Non si può sedurre il futuro attraverso bocconi inesatti. E’ come sfamarsi a stento, afferrare una briglia sciolta e abbozzare un ideale scaduto. Un pressapochismo di maniera aleggia per il continente in preda alla crisi. Di quale crisi si tratti se ne dovrebbe discutere meglio. Economica, certo. Ma per nulla avulsa dalle scelte dell’Uomo. Che non è animale. Ergo ragiona.
La dote tipicamente umana del discernimento andrebbe utilizzata. Per crearsi una coscienza critica, per evitare discorsi straripanti di retorica e poc’altro. I vocabolari e i libri esistono per essere sfogliati e il mondo aspetta di essere scoperto. E’ proprio la crisi del comprendere quella che attanaglia il nostro presente. Mai che sia messa in dubbio la responsabilità morale e civile del Paese.
L’economia è il monstrum, la cultura il suppellettile. Manca l’abitudine al confronto, all’analisi e alla ricerca. Qualsiasi notizia, una volta pubblicata, è presa per vera. Le menti non sono altro che spugne silenti che assorbono ogni tipo di spicciola aneddotica. L’inesattezza è sulla bocca di tutti, sacri e profani. L’ignoranza padroneggia tra agnellini travestiti da leoni. Ebbene sì, tutti oggi hanno la presunzione di comprendere e poco sanno.
Si cita senza fonti, si giudica senza conoscere, si pensa di poter cambiare il mondo senza sapere chi siamo. Da tale premessa è lecito arrivare alla conclusio del sillogismo: un paese inconsapevole fa scelte inconsapevoli e soffre. D’altronde rimanere in balìa del dubbio ci espone troppo alle intemperie di un mondo in divenire. Eppure sarebbe fondamentale cogliere le metamorfosi sociali e politiche, capire che quotidianamente abbiamo sotto gli occhi contesti provvisori. Ci aiuterebbe a comprendere la necessità di mettersi in discussione e tendere l’orecchio.
E riporterebbe il continente al dialogo. Forse concetto che dall’epoca socratica si è assai intossicato di germi. Sembra che oggi dialogare significhi elevarsi al rango di moderato codardo. Sembra quasi necessario vedere Piazza San Giovanni infuocarsi di violenza. Un teatro di burattini che funge da Parlamento ha perso il contatto con il popolo che dovrebbe rappresentare. Migliaia di italiani navigano nell’illusione di poter cambiare il mondo a suon di tamburi indignati e blocchi neri. Entrambe le parti mancano di consapevolezza e di umiltà. Il mondo vacilla perchè ha smesso di indagarsi.