Futuro e Libertà, Pollina si prepara a scendere in campo. Per il gol dell’ex

E’ stato ad un passo dall’ottenere l’investitura ufficiale per sfidare Enrico Rossi alle scorse regionali, poi a lui Silvio Berlusconi preferì la bionda Monica Faenzi. Oggi Angelo Pollina ha lasciato il Pdl e dopo qualche mese lontano, anche  professionalmente, dalla Toscana è tornato nell’agone politico come coordinatore regionale di Futuro e Libertà e in una lunga intervista rilanciata a Massimo Sandrelli per rtv38 ha raccontato il suo punto di vista sull’attuale momento togliendosi anche qualche sassolino dalle scarpe per quella primavera che proprio non gli è andata giù. “Il problema maggiore del Pdl è che era un partito dove le leggi contavano per tutti tranne che per loro – esordisce – c’era una gestione stalinista e avevo avvertito che si stava andando verso una deriva senza fine. Io il 19 gennaio del 2010 sono stato chiamato a Palazzo Grazioli da Berlusconi che mi disse apertamente che ero il candidato per la Regione. Verdini e Matteoli però si misero di traverso in maniera feroce per gli attacchi che gli avevo lanciato nei mesi precedenti, come è andata a finirelo sappiamo tutti. Berlusconi mi richiamò dopo qualche giorno per dirmi che aveva fatto di tutto ma che non c’era stato modo per portare in fondo la candidatura”. Pollina però dice che ormai per lui quella è acqua passata: “A distanza di tanto tempo – confessa – devo ringraziarli perché ho riscoperto la voglia di fare politica in maniera diversa, di ripartire da zero e di costruire un partito nuovo”. Ancora non si sa bene quando ci saranno le prossime elezioni ma Pollina si mette già in prima linea per un posto in Parlamento, “è un’esperienza che mi piacerebbe fare – confessa – anche se l’attività da manager che svolgo adesso mi dà molte soddisfazioni”, ma riconosce anche quelli che sono stati gli errori quando sedeva tra i banchi del Consiglio regionale. Lui era a Palazzo Panciatichi quando fu fatto l’accordo, che qualcuno definì “inciucio”, tra Ds e Forza Italia per creare la legge elettorale senza preferenze, quella che poi è divenuta la base per il “Porcellum” di Calderoli: “C’era la necessità di cambiare la vecchia legge – dice – perché spesso alcuni territori non avevano rappresentanza e per garantire anche una congrua presenza di donne nell’assemblea. Noi come centrodestra chiedevamo l’aumento del numero dei consiglieri per avere più forza e i Ds volevano abolire le preferenze perché era scoppiato allora il caso Melani. Trovammo l’accordo ma il numero di 65 consiglieri fu un grande errore”.

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