La storia del pensiero scientifico occidentale e il lungo cammino della ricerca scientifica sono stati tracciati da grandi “eretici” le cui teorie si sono poi rivelate giuste. Quelli che un tempo furono giudicati folli per le loro tesi, sono coloro che poi hanno cambiato il mondo. Così era ieri e così è ancora oggi. Un tempo li torturavano, li bruciavano o, nella migliore delle ipotesi, li scomunicavano. Adesso, più semplicemente, non fanno più carriera, perdono il posto, la cattedra o la nomination per il Nobel. Per fortuna anche oggi c’è ancora chi ha il coraggio di andare controcorrente.
Pasteur e Koch non erano ancora comparsi sulla scena, ma le conclusioni di un giovane medico contribuirono a salvare la vita a migliaia di donne. “E’ il medico che fa ammalare le pazienti”, fu la conclusione del dottor Ignaz Philipp Semmelweis (Budapest, 1818 – Vienna 1865).
Questo medico ostetrico ungherese, la cui vicenda ispirò racconti, romanzi, tesi universitarie e anche un libro di Céline, durante il periodo in cui esercitava la professione nella clinica ginecologica di Vienna, capì che l’altissima mortalità per febbre puerperale che si registrava tra le partorienti era dovuta a una infezione trasmessa alle pazienti dalle mani dei medici e degli studenti di medicina che, dalla sala dove praticavano le autopsie, si recavano poi a visitare le gestanti o le puerpere.
Bastò che Semmelweis imponesse agli studenti una scrupolosa pulizia delle mani e la disinfezione con un antisettico, per far crollare di colpo l’indice di mortalità dovuto a febbre puerperale, nel settore da lui diretto, dal 12,2% allo 0,5%, contro il 33% del reparto viennese diretto dal professor Klein, che all’epoca era ormai tristemente nominato “La Clinica della morte”. Per questo motivo Semmelweis fu soprannominato il “salvatore delle madri”. La sua era un’osservazione empirica ma giusta: a quel tempo infatti i medici e studenti non usavano i guanti e passavano dalla sala delle autopsie alla sala parto senza mai lavarsi le mani. Un’intuizione semplice, ma i colleghi la presero come un insulto e un grave affronto. Gli stessi medici esterni e i più grandi professori dell’epoca, anziché incoraggiare il metodo di Semmelveis, lo attaccarono e lo osteggiarono in tutti i modi, obbligandolo a lasciare Vienna dove fu costretto a passare il resto della sua vita escluso dalla comunità scientifica. Ormai non poteva più varcare la
soglia di un ospedale senza sentirsi insultato o deriso dagli stessi medici e studenti. La pratica di disinfettarsi le mani venne considerata superflua, scomoda e da abbandonare. Perseguitato, il “medico dalle mani pulite” subì ogni sorta di angherie, dalla perdita del posto sino all’internamento in manicomio dove subì anche indicibili umiliazioni e impietose percosse. Così Ferdinando Von Hebra – riferendosi all’incomprensione dei medici verso la scoperta di Semmelweis – disse: “Quando si farà la storia degli errori umani, difficilmente si potranno trovare esempi di tale forza. E si resterà stupiti che uomini competitivi e altamente specializzati, potessero – nella propria scienza – rimanere così ciechi e stupidi”.
Sono passati molti anni da quell’epoca e i progressi nella sterilizzazione dei materiali e dell’accurata disinfezione delle mani ha fatto passi da gigante. Ancor più nell’ultimo periodo in tutti gli ospedali è in atto una campagna di sensibilizzazione per gli operatori sanitari e per i visitatori. Nelle stanze di degenza, nelle sale d’attesa, nei corridoi sono affissi cartelli con le precise indicazioni per una corretta igiene delle mani che prevede il lavaggio accurato con acqua e sapone e la disinfezione tramite soluzioni alcoliche esposte in bella mostra per un uso immediato. La prassi è fondamentale per limitare il diffondersi delle infezioni ospedaliere tra i malati o per gli stessi parenti. I germi presenti in ospedale sono particolarmente pericolosi perché spesso sono resistenti ai comuni antibiotici. Ancora una volta una semplice pratica di pulizia personale è sufficiente a evitare guai seri. Le infezioni ospedaliere sono un pericolo incombente e in incremento e, accompagnate all’aumento dello sviluppo delle resistenze batteriche, creano una miscela esplosiva che potrebbe diventare la nuova emergenza nel mondo sanitario.