La riforma delle pensioni è stata adottata ma la rabbia non passa. Anzi è aumentata come si è potuto constatare dalla fortissima mobilitazione che ha fatto scendere in piazza migliaia di persone in tutto il paese.
Organizzate dall’intersindacale, le manifestazioni hanno coinvolto secondo i sindacati 3,5 milioni di persone tra cui poco meno di un milione nella capitale e poco più di un milione secondo i dati del ministero dell’interno. Cifre impressionanti se si pensa al nono giorno di mobilitazione dall’inizio dell’iter parlamentare della riforma che era stato indetto quando ormai era diventato inutile far pressioni sul governo per ritirare il testo.
A favorire il successo della mobilitazione aveva contribuito però lo stesso presidente Emmanuel Macron con un’intervista alla vigilia dello sciopero generale invece di placare gli animi li aveva attizzati contro di lui. Secondo un sondaggio il suo intervento era stato «controproduttivo » tanto è vero che il 71% dei francese è rimasto convinto che non capisce le loro preoccupazioni, il 70% che non prende la misura della gravità della situazione, e peggio ancora il 79% che non lo trova rassicurante e il 78 né umile né modesto.
Il 67% poi ritiene che il movimento deve andare avanti anche se i rischi di radicalizzazione preoccupano con il 91% che teme violenze la cui responsabilità viene attribuita comunque da sette francesi su dieci al governo che non ascolta i manifestanti pacifici. Purtroppo a margine dei cortei che avevano sfilato pacificamente alcuni gruppi hanno confermato questi timori, sopratutto a Parigi dove sono stati provocati ingenti danni, con cassonetti incendiati e vetrine infrante soprattutto vicino all’Opera.
Il bilancio è stato di circa 200 fermi e 150 agenti feriti. Un bilancio cui i sindacati avrebbero volentieri fatto a meno perché rischia di nuocere al movimento che intende andare avanti fintantoché il governo non dia segni di ascoltare il profondo malessere del paese. Malessere che sembra ormai largamente condiviso anche dai giovani. A protestare contro la legge, ma anche e soprattutto contro il presidente Emmanuel Macron, è confluita una marea di giovani, preoccupati per il loro avvenire precario in un paese che a loro avviso non si occupa di loro né del futuro della terra. La manifestazione di ieri si era in effetti trasformata in una specie di plebiscito anti Macron un presidente ritenuto arrogante se non addirittura sprezzante nei confronti della gente verso cui non sembra nutrire alcuna empatia.
Emmanuel Macron è stato eletto democraticamente ma è stato battuto politicamente: è uno dei leitmotiv ripetuto in questi giorni in Francia per spiegare la profonda crisi politica e sociale che sta scuotendo il paese e che rischia ora anche di diventare istituzionale. In effetti il modo con cui il presidente ha gestito la riforma delle pensioni non sembra tener conto né che la sua rielezione è avvenuta più per default che per entusiasta convinzione né della sua promessa di un secondo mandato al’insegna del dialogo e dell’ascolto.
Sempre più isolato, indebolito dalla risicata maggioranza che lo sostiene in parlamento, Macron ha voluto forzare il passaggio di una riforma unanimamente, o quasi, contestata. Anzi profondamente avversata . Dapprima per i contenuti – e in particolare il portare l’età legale della pensione da 62 a 64 anni entro il 2030 – poi anche per le modalità adottate dal governo per far passare la legge ritenuta necessaria per assicurare la pensione alle generazioni future.
Mancanza di dialogo con le parti sociali, pessima comunicazione sulla riforma, il ricorso dapprima all’articolo 47.1 della Costituzione che blocca a 50 giorni il dibattito parlamentare e poi al 49.3 che fa passare una legge senza il voto hanno però trasformato la riforma in una bomba le cui conseguenze sono al momento imprevedibli. Anche perché il sollevamento contro la riforma si innesta su un malessere profondo che si era già`manifestato con i gilet jaunes e poi messo tra parentesi dagli anni Covid.
Ora con l’inflazione in aumento e un potere d ‘acquisto in picchiata, una guerra alle porte e problemi climatici che impatteranno sulla loro vita, la situazione si è fatta incandescente anche a causa della crescente frattura tra la gente e l’élite al potere. La gestione verticale esercitata da Macron non fa quindi che esasperare gli animi e porre anche interrogativi sulle istituzioni della V Repubblica che conferiscono al capo dello stato un potere senza adeguati contrappesi. E con il ricorso al 49.3 per una riforma così impopolare ha dimostrato che non ha rispetto né per il parlamento né per la gente.
Secondo alcuni commentatori, la riforma è stata prima di tutto presentata al momento sbagliato, dopo tutte le costrizioni imposte dal Covid, quando la gente voleva riacquistare il senso di libertà senza nuove imposizioni, come quella di lavorare due anni di più. Le ragioni finanziarie dal governo erano a loro avviso irricevibili per i francesi dopo che Macron con le sue misure anti pandemia aveva fatto esplodere il debito pubblico senza pensare alle generazioni future. Ad aggravare poi la diffidenza era il sospetto che a spingere la riforma fossero le agenzie di rating e la necessità di risparmiare per ridurre il debito. Va infine rilevato che la Francia, fiera dei diritti sociali acquisiti, è pronta a battersi più di altri paesi per preservarli anche se con il passare del tempo alcune modifiche potrebbero sembrare accettabili.
Su cosa succederà ora nessuno si azzarda a fare pronostici. Macron ha chiaramente detto che la legge verrà promulgata, sempre che il Consiglio costituzionale non la bocci. Secondo gli osservatori dal punto di vista giuridico potrebbero anche farlo ma politicamente sarebbe una decisione pesante che probabilmente i Saggi non se la sentiranno di prendere, limitandosi forse a depennare alcune misure collaterali.
Il Consiglio dovrà anche pronunciarsi sul progetto di referendum che gli verrà presentato per abolire la riforma ma che la complessità delle regole previste rendono molto ipotetico. Tra le ipotesi che circolano vi è anche quella di un rimpasto del governo che è riuscito a evitare per pochissimi voti una mozione di censura. La mobilitazione intanto va avanti.
In foto Emmanuel Macron