Parma – Pestilenze e pandemie sono state, sin dall’antichità, una delle più gravi piaghe che hanno funestato la storia dell’uomo. Non solo per la loro enorme capacità di morte, ma anche per il terrore che suscita nell’umanità questo nemico invisibile e da cui non si trovava riparo. Tant’è vero che, come emerge dai poemi classici, comunemente si pensava che il flagello fosse inflitto dagli dèi, in collera per qualche motivo col genere umano. Il termine pestilenza inoltre ha un significato molto ampio, che comprendeva, oltre alla peste vera e propria, qualsiasi epidemia, causata da batteri come tubercolosi, tifo, colera o da virus, come poliomielite, morbillo e vaiolo.
All’inizio dell’Iliade troviamo la più antica testimonianza letteraria di una pestilenza. Nella versione del “gran traduttor de’ traduttor d’ Omero”, il Divo Apollo, offeso da Agamennone:
“Piantossi delle navi al cospetto: indi uno strale
liberò dalla corda, ed un ronzìo
terribile mandò l’arco d’argento.
Prima i giumenti e i presti veltri assalse,
poi le schiere a ferir prese, vibrando
le mortifere punte; onde per tutto
degli esanimi corpi ardean le pire.
Nove giorni volâr pel campo acheo
le divine quadrella”.
L’origine divina della peste intesa come ampio morbo capace di mietere migliaia o milioni di vittime, era un concetto già presente, ancor prima che nella grecità, anche nel mondo babilonese, dove esisteva Namtar, il dio della peste.
Nella Bibbia le epidemie vengono spesso presentate, come i cataclismi naturali e le guerre, alla stregua di una punizione di origine divina:
“Così il Signore mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato; da Dan a Bersabea morirono settantamila persone del popolo.” (Samuele).
“Così dice il Signore, Dio di Israele: Io stesso combatterò contro di voi con mano tesa e con braccio potente, con ira, furore e grande sdegno. Percuoterò gli abitanti di questa città, uomini e bestie; essi moriranno di una grave peste.” (Geremia).
Fra le epidemie “storiche”, una fra le prime epidemie documentate è senz’altro la Peste di Atene.
La peste di Atene (430 a.C), forse vaiolo, si sviluppò durante la Guerra del Peloponneso; proveniente, secondo Tucidide, dall’Etiopia, si diffuse rapidamente nella città assediata dagli spartani e sovraffollata di profughi; Pericle fu una delle vittime. La pestilenza e i successi degli Spartani vennero interpretati popolarmente come opera di Apollo, il dio schierato dalla parte degli Spartani. L’epidemia tornò nel 429 e nell’inverno del 427/426 a.C.
Oltre a Tucidide, molti altri scrittori antichi descrissero epidemie; Ippocrate e Galeno affermavano che la causa era da trovarsi nei “miasmi” dell’aria, veleni atmosferici; nessuno riconobbe la contagiosità tra esseri umani.
Molti secoli dopo la “Peste di Atene”, nel 165-180 ci fu la “Peste Antonina”, o peste di Galeno. Con ogni probabilità si trattò di un’epidemia di vaiolo che uccise una parte consistente della popolazione dell’Impero Romano, lo stesso Marco Aurelio e il co-imperatore Lucio Vero; 2.000 morti al giorno a Roma. La peste dilagò fino alla Gallia e alle legioni stanziate lungo il Reno. Come tutte le grandi epidemie del passato, anche la Peste Antonina arrivò da Oriente; fu portata entro i confini dell’impero romano intorno al 160 d.C. dai reduci di una campagna contro i Parti, che vivevano nell’attuale Iran.
Circa un secolo dopo, fra il 251 e il 270, vi fu la peste di Cipriano. San Cipriano, vescovo di Cartagine, descrisse la malattia che sconvolse ancora l’Impero romano. Si suppone che queste due epidemie siano state i primi salti di specie da ospiti animali.
