allestita una mostra (Soft Wall, Palazzo Platamone) che intende inquadrare l’opera “irregolare” di Echaurren come anticipatrice del linguaggio della Street Art. Nel 2019 personale al Mart di Rovereto. Sue opere sono attualmente nella collezione permanente di alcuni musei tra cui, La Galleria Nazionale, il Maxxi, il Macro, il Mic di Faenza, il Mart di Rovereto e il Museo del Novecento di Milano. Gran parte del suo lavoro inerente agli anni Settanta è stato digitalizzato dalla Biblioteca Hertziana (Max Planck Gesellschaft) e posto in rete a disposizione di chiunque intenda consultarlo. La passione di Echaurren per la paleo antropologia viene messa in luce dal lungometraggio Pablo di Neanderthal (di Antonello Matarazzo con Bruno Di Marino) invitato, fuori concorso, alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022. Nel 2023 il MamBo di Bologna dedica a Pablo Echaurren una retrospettiva incentrata sugli anni Settanta curata da Sara De Chiara dal titolo: Viola!
Bibliografia
– Perizia calligrafica, Rivalba, Geiger, 1976.
– C’era cioè c’è (con Claudia Salaris, firmato: Claudia e Paino), Roma, Savelli, 1978.
– Saette, Milano, Primo Carnera Editore, 1985.
– Majakovskij, Roma, Serraglio, 1986 (poi Gallucci, 2012).
– Parole ribelli. I fogli del movimento del ’77, Viterbo, Stampa Alternativa, 1997.
– Parole ribelli. ’68 e dintorni, Viterbo, Stampa Alternativa, 1998.
– Compagni, Torino, Bollati Boringhieri, 1998.
– Diario culinario: giro d’Italia in centoquaranta ristoranti (o giù di lì), Firenze, Liberal Libri, 1999.
– Controcultura in Italia 1966-1977 (con Claudia Salaris), Torino, Bollati Boringhieri, 1999.
– Libro diseducativo, Mantova, Corraini, 1999 (traduzione Book of bad manners).
– Vite di poeti. Campana, Majakovskij, Pound, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.
– Il suicidio dell’arte: da Duchamp agli sciampisti, Roma, Editori Riuniti, 2001.
– Corpi estranei. Neosituazionisti, antiartisti, anarcoalieni, nomi collettivi, Viterbo, Stampa Alternativa, 2001.
– Futurcollezionismo, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2002.
– Delitto d’autore, Milano, Shake edizioni, 2003.
– La casa del desiderio. ’77: indiani metropolitani ed altri strani, Lecce, Manni Editori, 2005.
– Chiamatemi Pablo Ramone, Ravenna, Fernandel, 2006.
– Bloody Art, Ravenna, Fernandel, 2006.
– Terra di Siena, Ravenna, Fernandel, 2007.
– Caffeina d’Europa. Vita di Marinetti, Roma, Gallucci, 2009 (prima edizione Montepulciano, Il Grifo, 1988).
– Bassi istinti. Elogio del basso elettrico, Ravenna, Fernandel, 2009.
– Nel paese dei bibliofagi, Macerata, Biblohaus, 2010.
– Controstoria dell’arte, Roma, Gallucci, 2011.
– Ramones. Cretin Hop, Roma, Arcana, 2012.
– Duchamp politique, Milano, Postmedia Books, 2019.
– Adotta un artista e convincilo a smettere per il suo bene, Vittorio Veneto, Kellermann, 2021.
Documentari
– Piccoli ergastoli, documentario scritto e diretto con Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca D’Aloja (1997).
– The Holy Family. Un Ramone a Roma, documentario diretto con Uliano Paolozzi Balestrini (2010).
– Indiani metropolitani. Ironia e creatività nel movimento del ’77, documentario prodotto dalla Fondazione Echaurren Salaris (2017).
– Il Neanderthal e io passando per Duchamp. Conversazione con Pablo Echaurren di Giorgio de Finis (2021).
– Pablo di Neanderthal di Antonello Matarazzo, scritto da Bruno Di Marino, Pablo Echaurren e Antonello Matarazzo (2022).
Sitografia
www.pabloechaurren.com
www.facebook.com/pablo.echaurren
www.instagram.com/pablo_echaurren
it.wikipedia.org/wiki/Pablo_Echaurren