Ho scoperto un modo efficace di fare il giornalista pigro, cioè farlo senza scrivere.
Tutto nasce da questa constatazione: così come ai convegni e ai dibattiti le cose più interessanti e gli spunti più brillanti si sentono ascoltando non i relatori ma i commenti che la gente comune fa in maniera carbonara con gli amici e tra sé e se sé a denti stretti (io sono dell’idea che andrebbero messi microfoni sparsi in platea e il registrato dovrebbe essere poi ascoltato in silenzio dai vip una volta scesi dal palco nel chiuso delle loro camerette di segreteria politica – molti di loro si dimetterebbero per la vergogna ma questo è un altro discorso), ecco allo stesso modo mi sono accorto che la parte più interessante di molti articoli presenti su testate online è nei commenti dei lettori a fondo pagina.
Facciamo un esempio su un tema caldo, la Kyenge. Potrei fare un pezzo solo utilizzando il copia-incolla di alcuni tra i commenti a un articolo trovato online, e ne uscirebbe qualcosa di molto migliore di tutti gli articoli scritti di sana pianta usciti da sempre. Guardate e sappiate che non ho ritoccato niente:
– Che cos’è il multiculturalismo? – E’ quando tentano di convincerti che una maschera di legno intagliato con sopra due conchiglie ha lo stesso valore del Perseo di Cellini.
SVOLGIMENTO:
Non mi credo rivoluzionario, ma se Serra pensa di esserlo col suo conformismo e la sua infantile visione del “buono e giusto” allora siamo fuori strada. Premesso che gli insulti razziali sono sgradevoli, sono soprattutto futili manifestazioni di ignoranza. L’idea di Serra però, di cui ormai la sx è pregna, è una visione del mondo fortemente influenzata dal pensiero americano: un’idea secondo la quale c’è il bene e c’è il male, in senso assoluto. Il politically correct, infatti, non è che un figlio di questa posizione universalista, iper-umanista, ove le idee sono “accettate entro certi limiti”, qualcosa che è in conflitto (tra l’altro) con il pensiero liberale americano. Il politically correct razziale, tra l’altro, è invenzione bianca. Dell’America bianca. E basta guardare la storia dei neri americani per rendersi conto di come il loro linguaggio sia tutto fuorché correct. Dai comedians come E.Murphy, Prior, Chris Rock, ai rappers, il linguaggio afroamericano va in direzione contraria all’ipocrisia del “correct”. Il linguaggio diventa subdolamente un mezzo per descrivere una realtà che non vede differenze dove le differenze ci sono. Un mezzo per non offendere, ma che intimamente è offensivo perché fa finta di non vedere e non accetta le specificità. Il culto dell’uguaglianza, attraverso il politicamente corretto, diventa omologazione, filtro. Così il nero è accettato, ma si fa finta che sia bianco. Il che è razzismo, del peggiore. L’idea buona della coesistenza delle diversità è una falsa intenzione, ottimisticamente utopista, pessimisticamente ipocrita. Non esiste coesistenza senza base valoriale comune. E se dopo secoli di assimilazionismo (ius soli, certo, ma con “pledge of alliance” a scuola…) gli americani hanno ancora problemi razziali è dovuto proprio all’approccio benpensante, etnocentrico, universalista.
La cosa che sembra sfuggire a tutti quelli che saltano su indignatissimi non appena si sollevano dubbi sulla Kyenge è molto semplice (e dovrebbe anche essere evidente, a meno di non avere il prosciutto sugli occhi): 1) la Kyenge non è soltanto un ministro. Se si fosse voluto un “mero” (per così dire) ministro, probabilmente si sarebbe scelto un ministro “bianco” come tutto il resto del governo. 2) la Kyenge è un “ministro – messaggio”. Un ministro-simbolo, se volete. 3) A questo punto diventa OVVIO che qualsiasi frase di un ministro-simbolo diventi una frase simbolica. Un ministro “che significa anche altro” dal suo semplice ruolo, necessariamente implica che anche dietro ogni sua frase innocua, tipo “ma no i lavavetri al semaforo non danno fastidio” (sto inventando, non l’ha detto), si vada a cercare “altro” (tipo: “ahhh ma allora vuole incoraggiare i lavavetri che ora si moltiplicheranno”!). 4) Non si può creare un ministro-simbolo e poi pretendere che quello che dice non sia anch’esso simbolico e FORIERO di conseguenze che si immaginano più gravi e maggiori rispetto a quello che dicono gli altri ministri. 5) Avete voluto un ministro-simbolo? Bravi. Adesso però non vi stupite delle reazioni “simboliche” (e quindi anche dialetticamente esagerate) a tutto quello che il vostro ministro-simbolo dice.
Visto? Molto più interessante di un articolo o redazionale di analisi scritto di sana pianta e fatto in 5 minuti con tre semplici click, ctrl C + ctrl V (tre di numero).
Ora vado perchè come anticipato, sono un giornalista pigro e per oggi ho fatto abbastanza ma voi se volete potete proseguire nell’esercizio, vedendo ad esempio i commenti che sono stati scritti sotto a questo articolo: l’articolo non l’ho neppure letto ma i commenti sono avvincenti http://www.repubblica.it/politica/2013/08/25/news/la_politica_razzista_all_attacco_del_ministro_kyenge-65259183/?ref=HREC1-7
Lor Acolo