Il mondo antico fu profondamente scosso dal colpo inflitto da queste piaghe che condizionarono nei secoli seguenti sia sul piano militare, sia sul piano economico, l’assetto dell’impero Romano d’Occidente. A Marco Aurelio è stata attribuita la seguente frase, pronunciata poco prima di morire: “Perché piangete voi per me, e non pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte comune?”
Nel 541 d.C. Costantinopoli fu colpita da una delle peggiori epidemie della storia, nota come “Peste di Giustiniano”, raccontata da Procopio di Cesarea; si parla di un crollo demografico tra il 50 e il 70 % in due generazioni; dopo aver ucciso circa il 40% della popolazione della capitale bizantina, si propagò per tutta l’area mediterranea fino all’anno 750 circa (la pestilenza colpì Roma nel 590).e causò dai 50 ai 100 milioni di morti.
Anche il mondo musulmano non fu risparmiato. A partire dall’Egira si conoscono almeno cinque pestilenze: la “peste di Shirawayh” (627-628), la “peste di ‘Amwas” (638-639), la “peste violenta” (688-689), la “peste delle vergini” (706) e la “peste dei notabili” (716-717).
Spostandoci in Estremo Oriente, la prima epidemia di vaiolo della quale si ha notizia certa comparve in Cina nel 49 d.C. Tra il 110 e il 180 in Cina si ebbero altre sei epidemie.
Se questo è il mondo classico, l’epidemia che colpì in maniera particolare l’immaginario, l’animo, la psiche intera del mondo occidentale che non se ne riuscì più a scordare, è un’epidemia di peste del Medioevo, la Morte Nera o Peste Nera del ‘300. L’espressione peste nera nacque dall’osservazione dei sintomi che essa provocava, fra gli altri, la comparsa di macchie scure sulla cute e le mucose.
Durante il periodo che va dal 750 al 1347 l’umanità conobbe una relativa libertà dalle pestilenze, che consentì alla popolazione mondiale di crescere come mai prima nella storia. Nel 1347 la scure della morte nera si abbatté sull’Europa.
Fu responsabile della morte di un terzo della popolazione europea. Molto probabilmente, la culla originaria dell’infezione fu la Cina, che tra il 1331 e il 1353 era stata colpita da epidemie di peste.
Sull’onda della ripresa degli scambi commerciali avvenuta nel XIII secolo, la diffusione iniziò il suo corso. Nel 1346 il morbo raggiunse Caffa, nella penisola di Crimea, capoluogo della colonia genovese della Gazaria e scalo sulla Via dell’Oriente. Introdotta nella vasta rete commerciale dei genovesi, giunse a Costantinopoli dopo aver infettato la popolazione di Cipro e di Alessandria d’Egitto; alla fine del settembre del 1347 il morbo arrivò a Messina e si diffuse rapidamente in tutta Europa, a partire dai quartieri più sovrappopolati delle città dove gli abitanti, spesso debilitati dalla malnutrizione, vivevano in condizioni igieniche precarie. Tra dicembre 1347 e maggio 1349 Venezia perse circa il 60% della popolazione, vale a dire che si contarono tra le 72mila e le 90mila vittime, mentre a Firenze morirono i quattro quinti degli abitanti.
Si calcola che la peste nera abbia ucciso venti-venticinque milioni di persone, un terzo della popolazione europea dell’epoca; per le vittime in Asia e Africa mancano fonti certe (altri autori valutano 200 milioni di morti in un mondo molto meno popolato di oggi).
Il numero degli abitanti dell’Europa cessò di calare solo nei primi decenni del XV secolo. La peste nera provocò un mutamento profondo nella società dell’Europa medievale. Il tardo Medioevo, alle prese con una popolazione scarsa e sulla spinta di un’economia vivace, divenne un’epoca di notevoli innovazioni tecniche. La ritrovata prosperità nei commerci comportò lo sviluppo delle scienze bancarie e delle tecniche contabili: vennero introdotte le lettere di cambio e la partita doppia. Probabilmente l’evoluzione delle armi da fuoco fu stimolata dalla carenza di soldati, così come l’aumento del costo del lavoro degli amanuensi favorì l’invenzione della stampa a caratteri mobili.
