Polizia violenta, in Francia ritirata norma che blocca le riprese video

Parigi – Il 2020 non sta chiudendo in bellezza per il presidente francese Emmanuel Macron distolto dal suo obiettivo di guadagnarsi un secondo mandato a capo dello stato da molteplici crisi che stanno mettendo a dura prova la compattezza del suo governo e la sua credibilità come gestore del paese. Già alle prese con una crisi sanitaria senza precedenti che sta minando la resistenza socio-economica del paese, a un’ondata di terrorismo e ai problemi della integrazione delle comunità, Macron si trova ora in piena tempesta con progetti di legge che rischiano di gettare dubbi sul suo sincero attaccamento ai valori della libertà.

A far scendere migliaia di francesi in difesa delle libertà di espressione e dell’informazione è stato un malaugurato articolo aggiunto a ridosso della votazione a un progetto di legge sulla sicurezza già al centro di critiche sulla sua ortodossia democratica. Questo articolo, il 24, faceva divieto non di filmare ma di diffondere “a scopo malevolo” filmati di operazioni di polizia.

Il testo, era stato spiegato, era destinato a impedire che gli agenti in azione potessero essere individuati e quindi possibili  vittime di rappresaglie. Sfortuna ha voluto però che proprio a ridosso della votazione è apparsa sotto gli occhi di tutti la violenza con cui la polizia ha sgomberato a suon di manganelli e gas lacrimogeni da Place de la République le centinaia di migranti senza tetto che vi si erano accampati.

Mentre lo sdegno era ancora vivo filmati hanno denunciato la brutalità con cui poliziotti si sono accaniti contro un produttore di musica reo di non indossare la mascherina. Due casi che hanno, agli occhi della gente, chiaramente confermato la necessità di poter filmare e diffondere le operazioni delle forze dell’ordine. Queste godono ancora della fiducia della popolazione, anche se in gli ultimi sondaggi la danno in calo.

Di fronte alla levata di scudi, l’articolo è stato al momento ritirato per essere riscritto ma c’è chi pensa che probabilmente verrà abbandonato anche se voluto non solo dal ministro degli interni Gérald Darmanin, ma forse anche da Macron che in vista delle presidenziali vuole rafforzarsi a destra con un discorso volto a privilegiare i problemi di ordine pubblico. Questa mossa però non è riuscita, anzi ha provocato onde d’urto che non hanno risparmiato nessuno.

Il settimanale Le Point in un editoriale intitolato “Macron, Orban, stessa battaglia”  attacca duramente il presidente francese accusato di presentarsi sulla scena mondiale come “l’araldo delle libertà”, crede “il campione dello stato di diritto e dello spirito dell’illuminismo in opposizione alla regressione nazionalista incarnata dal premier ungherese Viktor Orban” mentre in Francia ‘malmena le libertà pubbliche”.

In questi giorni niente sembra andare per il verso giusto, neanche sul fronte della pandemia. Mentre si preannuncia una tragica ondata di licenziamenti (35.000) legati alla crisi del Covid, l’operato del governo non passa all’esame della commissione parlamentare. La Francia non si colloca tra i bravi  allievi in Europa, sottolinea il rapporto che denuncia la mancanza di anticipazioni e una gestione caotica della crisi. La Francia, stigmatizza  la commissione, è stata così penalizzata con una media di decessi di 727 morti per un milione di abitanti contro i 532 della media in Europa e 170 della Germania.

 

 

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