Regìa: Paolo Genovese
Top star de noantri: Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alba Rohrwacher
Italia 2016
Finalmente un bel film horror italiano. Come dite, “Perfetti sconosciuti” non è un film horror? Lo è invece. Chiedete a chi è sdraiato sulla sua relazione, a chi è convinto di essere più furbo del proprio partner, a chi nemmeno si preoccupa di conoscerla a fondo, la persona che ha di fianco. Gronda sangue peggio della Passione di Mel Gibson, questo “gioiellino” del quasi mai banale Paolo Genovese, che però non resiste alla tentazione – nel finale – di ritirare almeno un po’ la mano dopo aver rotto un tot di vetrate.
In realtà si tratta dell’ennesima variante di una resa dei conti tra presunti amici – tanti sono gli esempi nella storia del cinema che non li citiamo per risparmiare tempo e spazio – la variante è che il massacro è inserito in piena epoca social, utilizzando la tecnologia come cavallo di Troia. Lascereste il vostro telefonino a disposizione di coniuge e amici più stretti? I protagonisti del film per fortuna lo fanno, regalando a noi del Bar De Curtis, quasi tutti single e nostalgici del telefono a gettone, un’ora e mezzo di perversa goduria.
La cattiveria attraversa lo schermo, il politicamente scorretto è a tavola (“I froci pensano che siano tutti froci”), la sceneggiatura e i dialoghi ispirati, il cast azzeccato. Dai tempi del finale di “Funny Games” non provavamo un’esaltazione nichilista del genere.
Regìa: Sergio Rubini
Top star de noantri: Fabrizio Bentivoglio, Sergio Rubini
Italia 2015
E certo che ne dobbiamo parlare: è nata prima la sceneggiatura di “Perfetti sconosciuti” o di “Dobbiamo parlare”? Là i telefonini messi in “piazza”, qui un telefonino spiato. L’effetto è lo stesso: veleni e crisi. Ha più ritmo “Perfetti sconosciuti” grazie ai sette protagonisti, ma qui c’è uno strepitoso Fabrizio Bentivoglio, luminare-cafone della chirurgia; in più Rubini, invecchiato malissimo (ma quanti anni ha? Ottanta?) se vogliamo rompe qualche vetrata in meno di Genovese, ma non ritira la mano e anzi si congeda con il sasso impugnato in bella vista. Picchia duro sulle abitudini, sulle cose dette alle spalle (“Diventate adulti, imparate a dire qualche bugìa”) e si domanda se ci sia rimedio alla delusione, nella vita di coppia. Insomma, roba buona. Ci sarebbe da sistemare la faccenda del chi ha scopiazzato chi, ma in fondo preferiamo tenerci stretti due bei film horror italiani.
L’esigenza di unirmi ogni volta con te
Regìa: Tonino Zangardi
Top star de noantri: Claudia Gerini
Italia, Francia 2015
Ma chi l’ha fatto entrare Tonino? Chi l’ha invitato? “Questa rubrica si chiama Sconsigli Per La Visione – obietta l’ultimo fenomeno entrato a far parte del Bar De Curtis -, è nata per stroncare, non per incensare. Ultimamente ci sono solo promossi: Tarantino, Allen, Verdone, ora pure Genovese e Rubini, non se ne può più di tutto questo buonismo”.
Tonino è un rompiscatole, però ha ragione.
Rimediamo subito: non può essere peggio del titolo “L’esigenza di unirmi ogni volta con te”, abbiamo pensato quando ci è capitato a tiro questo film. Invece sì.
Claudia Gerini sussurra, fa la ragazzina e lancia sguardi languidi a Marco Boccioni (chi?): “Aiutami, non mi cercare più”. Lui gioca a fare il tenebroso, con lo sguardo perso nel vuoto e l’animo tormentato.
Lui: – Perché piangi?
Lei: – Perché sto per tradire mio marito e non l’ho mai fatto.
Anche a noi viene da piangere, per il motivo che potete immaginare. Disagio. Imbarazzo. Sembra di spiare un provino. L’impegno non è in discussione, la Gerini desnuda è un bel vedere, ma ci limitiamo a dire che se fosse un film straniero lo faremmo a brandelli senza tanti convenevoli.