Ma la peste non era stata del tutto abbattuta, e si rifugiava silente nei meandri più oscuri per tornare a colpire periodicamente: dal 1480 la frequenza incominciò a diminuire, ma ancora nel 1466 circa 40.000 parigini ne morirono.
La peste manzoniana – Nel periodo tra il 1629 e il 1633 un’epidemia di peste colpì, fra le altre, diverse zone dell’Italia settentrionale; il Ducato di Milano fu uno degli Stati più gravemente colpiti. Il passaggio dei lanzichenecchi attraverso parte dello Stato di Milano e la Valle d’Aosta la diffuse enormemente. L’epidemia venne efficacemente descritta ne I promessi sposi e nel saggio storico Storia della colonna infame.
Fra i pochi aspetti positivi riconosciuti a queste epidemie, il fatto che a lungo termine facessero sì che la medicina si emancipasse dalla tradizione galenica favorendo, soprattutto in Italia, lo sviluppo dell’istituzione ospedaliera, dell’anatomia (1316) e più in generale della medicina. Due secoli più tardi Martin Lutero racconterà di “edifici regali”, “ottimi cibi e bevande” “servitori diligentissimi, medici dottissimi, i letti e i vestiti pulitissimi”.
Diffusione delle epidemie nel “Nuovo Mondo” – Con l’arrivo degli spagnoli nei Caraibi, arrivarono anche malattie come il vaiolo, il morbillo e la peste bubbonica. In popolazioni che non erano mai state esposte, queste malattie provocarono devastazioni, con percentuali di morti del 90%. All’arrivo sull’isola di Hispaniola, Cristoforo Colombo trovò una popolazione stimabile in 60.000 abitanti; nel 1548 ne erano rimasti meno di 500. I conquistadores importarono anche il vaiolo; si calcola che uccise dall’80% al 90% degli indigeni in certe regioni.
La grande peste di Londra (1665-1666) – Intanto, nel Vecchio Mondo, Pestilenza o Morte, col suo cavallo verdastro, continuava a percorrere l’Europa. e quest volta la prescelta fu Londra. La pandemia, che partì dalla Cina, propagandosi per tutta l’Asia e uccidendo circa 10 milioni di persone nella sola India, colpì la capitale britannica tra il 1665 e il 1666, causando la morte di più di un quinto dell’intera popolazione della città. Cani e gatti furono massacrati perché ritenuti la causa della malattia, ma il contagio continuò a diffondersi lungo i porti del Tamigi. I contagi cominciarono a ridursi nel 1666, in contemporanea ad un altro evento devastante: il Grande Incendio di Londra.
Via via, le grandi epidemie continuarono a flagellare il mondo periodicamente. Fra queste, ricordiamo le pandemie di colera che assaltarono l’europa durante l’800. Il colera era una malattia endemica di alcune zone asiatiche e soprattutto dell’India, segnalata già nel 1490 nella regione del delta del Gange da Vasco da Gama, sconosciuta in Europa. Nel corso dell’Ottocento tuttavia, a causa di movimenti militari e commerciali delle forze occidentali, di fatto la Gran Bretagna nel continente indiano, e dell’intensificarsi dei viaggi, il colera cominciò a diffondersi su quasi tutto il globo.
La prima delle sette pandemie di colera ebbe origine in Russia, dove morirono un milione di persone. Diffondendosi attraverso acqua e cibo infettati, il batterio contagiò anche i soldati britannici, che lo portarono in India dove morirono altri milioni di persone. La flotta britannica sparse colera anche in Spagna, Africa, Indonesia, Cina, Giappone, Italia, Germania e America. Una grande epidemia imperversò in Europa tra il 1826 e il 1837; colpì la Francia nel 1832, uccidendo quasi ventimila parigini; si sparse la voce che il Re, Luigi Filippo, avesse fatto avvelenare i pozzi.
