Poliziotto detenuto trovato impiccato, ipotesi suicidio, accertamenti in corso

Firenze – Giornata difficile, ieri, a Sollicciano, dove non si era chiuso che da poche ore il convegno sul libro di Margara “La giustizia e il senso di umanità”, a cura di Franco Corleone e con la prefazione dell’attuale garante per i detenuti Giuseppe Fanfani, quando, proprio fra le mura del carcere fiorentino, è avvenuto un episodio gravissimo, un detenuto ha perso la vita in ciò che si ipotizza con quasi certezza suicidio. E’ morto così il poliziotto indagato per aver esploso due colpi con la pistola d’ordinanza alle Cascine nei confronti di un pusher gambiano il 19 maggio scorso. L’uomo è stato trovato impiccato dal personale di polizia penitenziaria durante un giro di controllo nel tardo pomeriggio. È stato dato l’allarme al 118 ed è stata inviato personale sanitario di soccorso ma per il 47enne è stato poi constatato il decesso. In base a prime informazioni l’agente era recluso in una cella, da solo. Il pubblico ministero di turno ha disposto  l’autopsia che sarà eseguita all’istituto di medicina legale, mentre la procura fiorentina ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo a carico di ignoti.

L’episodio, avvenuto a poca distanza della presentazione cui era intervenuto anche il nuovo capo della Dap, Carlo Renoldi, rimette immediatamente in primo piano le condizioni di vita dei reclusi all’interno di Sollicciano. Sulla questione, intervengono con una nota i consiglieri comunali Dmitrij Palagi e Antonella Bundu, Sinistra Progetto Comune e Massimo Lensi, dell’Associazione Progetto Firenze.

“Che condizioni si vivono all’interno degli istituti penitenziari e in particolare a Sollicciano? Si tratta di una domanda su cui dovremmo ritornare ogni giorno, come chiediamo da tempo, evidenziando come il carcere sia parte a tutti gli effetti della città. Renderlo una discarica sociale, separata dal resto del tessuto urbano, “lontana dagli occhi”, rende la situazione insensibile, per chiunque attraversi quello spazio (popolazione detenuta, personale volontario, lavoratrici e lavoratori) – si legge nella nota congiunta – dentro quelle mura si moltiplicano dolore, malattie e sofferenze. Sparisce ogni ipotesi di “tensione verso la rieducazione” stabilita dalla Costituzione. La salute mentale è l’emergenza che si aggiunge, in modo sempre più pesante. Restano inoltre tutti i problemi di sempre: sovraffollamento, cucine e lavanderie che non funzionano adeguatamente, assenza di progetti che sappiano rompere l’isolamento della casa circondariale”.

Il tema, promettono i consiglieri comunali, verrà risollevato lunedì prossimo in consiglio comunale. “Quante tragedie devono consumarsi per capire che c’è un problema di sistema, che non riguarda il cemento, ma il contesto sociale in cui il carcere va messo in discussione, perché è un modello che non funziona? – concludono Palagi, Bundu e Lensi – se le istituzioni e le autorità competenti cntinueranno imperterriti a proporre un carcere nuovo, o rinnovato, come unica soluzione ai problemi di Sollicciano, la perdita di contatto con la realtà della crisi rieducativa sarà totale e si chiuderà in se stessa nonostante gli appelli che provengono non soltanto dalla popolazione detenuta, ma anche da chi dentro al carcere lavora e fa attività di volontariato. Per ridisegnare il ponte tra reinserimento sociale e istituto, il primo problema da affrontare è quello del disagio fisico e mentale, sia in termini di presidi interni che di prevenzione. Il carcere deve aprirsi alla città e questa al carcere in un rapporto circolare virtuoso di esperienza e conoscenza”.

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