Firenze – E’ stato rinviato a data da destinarsi lo sfratto della moschea di Piazza dei Ciompi. “Ha prevalso il buonsenso – dice l’Imam Izzedin Elzir – un ringraziamento a tutti i nostri concittadini fiorentini, non solo musulmani ma anche non musulmani, perché in questi giorni hanno portato la loro solidarietà, anche di persona. Comprendiam ciò che chiede il proprietario del luogo, ma chiediamo altrettanto a lui di comprendere noi. Come responsabile della comunità, ho detto che, se si trova un posto ora, sono disponibile a lasciare subito le chiavi”. E’ da anni in realtà che la questione si trascina, con tantissimi tentativi da parte della comunità islamica per trovare un luogo adatto per la propria moschea.
Mattinata tranquilla in apparenza, ma piena di una tensione che corre sotto il pelo dell’acqua. Acqua vera, dal momento che cade una pioggia che flagella senza pietà avvocati delle due parti, gente accorsa in solidarietà, forze dell’ordine e fedeli accorsi per pregare. Ma quello che si alza è un vero e proprio “scudo” attorno alla comunità islamica eretta, oltre che da fedeli, amici, cittadini, dai rappresentanti delle altre comunità religiose, che passano e sostano per esprimere la loro solidarietà al “diritto alla preghiera”, come viene prontamente definito il diritto che si contrappone a quello del proprietario di vedersi liberato l’immobile.
Dentro, aspettando gli eventi, il professor Franco Cardini, che da sempre combatte i pregiudizi contro l’Islam, e proprio recentemente ha lanciato una sottoscrizione per favorire la soluzione del problema, ovvero trovare in città uno spazio per una comunità integrata, da anni sul territorio, con una fortissima tradizione, per potere dare concretezza al diritto di professare la propria religione.E’ questo diritto alla preghiera, dunque, che conduce la città a un abbraccio che porta centinaia di persone stamattina, davanti a quelle porte, sotto la pioggia.
L’avvocato di parte della proprietà non ci sta. La lettura da parte sua è che un diritto come quello di proprietà deve essere tutelato. Come? Eseguendo lo sfratto. Ragioni, dunque, di tipo legittimo, sebbene la precisazione dell’Imam Izzedin Elzir giunga a mettere in luce un aspetto che risultava oscuro, ovvero, il fatto che non ci sia morosità. I circa 3mila euro di affitto mensile sono stati pagati, al netto di alcuni ritardi che però sono stati sanati. Di fatto, la motivazione dello sfratto è rimasta per morosità, decorsa dal momento che sono stati fatti scadere i temrini per l’impugnazione, ma le morosità in ritardo sono tuttavia state saldate. Rimane il diritto legittimo di riottenere la proprietà dell’immobile da un lato, ma dall’altro, come spiega lo stesso Izzedin, “il diritto di una comunità di potere riunirsi per pregare. Ho delle responsabilità verso questa comunità. Non posso portarla per strada a pregare”.
Dunque, il problema inevitabilmente si sposta. E’ proprio impossibile considerare l’ipotesi di una proroga per potere dare la possibilità a una comunità religiosa di trovare una soluzione alternativa, senza dovere, appunto, mettersi in strada a pregare? “Stamattina sono musulmano – dice Cardini – è incredibile che venga messo in discussione il diritto costituzionale alla propria religione”. Quanti sono? Si parla di una comunità di oltre 30mila persone, di cui almeno 4.500 cittadini italiani. “E’ assurdo che questi miei concittadini non possano trovare spazio per professare la loro religione – continua Cardini – Impedendo a 4.500 cittadini italiani di avere un luogo di culto si infrange 4.500 volte la Costituzione e io da cittadino italiano e pubblico ufficiale non lo posso permettere ecco perchè sono quio a fare un presidio pacifico. Non sono pacifista ma sono pacifico. Nel frattempo ho aperto con mille euro una sottoscrizione cittadina pubblica”. Intanto i confronti vanno avanti, dentro e fuori, parlano gli avvocati, la proprietà, l’imam. I fedeli arrivano, sempre di più. Ad avere come riferimento la moschea di piazza dei Ciompi, infatti, sono circa 30 comunità, di ogni dove, dai senegalesi ai marocchini ai paesi del medio oriente.
Continua a piovere, arriva don Alessandro Santoro. “La mia presenza qua è assolutamente un dovere – dice don Santoro – ho fatto le corse per potere essere qua, essere presente, credo di doverlo alla Costituzione, alla fratellanza che c’è con l’Imam Izzedin, con tutta la comunità islamica con cui collaboriamo da tempo, ci aiutiamo e ci sosteniamo vicendevolmente. Credo sia molto importante che questa città possa diventare un esempio di connessione fra tutte queste realtà di spiritualità che possano permettere alla città di essere davvero quella Città sul Monte prefigurata da La Pira, una città in cui si abbattono i muri e si costruiscono ponti, dove le amministrazioni lavorano per la pace”. Dunque, “si trovi presto una soluzione che possa portare a definire un luogo da adibire a moschea. Sogno una città come Sarajevo prima della guerra, esempio di convivenza, dove poter vedere insieme, magari nella stessa piazza, una sinagoga, una moschea e una chiesa. Una città che smette di essere “ignorante”, come l’ha definita lo storico Franco Cardini”.