Firenze – Un principio d’incendio che rischia di diventare un rogo. Protagonista il nuovo regolamento, in corso di approvazione, di polizia idraulica il cui testo ha preso corpo dopo mesi di lavoro comune fra operatori, uffici dedicati e istituzioni regionali. Un testo che, uscito in un modo dal lavoro congiunto sulla questione, si è poi rivelato, come dice la RSU regionale e in particolare sottolinea il sindacato USB, un documento molto difforme da quello concordato.
“Altro che restyling giuridico-amministrativo – dicono dal sindacato – qui si tratta di interventi che vanno direttamente a cambiare il merito della questione”. E la questione è molto grossa, dal momento che riguarda la sicurezza dei corsi d’acqua e il buon deflusso delle piene. Insomma tocca esattamente quel settore che, con grande impegno, lo stesso presidente regionale Enrico Rossi, in particolare dopo la tragedia di Livorno e la piena dell’Ardenza che costò vite umane e uno sconvolgimento catastrofico del territorio, annunciò di volere rafforzare nell’ottica di evitare per il futuro simili tragedie. Al tempo si parlò sia di assunzioni che di un rinforzo generale della struttura. Non certo di creare ex novo alcunché, dal momento che la Polizia Idraulica esiste da oltre un secolo, impiantata a pochi decenni dall’unità d’Italia e riformata con regio decreto del 1937, regolamento tutt’ora vigente. Senz’altro, si può parlare tutt’ora di “personale scarso”, dal momento che, anche a causa del blocco del turn over nel pubblico impiego, è “una razza che è andata scomparendo”.
Venendo al dunque, il regolamento che è attualmente in iter di approvazione (è passato in giunta regionale, dovrà andare in consiglio regionale per un parere per poi tornare alla giunta per l’approvazione definitiva) di fatto, dicono dal sindacato, mentre appare ammantato di buoni propositi (rafforzamento dei controlli, con l’irrogazione di sanzioni amministrative oltre alle sanzioni penali già esistenti) stringi stringi, nel dettaglio, va a erodere proprio le capacità di intervento concreto della Polizia Idraulica. Infatti, al di là del dato giuridico che le sanzioni amministrative difficilmente si applicano se c’è la sanzione penale, il punto dirimente è che gli operatori vengono privati delle prerogative che i vecchi regolamenti (vigenti dal 1937, lo ricordiamo) conferivano loro, vale a dire le funzioni di polizia giudiziaria, senza le quali non si possono attivare procedimenti sanzionatori penali, che vengono avviati direttamente con comunicazione di notizia di reato alla Procura.
Ma come si è giunti a questo? “Il gruppo di lavoro è durato mesi, con la partecipazione degli operatori – spiegano dall’USB – e si era approdati a un testo condiviso, in cui in sostanza venivano migliorate tante cose e si confermavano i compiti di polizia giudiziaria. A sorpresa, nonostante questo testo concordato, ad aprile arriva la giunta, prende il testo e giustificandolo con ritocchi di tipo “redazionale” ha pesantemente modificato i contenuti”. Il punto che ha più creato stupore e scalpore è proprio l’assenza di alcunché circa le prerogative di polizia giudiziaria. Sulla carta gli operatori hanno potere di controllo molto ampio, ma di fatto, non avendo più le funzioni di polizia giudiziaria, si pone un problema di complicazioni per poter procedere all’accertamento delle violazioni, perché, essendo comunque dei pubblici ufficiali, avrebbero l’obbligo di recarsi alla stazione dei Carabinieri o alla Questura non potendo far partire direttamente loro il procedimento penale. Insomma dovrebbero rivolgersi alle forze dell’ordine a sporgere denuncia come un normale cittadino. Da sottolineare che la scomparsa di ogni riferimento alla polizia giudiziaria porta, nonostante la legge non dica niente sul punto, naturalmente a questa conseguenza.
