Firenze – Si investe su Amleto, si tortura Riccardo III, si manipola Otello, si tradisce Giulio Cesare, si imperversa su Lear e si strapazza Caterina alias bisbetica domata. Il mondo scespiriano, amori, passioni, intrighi e tutto quel che segue, nel suo habitat più giovanile e leggero, rimbalza a tutto ritmo e a pieni polmoni dal terremoto relazionale, maschio versus femmina (o viceversa), che fa da perno a una delle sue commedie più popolari (per via anche della versione cinematografica firmata da Zeffirelli per la rissosa coppia da copertina Burton/Taylor). Una bisbetica dunque, più o meno domata, deve essere messa in scena.
L’assilla e percuote un senso di rinnovamento e rivincita femminile. Se ne fa interprete Nancy Brilli (già vivacissima Locandiera goldoniana) che in questi giorni (fino a domenica) raccoglie consensi e applausi alla Pergola di Firenze. Questa bisbetica s’ha da fare. Ma mancano i mezzi. Non la qualità né la disponibilità degli interessati. Bisogna arrangiarsi con quel che passa il convento. E la produzione. La prova alla fine è vinta. Trasmette allegria, dinamismo emotivo, energia salutare. Gli attori colgono lo spirito dell’impresa, dialogano con l’ufficialità di Shakespeare e l’intimità con il proprio ego, sfumano l’interpretazione d’accademia e ramificano l’impianto originale in non gratuite accelerazioni da musical, fra rap sceneggiata e carosello (brillanti le musiche e gli arrangiamenti di Alessandro Nidi), calcolano i tempi della contaminazione senza strafare o approfittare del giochino facile facile per sedurre il pubblico dei nativi digitali, e sigillano il risultato con corale, affiatato cameratismo, la vita dei commedianti dell’arte, fra luci del varietà e polvere di stelle.
La trovata dell’abusato teatro nel teatro, che poteva suscitare intellettualismi di terza fascia e scatenare trabocchetti e avventurismi, resta un pedale morbido sul quale interferire e intromettersi, senza soluzione di continuità, per creare siparietti e contropiani, aggiornamenti espliciti, rammendi e cuciture con l’attualità (complice una scena secca, funzionale, senza fronzoli, coi costumi di conseguenza), un escamotage ragguardevole per continuità e freschezza, traghettato all’unisono da tutta la compagnia, dove per esuberanza e phisique du role si distingue il Petruccio di Matteo Cremon.