Pistoia – In esclusiva regionale, da stasera a domenica, il Manzoni di Pistoia ospita “Il gabbiano” di Čechov, nell’allestimento dello Stabile di Genova, per la regia Marco Sciaccaluga.
Un classico del teatro del Novecento che parla con un linguaggio attuale, colloquiale e domestico, a tutte le generazioni: alle giovani vittime del loro dolore esistenziale e agli adulti che stentano ad accettare il trascorrere degli anni.
Uno struggente riflessione tra arte e vita, un ritratto “dal vivo” di un’umanità autentica, avviluppata in una spirale di sentimenti trattenuti, amori negati, slanci e fallimenti. Rabbia, angosce, gelosie e meschinità condiscono il valore di una vita sprecata sull’altare dell’attesa.
Del momento giusto (che non arriva mai) per dichiararsi eroi. O solo innamorati. Acciaccati, nevrotici, disincantati, sempre sull’orlo del fallimento esistenziale, i personaggi cecoviani rasentano l’allegro disincanto che precede la fine, in un clima di surreale coinvolgimento. E rispecchiamento di se stessi come pedine di un scacchiera governata dal fato, sospesa tra disfacimento e ansia di rinnovamento, ma inevitabilmente votata alla sconfitta.
Lo spettacolo, che riprende per la prima volta in Italia la versione integrale originaria del 1895, prima che la censura zarista ci mettesse le mani (la traduzione è firmata da Danilo Macrì), si affida coralmente ad un cast di ottimo livello, composto da Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Elsa Bossi, Eva Cambiale, Andrea Nicolini, Elisabetta Pozzi, Stefano Santospago, Roberto Serpi, Francesco Sferrazza Papa, Kabir Tavani, Federico Vanni.
Un cast che l’impianto registico di Sciaccaluga esalta e decanta mentre la regia crepuscolare riesce a cavalcare la poetica cecoviana senza sbilanciarsi, ne sul fronte tragico né su quello comico, garantendo così allo spettatore la libertà di poter reagire come meglio crede. Maksim Gorkij non ci andò per il sottile parlando dei personaggi cecoviani: “Bisogna essere dei mostri di virtù per amare, compatire, aiutare a vivere queste nullità, questi sacchi di trippa che siamo. A me pare che trattiate gli uomini con il gelo del demonio”.
Sciaccaluga commenta: “Credo che stia proprio lì l’essenza di Čechov. La feroce denuncia del nostro nulla, coniugata in una continua altalena di ridicolo e patetico, diventa uno stringente invito a compatire, ad amare questi esseri inutili che siamo. Il palcoscenico di Cechov è la forma più gentile, condivisa, ironica di spietatezza. Il suo ‘teatro della crudeltà’ è il più ‘umano’ che io conosca”.
Dopo l’insuccesso della prima rappresentazione a San Pietroburgo nel 1896, “Il gabbiano” fu rimesso in scena e portato al trionfo nel 1898 a Mosca da Kostantin Stanislavskij e Vladimir Nemirovič Dančenko, che l’anno precedente avevano fondato il Teatro d’Arte. Completano la locandina le scene e i costumi di Catherine Rankl, le musiche di Andrea Nicolini, le luci di Marco D’Andrea. Domani alle 17,30 nel foyer del Manzoni, la compagnia incontra il pubblico. Conduce la conversazione Andrea Nanni. Info 0573 991609.