Firenze – La storia di Barry Lyndon ispirò nel 1975 a Stanley Kubrick un film capolavoro che mise a fuoco le tendenze di una società occidentale inclinata sempre di più all’individualismo edonistico del decennio successivo. Lo stesso racconto tratto dal romanzo di William Makepeace Thackeray ha dato lo spunto a un esperto e creativo uomo di spettacolo come Giancarlo Sepe per una pièce che riflette la sensibilità dell’umanità in crisi del terzo millennio.
Merito del Settecento secolo della ragione al servizio non solo della conoscenza, ma anche dei meccanismi più o meno onesti di affermazione sociale della nuova classe borghese in ascesa, fondatore dell’uomo nuovo, avventuriero senza dogmi né rispetto.
Come è diventato oggi questo arrampicatore, in qualche modo innocente nella sua scalata sociale e incapace, una volta raggiunto lo scopo, di affrontare gli effetti collaterali di questa pulsione inarrestabile? “Un creatore di sogni”, come dice il sottotitolo dello spettacolo andato in scena ieri sera alla Pergola, il protagonista di una girandola di esperienze nelle quali tutto è reale e irreale allo stesso tempo, come nei sogni, dove predomina la causalità e le macchinazioni umane funzionano solo per l’attimo fuggente.
Ciò che resta di autentico è la sofferenza e la morte di fronte alla quale quell’uomo così sicuro della sua intelligenza e della sua fortuna appare del tutto indifeso. A conclusione del succedersi travolgente di fatti, guerre, duelli, amori, truffe, fughe e tradimenti, Barry racconta i drammi della maturità come stordito dalla durezza della punizione inevitabile. La sua unica grandezza consiste nel fatto che è perfettamente consapevole della verità che sta dietro parole e comportamenti: “Ditemi se esiste qualcun altro disposto a confessare la verità”, dice il protagonista rivolto al pubblico parlando del suo piano per sposare la Contessa di Lyndon.
Rispetto al modello da cui è partito, il film di Kubrick, Sepe torna al romanzo di Thackeray scritto in prima persona (Le memorie di Barry Lyndon), recuperando dunque la sottile trama didascalica che lascia qualche spazio alla redenzione finale del protagonista.
Lo spettacolo si apre con la sarabanda di Haendel, omaggio al film fonte ispiratrice, che accompagna la sarabanda chiassosa e variopinta dei dodici personaggi della vita di Barry, che lo seguono e perseguitano per tutto lo svolgersi dell’azione, come i fantasmi di un sogno (la notte è libertà) dal quale la vita si incarica di risvegliare lo sventurato.
Nel Barry Lyndon prodotto dall’Associazione Teatro La Comunità 1972, Teatro di Roma che ha degnamente concluso la stagione 2018/2019 del Teatro della Pergola c’è tutta la grande esperienza di Sepe con tante soluzioni ispirate alla grande storia teatro (dal cabaret, al musical, da Brecht al classico d’attore). Le scene e i costumi che o hanno egregiamente assistito sono di Carlo De Marino.
Teatro della Pergola fino al 14 aprile.
Foto di Salvatore Pastore