Firenze – Spuntano fuori, striscianti e dolenti, dalla terra feconda partoriente del grande dramma dell’esistenza umana. Oppure naufraghi abbandonati sulla spiaggia condannati a mettere in scena la rappresentazione del male e del bene, e del superamento del loro potere distruttivo grazie alla Giustizia di Zeus, grande ordinatore dell’universo.
E’ stata una grande intuizione scenica e registica quella di Luca De Fusco che nei giorni scorsi ha presentato alla Pergola la prima parte della sua Orestea, quell’Agamennone che sta alla base del messaggio etico-didascalico delle tragedie di Eschilo (ottima la traduzione di Monica Centanni) .
De Fusco è riuscito a tenere gli spettatori in una sospensione emotiva come raramente avviene nei teatri contemporanei. La lugubre cappa di paura pesa quasi fisicamente su tutti: attori, ambiente fisico, platea come bloccata negli ingranaggi di un contrasto inespresso fra quello che racconta la storia e i sentimenti profondi che agitano i personaggi.
Una grande e felice notizia: gli Achei hanno conquistato Troia e il re, l’atride Agamennone, sta tornando vittorioso alla sua terra e alla sua casa dopo dieci anni di guerra sanguinosa e senza scampo. Ma perché nessuno giubila? Perché le manifestazioni di esultanza sono così fredde e formali? E perché Clitemnestra, in nevrotico e incalzante eloquio non riesce a convincere nessuno dell’immagine che vuole dare di felice e fedele Penelope? Un grumo mostruoso pesa su questa vicenda, un grumo che va alle origini di quella famiglia (di quel ghenos), che parte dai fatti atroci commessi da Atreo e dallo stesso re di Argo che ha sacrificato la povera figlia Ifigenia per riuscire ad avere dagli dei il favore dei venti.
Finalmente arriva Agamennone, anche lui “naufrago” dell’esistenza che si materializza dal profondo della terra. L’incontro con la sposa si risolve in un battibecco sull’opportunità di entrare nel palazzo camminando su un tappeto rosso. Che novità sono queste? Può un signore sobrio e parco, un vero re pastore arcaico, accettare quelle che gli appaiono mollezze e ostentazioni che possono alienargli il favore del suo popolo?
Lo stridente contrasto fra apparenza e verità, che è un complesso di colpe antiche e malizie contemporanee, si scioglie con violenza drammatica. L’Atride ha portato con sé come schiava la figlia del re di Troia, Cassandra l’occhio e la bocca di ciò che sta realmente accadendo alla corte di Argo, l’indovina, la profetessa di sventura. La Pizia in trance delfico attraverso la quale si scarica quel contrasto e che pagherà con la vita la sua infelice missione.
Ciò che tutti nel loro intimo sapevano, accade. Clitemnestra aiutata dal suo amante Egisto, cugino di Agamennone, uccide i due reduci. Il velo si squarcia, ma lei sostanzialmente si sente la stessa di prima: la sua mano è stata guidata dalla Giustizia: “Io sono l’antico acerrimo demone vendicatore di Atreo che me ripagò della cena orrenda sacrificando quest’uomo a vendetta dei figli giovinetti”.
Con una miscela riuscita di musica, danza, effetti tecnologici e movimento degli attori, De Fusco è riuscito a rendere diretto il messaggio di Eschilo, anche per quegli aspetti della transizione politica che stava avvenendo negli anni della scrittura della tragedia e che sono espliciti nelle strofe del coro e del suo corifeo.
In questo è stato assistito da una eccellente compagnia di attori: Mariano Rigillo è Agamennone, Elisabetta Pozzi interpreta Clitemnestra, Gaia Aprea è Cassandra, Giacinto Palmarini è Oreste. E bisogna dire che in un contesto di spettacoli, fiction e sceneggiati cinematografici e televisivi dove è andata perduta la grande professionalità scenica italiana, è un vero godimento ascoltare attori così bravi.
Ora aspettiamo Oreste, l’ultimo anello della catena dei grandi delitti. Martedì 2 febbraio andranno in scena Le Coefere e le Eumenidi, quando, come si augura il corifeo nella prima tragedia, prevarrà la regola della saggezza voluta da Zeus e si verrà a determinare una società ordinata secondo quella regola divina.
Agamennone (26 – 31 gennaio: feriale ore 20.45, festivo ore 15.45)
Coefore / Eumenidi(2 – 7 febbraio: feriale ore 20.45, festivo ore 15.45)
di Eschilo
traduzione Monica Centanni
con Mariano Rigillo (Agamennone), Elisabetta Pozzi (Clitemnestra), Angela Pagano (Prima Corifea), Gaia Aprea (Cassandra, Atena), Claudio Di Palma (Araldo, Apollo), Giacinto Palmarini (Oreste), Anna Teresa Rossini (Pizia), Paolo Serra (Egisto)
e con Fabio Cocifoglia (Secondo Corifeo), Paolo Cresta (Quarto Corifeo, Servo), Francesca De Nicolais (Seconda Corifea), Patrizia Di Martino (Cilissa, Nutrice), Gianluca Musiu (Terzo Corifeo, Pilade, Hermes), Federica Sandrini (Elettra), Dalal Suleiman (Terza Corifea), Enzo Turrin (Sentinella, Primo Corifeo)
e con le danzatrici della compagnia Körper Chiara Barassi, Sibilla Celesia, Elena Cocci, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Rossella Fusco
scene Maurizio Balò
costumi Zaira de Vincentiis
coreografie Noa Wertheim
musiche Ran Bagno
luci Gigi Saccomandi
suono Hubert Westkemper
adattamento vocale Paolo Coletta
video Alessandro Papa
regia Luca De Fusco
Foto: Mariano Rigillo e Elisabetta Pozzi_ ph. Fabio Donato