Fra i flagelli peggiori, la peste vegliava e tra il 1855 e il 1899 scoppiò di nuovo nel mondo. La terza peste, la Yersinia pestis, diffusa dalle pulci, infuriò nelle aree di Yunnan, Canton e Hong Kong prima di dilagare. Causò 12-15 milioni di vittime; fu l’India il paese più colpito. Nel 1875 le Figi vennero devastate da una tra le più drammatiche pandemie conosciute: il morbillo. Le isole furono disseminate di cadaveri, interi villaggi morirono e furono bruciati. Un terzo della popolazione, per un totale di 40.000 persone, morí.
Nel 1889 fu la volta dell’influenza russa. La prima significativa pandemia di influenza iniziò in Siberia, per arrivare a Mosca, e poi nel resto dell’Europa, nell’America del Nord e in Africa. Il bilancio alla fine del 1890, fu di 360.000 mor️ti. Ma questo non fu ltro che un primo, drammatico campanello d’allarme per un flagello ancora peggiore che stava arrivando: la famosa Spagnola che imperversò fra il 1918 e il 1919.
L’influenza spagnola (1918-1919)
L’influenza del 1918 è una delle peggiori pandemie della storia. Sembra che l’origine fosse un’influenza aviaria, originatosi da un ospite rimasto sconosciuto. Fu ancora più grave perché si sviluppò alla fine della Prima guerra mondiale, con la popolazione dell’Europa stremata. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni; alcune stime parlano di 50 milioni di morti; quasi metà delle morti furono tra i giovani adulti di 20-40 anni. Scomparve nell’estate del 1919, quando la maggior parte degli infetti aveva sviluppato gli anticorpi.
Le pandemie del secondo Dopoguerra.
Durante gli ultimi due decenni del XX secolo e nel primo decennio del XXI la lista delle malattie nuove non ha fatto che crescere.
L’influenza asiatica (1957-1960)
Partendo da Hong Kong e diffusasi in tutta la Cina e poi negli Stati Uniti, l’influenza asiatica arrivò anche in Europa. Una seconda ondata seguì all’inizio del 1958, causando un totale stimato di circa un milione (altri dicono due) di morti in tutto il mondo. Fu causata dal virus A/Singapore/1/57 H2N2 (influenza di tipo A), isolato nel 1954. Nello stesso anno fu preparato un vaccino che riuscì a contenere la malattia; il virus dell’Asiatica scomparve, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 Hong Kong.
Sempre dall’Asia nel 1968 arrivò l’influenza di Hong Kong, un tipo di influenza aviaria, abbastanza simile all’Asiatica, che in due anni uccise dalle 700000 ai 2 milioni di persone.
L’influenza spaziale, o di Hong Kong (1968–1969)
Si sviluppò nel Sud Est Asiatico con una grande epidemia nel 1968, e lo tesso anno arrivò negli Stati Uniti. E’ un’influenza aviaria dovuta al ceppo H3N2, molto somigliante all’influenza Asiatica del 1957 causata dal ceppo H2N2.
Proprio per questo, e per lo sviluppo di anticorpi nella popolazione, in Europa fece meno vittime di altre pandemie. Si ripresentò nel 1972 e fu ribattezzata “Influenza spaziale”. Il numero stimato di decessi, secondo il Center for Disease Control and Prevention (Cdc), fu di 1 milione in tutto il mondo.