Il punto, visto dalla parte dei lavoratori, è molto semplice: in questo modo l’operatore è chiamato a responsabilità cui non può fare facilmente fronte. “Al di là del giudizio di opportunità politica – dicono ancora dall’USB – il problema vero è che tutto ciò mette in difficoltà chi lavora”.
Se l’incertezza serpeggia e mette in agitazione gli operatori, l’altro lato della vicenda che aumenta la rabbia è il fatto, come specificano i lavoratori, che tutto ciò avverrebbe all’ombra di “nobili dichiarazioni di principio” da cui ci si aspettava una vera, grande fase di rinnovo e potenziamento. “Invece, non dico che la montagna ha partorito il topolino – commenta Alessio Manetti, delegato USB – bensì molto peggio”. Fra i “desiderata” della giunta regionale, continuano dal sindacato, c’erano anche i 4mila controlli previsti per il 2018, assolutamente troppi in confronto al personale tecnico in servizio.
Ma un altro lato “oscuro” della vicenda avanza, vale a dire la perplessità che si possa davvero legittimamente fare a meno delle attribuzioni di polizia giudiziaria per quanto riguarda l’attività degli operatori della polizia idraulica. Secondo casi simili e sentenze che hanno visto protagonista l’Arpat, potrebbe anche apparire un profilo di illegittimità nell’azione della Regione. Il principio giuridico generale infatti sarebbe che chi è chiamato ad accertare violazioni di tipo penale non può essere sprovvisto di attribuzioni di polizia giudiziaria. Stando a quanto spiegato dagli stessi operatori, il problema sarebbe tuttavia ancora più intricato: il nuovo regolamento non nega i poteri di polizia giudiziaria, ma neanche ribadisce la perduranza di quanto chiaramente attribuito dal regolamento statale del 1937 , creando una pericolosa zona di nebbie: proprio ciò che un regolamento ben fatto dovrebbe evitare soprattutto a garanzia dei lavoratori chiamati a operare sul territorio. Addirittura sembra che qualche dirigente abbia affermato che il regolamento vigente del 1937 non attribuisce agli “ufficiali idraulici” del Genio Civile alcuna funzione di polizia giudiziaria, come se la Polizia Idraulica non sia mai esistita. Una vera e propria posizione “negazionista”, incalza la RSU, tanto più incomprensibile in quanto da oltre un secolo in tutta Italia questi ufficiali hanno riferito alle Procure le contravvenzioni alle leggi poste a tutela della sicurezza dei fiumi.
In realtà viene da pensare che, in qualche modo, la presenza nell’organico di una pubblica amministrazione come la Regione di dipendenti con queste funzioni, che hanno il potere-dovere (e lo hanno esercitato finora) di non guardare in faccia anche a soggetti “pesanti” come comuni, province e aziende pubbliche, potrebbe in qualche modo essere “imbarazzante” da gestire; tanto più che questi organi specializzati, pur restando organicamente incardinati nei ruoli dell’ente pubblico di appartenenza, quando accertano i reati dipendono funzionalmente dalla Procura della Repubblica. Inoltre, è da sottolineare anche la natura specialistica delle competenze che vantano gli ufficiali idraulici, tant’è vero che, pur essendo stata sottoscritta una convenzione fra i Carabinieri Forestali e la Regione che costa a quest’ultima un esborso di 100mila euro l’anno, è quasi sempre richiesto all’ufficiale idraulico di affiancarli nei controlli, in quanto “specialista” che da sempre si occupa della materia.
Tirando le fila, la RSU chiede un incontro urgente alla Giunta e alla Quarta Commissione, per informare meglio i consiglieri circa le preoccupazioni e le criticità che verrebbero in essere col passaggio al nuovo regolamento. Inoltre il prossimo 4 giugno verrà valutata l’eventuale indizione dello stato di agitazione del personale della Difesa del Suolo interessato.
Frontespizio del Regio Decreto con cui venne istituita nel 1870 la Polizia Idraulica del Regno d’Italia. La legge del 1937 si ispirò direttamente al Decreto del 1870, cambiando pochissimo del disposto.