Periferie fisiche e sociali, la fuga delle banche: in Toscana scomparsi oltre 500 sportelli

Firenze – Nel 2019, in Toscana gli sportelli bancari si assesteranno poco sopra i 1.800 per tutta la regione. La stima la presenta la Cgil Toscana che ha fatto una valutazione sui piani industriali in attuazione o prospettati dalle banche. L’elaborazione, fatta su dati Bankitalia, vede anche alcuni comuni o ex comuni fusi con un altro, senza nemmeno uno sportello (circa 400 in tutta Italia). Risultato: qualche abitante di questi comuni, spesso anziano e magari poco pratico del mondo digitale, deve farsi anche oltre 30 chilometri per recarsi a uno sportello. Da cui diepdne, ricordiamolo, molto: dai soldi in contanti alla pensione, al pagamento delle bollette. Le cose si complicano poi se si tratta di un’azienda. Alla faccia dell’attenzione per le “periferie”.

Di fatto l’impressione è, e lo dice chiaro e tondo Daniele Quiriconi, segretario generale Fisac Cgil Toscana, che mentre si chiudono sportelli bancari e si tagliano i dipendenti, non si valuta come si allargano le periferie geografiche e sociali. I numeri del resto sono molto significativi. “In Toscana gli sportelli bancari sono calati di oltre 500 unità in dieci anni (erano oltre 2.500 nel 2008, sono ormai meno di 2mila a luglio 2018, per una diminuzione del 23%). Scenderanno poco sopra i 1.800 – per una perdita di circa altre cento unità – nel 2019 in base alle stime sui piani industriali in attuazione o in via di presentazione dalle banche. Parallelamente, i bancari in Toscana sono scesi di quasi un terzo (passando dai 31.500 nel 2008 ai 22mila nel 2018) – sono i dati elaborati dalla Cgil – oggi in Toscana alcuni comuni (o ex comuni che si sono fusi con un altro) risultano addirittura senza nemmeno uno sportello (in tutta Italia sono circa 400), mentre 33 comuni toscani negli ultimi dieci anni ne hanno visto un calo tra il 50 e il 90%”. 

Ed ecco le caratteristiche di questi comuni “abbandonati”: prevalentemente si trovano in zone montane o periferiche, hanno una popolazione per la maggioranza anziana che, oco pratica di digitale, non saprebbe usare l’home banking e, se anche lo imparasse, spesso le aree sono così impervie che parlare di banda larga e connessioni rapide appare “un simpatico scherzo”. Ed ecco alcuni di questi comuni: Castiglione di Garfagnana (Lucca), Lorenzana (che dopo la fusione fa Comune unico con Crespina in provincia di Pisa), Marliana (Pistoia), Montemignaio (Arezzo), Piteglio (che dopo la fusione fa Comune unico con San Marcello in provincia di Pistoia), Rio nell’Elba (che dopo la fusione fa Comune unico con Rio Marina in provincia di Livorno), San Godenzo (Firenze), Villa Collemandina (Lucca). “Il fatto che qualcuno di questi comuni si sia recentemente fuso con un altro – spiegano dalla Cgil – dando luogo ad una nuova realtà amministrativa nella quale attualmente è attivo uno sportello bancario, non fa venir meno l’impoverimento del territorio. E’ evidente infatti che se da due comuni montani, entrambi con propri servizi, se ne fa uno dimezzando gli stessi, il disagio aumenta. Inoltre, si tratta di comuni nei quali si è assistito di frequente al ritiro di altri presìdi di servizi”.

I piani industriali di tutte le aziende, quelli da completare e quelli annunciati, propongono nuovi esuberi e nuove chiusure – dice Daniele Quiriconi, segretario generale Fisac Cgil Toscana – tutto ciò anche nel momento in cui le principali banche italiane, come testimoniato dai dati delle semestrali, riprendono a macinare utili, dai 2,17 miliardi di Intesa ai 288,5 milioni di Mps”.

E dunque l’invito a riflettere lanciato dal sindacato è ancora più intenso, in specie se si tiene in considerazione la media europea, rispetto alla quale l’Italia vanta uno dei peggiori rapporti in Europa per la dimensione delle filiali (10,3 dipendenti contro una media dei paesi della zona euro di 13,2; la Germania è a 19,3), con numerose esperienze in Toscana di filiali con 1-2 dipendenti. 

E viene da chiedersi dopo tanta retorica sulle nostre periferie abbandonate se non sia il caso che politica e Governi che pure hanno sostenuto, tardivamente e male, il salvataggio del sistema, non possano chiedere a loro volta conto di queste scelte – dichiara Quiriconi –. Certo lo farà il sindacato a partire dal prossimo contratto e nei tanti negoziati aziendali, in relazione al fatto che i lavoratori hanno pagato un prezzo pesante fatto di riduzioni di organici, di contratti di solidarietà e aumento formidabile delle pressioni con peggioramento delle condizioni di lavoro. Non va certo bene che si chiudono gli sportelli bancari, si riducono i dipendenti ma non si valuta come si allargano le periferie geografiche e sociali. Chi abita lì va supportato e non abbandonato. Non è possibile che si debbano fare anche 20-30 chilometri per trovare uno sportello bancario”.

L’altra domanda “spontanea” che si pone il sindacato è se un modello fatto di compressione di costi, “frutto in qualche caso dei cosiddetti “Commitments” assunti con Commissione Europea e BCE, in qualche caso di scelte aziendali per aumentare i profitti dopo i disastri compiuti da un management che ancora deve pagare le sue colpe”, debba essere anche il modello del futuro.

 “Se così sarà – conclude Quiriconi – noi faremo la nostra parte per limitare i danni, ma siamo sicuri che il modello che si prefigura sia il più aderente alle necessità di credito all’impresa diffusa, tipica di realtà come quella toscana e a famiglie che, se hanno la sfortuna di vivere in aree disagiate sono letteralmente abbandonate dallo Stato e – per quel che riguarda il credito – deprivate da quanto stabilito dall’art.47 della Costituzione?”.

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