Firenze – Sarà pure corretto definire Eleonora Duse la prima attrice del secolo scorso e Sarah Bernhardt l’ultima attrice del XIX secolo, ma la “divina” studiata e interpretata da Laura Morante è sicuramente una grande anticipatrice della modernità. Con le sue eccentricità, il “serraglio” dei suoi uomini, i suoi animali esotici, le sue fragilità, Sarah ci introduce nel mondo della genialità femminile e della sua volontà di affermazione al di sopra delle convenzioni e delle definizioni che congelano gli spiriti veramente liberi.
Così Laura Morante è andata alla ricerca di tutti quegli elementi della vita di Sarah che la rendono anticipatrice dei temi ultimi di fronte ai quali si trova l’umanità di oggi: lei, la prima vera diva del teatro di prosa li ha sperimentati su se stessa subendone la forza destabilizzante, ma domandola grazie all’inesauribile energia che le fece affrontare rovesci del destino come i fallimenti finanziari e l’incidente che le fece perdere una gamba.
E’ un’esperienza di grande teatro attoriale quella che vive lo spettatore di “Io Sarah, Io Tosca”, l’atto unico in tre quadri che l’attrice/autrice/regista di Santa Fiora presenta alla Pergola in questi giorni. L’idea dell’autrice è quella di svelare la personalità di Sarah nel confronto con uno dei personaggi che la resero celebre “la Tosca” che Victorien Sardou scrisse pensando a lei e che andò in scena per la prima volta il 24 novembre 1887 a Parigi. Floria Tosca era il terzo personaggio dopo Fedora e Théodora del connubio artistico fra i due.
Il monologo, sottolineato dai commenti sonori e musicale al piano da un’osservatrice (Chiara Catalano) coinvolta emotivamente dalle parole e dagli umori cangianti della protagonista, si svolge in tre momenti della preparazione dello spettacolo: l’inizio delle prove, due settimane dopo, e il giorno della prima.
Certo Tosca è un personaggio congeniale per le sue due interpreti: eroina dell’amore, assassina per amore atrocemente beffata nel suo fine di salvare l’amante. Stupendo il momento in cui Laura/Sarah prova l’omicidio di Scarpia. Ma il personaggio del dramma di Sardou ha un ruolo limitato ed è come un punto di partenza per andare alla scoperta della diva parigina: “Più andavo avanti nella mia esplorazione – scrive la Morante – più mi convincevo che il confronto fra Sarah e Tosca, attraverso la dialettica in gran parte misteriosa e inconscia che sempre si crea fra un personaggio e l’attore che lo interpreta, poteva operare un progressivo e affascinante disvelamento della personalità di Sarah stessa, che gelosia, passione, rabbia, devozione, ribellione non appartenevano solo alla finzione del dramma di Sardou, ma anche alla sua prima magistrale interprete”.
Lasciamo dunque Tosca al teatro dell’opera e lasciamoci trasportare dalle battute, i commenti salaci, le storie d’amore che finiscono (quasi) sempre in forti amicizie, le battaglie legali, le polemiche feroci e i conflitti anche fisici (schiaffeggiò una collega e venne licenziata). Che era poi l’ordinaria vita nell’ambiente teatrale parigino della fine dell’800.
La Sarah Bernhardt di Laura Morante è una donna tenace e coraggiosa alla quale il teatro ha insegnato l’aleatorietà dell’esistenza, il suo alternare successo e caduta, ricchezza e indigenza. Amore e morte l’accompagnano nella sua ansia di vivere al centro della scena. La “danse macabre” che balla con uno scheletro beffardo e accondiscendente è la metafora dell’intera sua vita.
La regia di Daniele Costantini, le scene di Luigi Ferrigno e i costumi d’epoca di Agata Cannizzaro sottolineano con discrezione la convincente interpretazione di Laura Morante.
Fino al 14 novembre
Foto di Ada Masella