Firenze – Lavori gravosi e usuranti, ad ora gli agricoltori non rientrano in tale categoria. E dunque, la Cia-Agricoltori italiani chiede con forza che questa evidente dimenticanza venga al più presto recuperata. L’estensione, si legge nella nota dell’associazione agricola, riguarderebbe i Coltivatori diretti e Imprenditori agricoli professionali (Iap), che ora sono esclusi. E così la Cia-Agricoltori Italiani entra a piè pari nel dibattito aperto sulle pensioni con il Governo.
La critica si allarga anche al tema dell’aspettativa di vita: la Cia si oppone al criterio usato dalla legge Fornero per portare l’età pensionabile a 67 anni dal 2019. “Il metodo utilizzato ha già mostrato le sue contraddizioni, non tenendo conto per esempio di anni come il 2015, in cui la speranza di vita è invece diminuita – dicono dalla Cia – questo meccanismo assurdo porterà inevitabilmente ad alzare l’età minima delle pensioni di vecchiaia a livelli assolutamente insostenibili, con ripercussioni sia sulla popolazione anziana sia in termini di ricambio generazionale. Questo finirà per pesare soprattutto sugli agricoltori, dove il turn-over nei campi è tuttora fermo al 7%”.
Infine, ma non ultima in termini d’importanza, al di là della discussione in atto sulle pensioni, l’associazione mette sul piatto la questione degli assegni pensionistici degli agricoltori italiani, che restano tra i più bassi d’Europa. “Per questo – concludono dalla Cia – in vista dell’iter in corso di approvazione della legge di Bilancio, proponiamo un intervento significativo per garantire pensioni dignitose a Coltivatori diretti e Iap, prevedendo l’istituzione di una pensione base (448 euro) a cui aggiungere la pensione liquidata interamente con il metodo contributivo. In tal senso, alcune proposte di legge attualmente depositate in Parlamento, come ad esempio la numero 2100 giacente alla Camera, rappresentano una buona base giuridica da cui partire”.