Pergola: “La commedia della vanità”, Longhi porta in scena Elias Canetti

Firenze – Al Teatro della Pergola, da mercoledì 19 a domenica 23 febbraio, Claudio Longhi porta in scena Elias Canetticon La commedia della vanità,una delle opere meno conosciute e più attuali del grande autore premio Nobel. 23 attori e 2 musicisti restituiscono al pubblico tutta l’urgenza e la profondità, ma anche il divertimento, del testo di Canetti, che descrive un mondo distopico nel quale sono banditi tutti gli specchi e i produttori degli stessi sono messi a morte. Ma a venir distrutta non è l’autocelebrazione, è l’idea stessa di identità: sullo sfondo l’incubo di una dittatura nascente acclamata a gran voce dalla massa.

«Il palcoscenico va verso il pubblico – afferma Claudio Longhi – ­a ricercare un rapporto forte con ­la platea, attraverso una struttura tipica delle passerelle che aggettano dal palco verso la sala. Questo è figlio del teatro di rivista. Il modello dell’avanspettacolo, di quel teatro di varietà nella sua forma primordiale, è il mondo da cui siamo partiti per raccontare questa avventura intrisa di ironia e di satira».

Claudio Longhi, in forte continuità, concettuale più ancora che stilistica, con alcuni dei suoi ultimi lavori, come La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht (2011), Il ratto d’Europa (2013) e Istruzioni per non morire in pace di Paolo Di Paolo (2016), accumunati tutti da una riflessione sull’idea di Europa nel nostro presente e nei primi anni del secolo scorso e sui rischi di uno sbandamento dittatoriale, porta in scena Elias Canetti, lo scrittore premio Nobel per la Letteratura nel 1981, che con la sua voce ha segnato profondamente il Novecento.

La commedia della vanità getta uno sguardo politico sull­a realtà che viviamo, attraverso il recupero della storia dell’Europa, ma anche attraverso il confronto con le grandi voci della tradizione culturale del nostro continente. Lo spettacolo, diviso in tre parti con un salto temporale di una decina di anni ciascuna, vede in scena 23 attori – Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Agaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi, 13 diplomati alla Scuola Iolanda Gazzerro di Emilia Romagna Teatro Fondazione Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana – 2 musicisti, Renata Lackó (violino) e Sándor Radics (cimbalom). La traduzione è di Bianca Zagari, le scene sono di Guia Buzzi, i costumi di Gianluca Sbicca, le luci di Vincenzo Bonaffini, il video è di Riccardo Frati, il drammaturgo assistente è Matteo Salimbeni, l’assistente alla regia Elia Dal Maso, l’assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo, la preparazione al canto è di Cristina Renzetti, il trucco e le acconciature sono di Nicole Tomaini.

La commedia della vanità, scritta per il teatro fra il 1933 e il 1934, pubblicata solo nel 1950 e rappresentata per la prima volta nel 1965, descrive un mondo distopico nel quale un editto bandisce tutti gli specchi e i produttori degli stessi sono messi a morte. Prendendo spunto dal rogo dei libri avvenuto il 10 maggio 1933 a Berlino, Elias Canetti immagina un grande fuoco di ritratti, foto e specchi. La massa accoglie inizialmente con entusiasmo questo divieto, per poi scoprire, dopo diversi anni, che a essere distrutta è l’idea stessa di identità più che l’autocelebrazione. Dialetti, sgrammaticature, lirismi, si intrecciano sulla scena, precipitando lo spettatore in una torre di Babele caotica e avvolgente.

Nella sua versione integrale, il copione avrebbe dato luogo a uno spettacolo di circa sette ore. Longhi ha lavorato a una sorta di “riduzione in pianta”, senza intaccare la struttura drammaturgica, né trasporre o attualizzare la vicenda; l’unico grande intervento si riassume in una scelta di “drammaturgia seconda” oppure, si potrebbe dire, di scrittura scenica. In maniera evidente, alcune figure del testo incarnano i possibili diversi stadi di evoluzione del potere: si tratta di Joseph Barloch, Joseph Garaus e appunto Föhn. Per esplicita indicazione dell’autore, la fisionomia dei primi due è identica; più di una scena del testo argomenta questo continuo atto di riconoscimento reciproco, istituendo il gioco dello specchio.

Una produzione ERT Fondazione, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana, LAC Lugano Arte e Cultura, nell’ambito del progetto “Elias Canetti. Il secolo preso alla gola”.

Foto: La commedia della vanità  (ph. Serena Pea)

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