Pensioni: guerra tra generazioni disperate

C’è un vecchio proverbio non ricordiamo se siciliano o addirittura arabo che ha il pregio di avere addirittura più di un significato, e che suona più o meno così: dove uno fa la fame, un altro si ingrassa. A seconda dell’inclinazione adiposa di ciascuno, può essere interpretato come: “C’è chi è così parco da sapersi accontentare e trovare fortuna dove gli altri, viziati, muoiono di stenti”, oppure “C’è chi si ingrassa sulle disgrazie altrui”.

Nel nostro Belpaese, per quanto tutti e due i significati possano essere variamente possibili, il secondo è senza meno quello che va per la maggiore, in molti e svariati campi. Prendiamo ad esempio uno tra i campi più curiosamente seminati di tutti i tempi: quello della Previdenza Sociale. Roba che neanche il Campo dei Miracoli di collodiana memoria. Tre generazioni fa, alla voce “Pensione” i vostri nonni avrebbero messo la croce sulla casella “Cos’è?; la generazione successiva, su “Sì, eccoci”; quella dei nostri genitori su “Presto e volentieri!”, mentre la nostra ha come rito di riconoscimento la frase “Chissà se la vedremo mai” (che poi è un refrain che si applica a tante diverse situazioni), e i nostri figli sono tornati ab ovo: “Cos’è?”. Il fatto è che la cultura degli italiani in tal senso è poco meno che assente, le notizie molte e ben confuse, spesso date con toni poco meno che allarmistici, e che si prestano, in assenza di spiegazioni concrete, ad una ridda di interpretazioni sempre più tristi e sconce. Non che la materia, già di suo, sia chiara, rappresentando un mistero più fitto dell’ultimo tra quelli di Fatima.

Non c’è forse un uomo, in Italia, che negli ultimi anni non abbia lanciato aspri strali all’indirizzo della Fornero (si ha notizia di uno, ma pare fosse lei, travestita alla bisogna). Eppure, non uno che abbia in effetti compreso come, per amara che fosse, rappresentasse uno dei pochi appigli ai quali aggrapparsi prima di scivolare nel default che noi sopporteremmo molto peggio di Paesi che già da un po’ non hanno una economia reale, se non sui Social. Si allunga l’età pensionabile? Certo, è terribile. E con ciò? La pensione non è un gratta e vinci perpetuo, anche se capiamo che 50 anni di utilizzo in questi termini, specialmente per mano di certe fasce di lavoratori, possa aver dato questa idea.

Le scelte impopolari di questo genere hanno già salvato la ghirba, prima di noi, a quasi tutti i Paesi del Primo Mondo, con sempre meno figli, sempre più creativi che non versano una cippa e sempre più anziani disperati e soli con pensioni risibili; 4, 5 anni fanno la differenza, sul lungo termine. Per non dire della farsa degli esodati: basta una mancia al datore di lavoro per dire che, sì, ti aveva licenziato un mese prima, per crearne un altro pronto a cercar di percepire doverosi indennizzi. In un Paese di furbastri non puoi lasciare certe libertà. In ogni caso, scordatevi la Fornero e scordatevi i tanti salti generazionali fin qui prospettati, perché sull’onda di una finanza pubblica sempre più creativa e di quella continua campagna elettorale che stiamo vivendo, le fasi di cui sopra si susseguiranno tutte, senza posa, anche sei o sette volte in futuro nella vita di ciascun individuo; ieri andavi in pensione a 75 anni per fare cassa, domani ti ci mandano a forza a 50 per liberare posti di lavoro, e così via, senza fine, ciascuno con la speranza di prendere la finestra giusta anziché buttarsi dal terzo piano.

Su tutto, immancabilmente, l’ombra del racket dei fondi pensione alternativi, un mercato da decine di miliardi di Euro in cui tutti, assicurazioni, sindacati, associazioni padronali, forze politiche aspettano di infilare le zampette nel momento in cui riusciranno a devastare definitivamente l’INPS; progetto in cui, fino ad ora, hanno avuto scarsa fortuna. Per cui, insistono, con regolarità e perseveranza.

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