L’HIV/AIDS (1981)
Il secondo evento, verificatosi all’inizio degli anni ’80 e che ha fortemente marcato il nostro atteggiamento verso le malattie infettive, è l’emergenza della pandemia di AIDS,
Identificato nel 1981, l’AIDS distrugge il sistema immunitario di una persona, provocando la morte per malattie che il corpo di solito sarebbe in grado di combattere. L’AIDS fu osservato per la prima volta nelle comunità gay americane, ma si ritiene che si sia sviluppato da un virus di scimpanzé dell’Africa occidentale. Ad oggi, sono stati sviluppati trattamenti per rallentare il progresso della malattia, ma 35 milioni di persone in tutto il mondo sono morte di AIDS e non è ancora stata trovato un vaccino.
La Sars, acronimo di “Sindrome acuta respiratoria grave” (2002)
E’ una forma atipica di polmonite causata dal coronavirus SARS-CoV (in seguito rintracciato nei pipistrelli), apparsa nel novembre 2002 in Cina.
Il 28 febbraio 2003 il medico italiano Carlo Urbani, delegato dell’OMS viene chimato all’ospedale di Hanoi per un caso di polmonite atipica. Riconoscendo che la malattia era nuova e potenzialmente molto pericolosa, Urbani informa l’Ufficio Regionale dell’OMS, chiedendo uno stato di allerta elevato. Morirà qualche giorno dopo, il 29 marzo, vittima della malattia che aveva scoperto.
Il 26 marzo l’OMS organizza la prima «tavola rotonda virtuale» sugli aspetti clinici e terapeutici della Sars e chiede a 11 laboratori di eccellenza di creare una rete di ricerca; la rete utilizza le nuove tecnologie della comunicazione in modo da condividere rapidamente i dati clinici, i risultati dei test diagnostici, le immagini al microscopio elettronico dei virus, le sequenze del loro materiale genetico L’identificazione dell’agente causale della Sars e lo sviluppo di un test diagnostico vengono così ottenuti in solo poche settimane. Il 5 luglio l’OMS dichiara la fine dell’epidemia di Sars. L’azione mondiale contro la Sars è stata l’applicazione di una strategia messa a punto dall’OMS qualche anno prima.
La struttura che si è dimostrata particolarmente utile è stata la Rete OMS di circa 110 laboratori che scambiano informazioni per le autorità sanitarie e i 56 produttori di vaccini sui ceppi virali in circolazione.
Il successo ottenuto nell’azione contro la diffusione della Sars è stata un’importante lezione per le strategie nazionali e internazionali da seguire in caso di ‘malattie emergenti’.
La Sars è stata una vera ‘epidemia della globalizzazione’, che ha utilizzato la rapidità dei mezzi di trasporto e la mobilità delle popolazioni come mezzo di diffusione. Ha determinato circa 800 decessi. Dal 2004 (fino al 2019) non si sono più segnalati altri casi.
L’ Influenza pandemica A(H1N1)pdm09 (2009-2010)
La prima pandemia influenzale del 21esimo secolo è stata quella del 2009, chiamata, impropriamente, “influenza suina”: E’causata da un virus A H1N1, dalle caratteristiche mai prima identificate né negli animali né nelle persone. Fece la sua comparsa negli Stati Uniti e si diffuse molto rapidamente nel resto del mondo. Il tasso di mortalità era inferiore a quello della normale influenza.
Covid-19 – dicembre 2019
E ora abbiamo la seconda pandemia del mondo globalizzato, il Covid-19, causata dal coronavirus SarsCoV2. E’ proprio una pandemia: contemporanea presenza di infezioni in molteplici località, resistenza e aggressività dell’agente patogeno, facilità di trasmissione diretta, rapidità di diffusione.
Il virus avrebbe fatto il salto di specie (zoonosi) passando dal pipistrello all’uomo. Il 30 gennaio l’Oms ha dichiarato l’emergenza globale. Da sottolineare, a termine di questa carrellata, che tre quarti delle malattie infettive sono il risultato di salti di specie. Nel XXI secolo, i coronavirus hanno compiuto il salto di specie in altre due occasioni: la SARS alla fine del 2002, e la MERS nel 2012.