Pdl Bisa: se il problema casa diventa solo una questione d’ordine pubblico

Un’unica procedura che “butta fuori” chi occupa senza considerare il contesto sociale e abitativo

Pdl Bisa, continuano le polemiche. Si tratta della proposta di legge 566 che riguarda l’occupazione arbitraria di immobili. Ma il problema vero è che il testo di legge in votazione alla commissione Giustizia della Camera, dal testo originario che recava ad oggetto norme per reprimere occupazioni “con violenza, artifizi o raggiri, di un alloggio destinato a domicilio altrui”, grazie agli emendamenti presentati da maggioranza e relatore (primo firmatario della proposta di legge, l’on. Bisa della Lega) rischia di trasformarsi in qualcos’altro, con effetti molto più dirompenti sia nel sistema sociale che nel sistema penale giuridico italiano.

Infatti, l’immobile in oggetto si trasforma in “immobile di proprietà altrui” non solo riguardo la fattispecie dell’occupazione, bensì anche per “detenzione con titolo illegittimo”. Ovvero, secondo logica, anche qualora, pur non essendoci mai stata morosità pregressa, l’inquilino tarda a sgomberare o chiede una proroga alla scadenza del contratto legittimamente sottoscritto. Non è particolare di poco conto, come ha spiegato Walter De Cesaris, segretario nazionale dell’Unione Inquilini, dal momento che la semplice detenzione con titolo illegittimo prevede arresto immediato in flagranza di reato. E’ De Cesaris a mettere l’accento sul fatto che, nella legge in discussione, vengono affastellate ipotesi e fattispecie molto diverse, semplificando tutto in un’unica procedura che tende a “buttare fuori” chiunque occupi, non importa se case popolari, alloggi privati, strutture pubbliche in disuso da anni; non importa se si tratta di inquilini morosi, morosità incolpevole, occupazioni senza titolo, finita locazione. Non importa se si è in attesa di casa popolare (magari già assegnata), di posto in struttura, di disponibilità di altro alloggio da parte di un privato che sta ultimando i lavori necessari o è in attesa, a sua volta, della disponibilità stessa dell’alloggio.

Dunque, tira le fila De Cesaris, si tratta di una sorta di mostro giuridico, nonostante alcuni timidi tentativi di emendamento da parte dell’opposizione, “che rovescia il principio stesso di legalità” e si pone in contrasto con lo spirito stesso della Costituzione. 

Del resto, il problema nel concreto lo illustrano i numeri. In Italia, sono presenti (dati Unione Inquilini) 650mila famiglie che avrebbero diritto a una casa di edilizia residenziale pubblica, che non ottengono risposta. Ci sono, sul territorio nazionale, 50mila alloggi Erp vuoti, non assegnati, lasciati al degrado. Le sentenze di sfratto emesse ogni anno sul nostro territorio nazionale, si aggirano fra 40 e 50mila, il 90% per morosità. Ogni punto critico lede un principio giuridico: dalla mancata risposta a un bisogno riconosciuto come essenziale dalla suprema corte, allo sperpero di denaro pubblico che comporta il deperimento degli alloggi popolari, al mancato soccorso alle famiglie di lavoratori “poveri” che si trovano loro malgrado e senza colpa in difficoltà.

Si tratta di una somma di illegalità, come fanno sapere dall’UI, che verrebbe “risolta” con altrettanta illegalità, semplificando un problema non solo complesso, ma che ferisce le viscere più sensibili di un Paese in cui l’ultimo Piano Casa dedicato ai ceti popolari è quello dell’ormai citatissima ma mai riattualizzata Legge Fanfani. Dunque, l’accusa è: a un problema sociale complesso si risponde solo con norme di polizia, lasciando irrisolti i problemi di fondo, anzi, rischiando di fare esplodere una bomba sociale già innescata. A meno che tutto ciò non corrisponda a un disegno preciso di innalzamento della tensione, con buona pace delle istanze ormai sempre più flebili della Destra sociale, ormai ridotta a qualche balbettìo populista ma privata di ogni vera capacità di incidere sulle politiche sociali del governo, pressato dalla Lega che tenta in qualche modo di riappropriarsi di un alveo di pesca impoverito dalla presenza di FdI a guida meloniana. 

 “La formulazione originaria della proposta di legge Bisa – commenta Sauro Poli, penalista del Fòro fiorentino, esperto in tematiche di sfratti e occupazioni – si può riassumere in una battuta: il proprietario si rivolge alla polizia, la polizia accompagna il proprietario nella sua abitazione, intima all’occupante di rilasciarla immediatamente, e immediatamente reintegra nel possesso il legittimo proprietario. Nel caso in cui l’occupante non apra la porta o faccia resistenza, anche passiva, gli agenti di polizia giudiziaria compiono senza ritardi, anche con l’uso della forza ai sensi dell’art. 354 gli accertamenti urgenti previsti per la polizia giudiziaria prima dell’intervento del Pubblico ministero e in mancanza di contestazioni, ordinano all’occupante di lasciare immediatamente l’immobile e reintegrano immediatamente il proprietario legittimo nel possesso dell’immobile”. In caso di inottemperanza dell’occupante, si applicano le disposizioni dell’art. 337 cp, ovvero resistenza a pubblico ufficiale, anche passiva. La novità consiste nell’applicazione dell’art. 380 del cpc, che prevede l’arresto obbligatorio in flagranza. 

“Riassumendo: il proprietario presenta denuncia; la polizia fa una sommaria verifica dei suoi titoli; entro 24 ore si presenta alla porta dell’immobile; bussa, se gli viene aperto gli agenti, dopo aver verificato che si tratti dell’occupante, lo fanno uscire immediatamente dall’alloggio, reintegrano nel possesso il proprietario. Nelle 24 ore successive, inviano l’atto di sequestro al Pubblico ministero che ha 24 ore per convalidarlo. Perciò nella proposta originaria che stiamo esaminando, soluzione pratica per il proprietario senza pietismi, potere assoluto alla polizia giudiziaria che riprende le sue antiche prerogative di uso legittimo della forza. Anche in caso di resistenza passiva, per cui è pure previsto, come già sottolineato, arresto obbligatorio in flagranza.

Le pene? Da due a sette anni, a cui soggiace “chiunque si intromette, coopera, riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l’occupazione dell’immobile o cede ad altri l’immobile occupato”. Da sottolineare la siderale espansione delle fattispecie di reato. Pensiamo alla fattispecie “si intromette”. Pensiamo a un vicino di casa, che magari dica “ma che fate, ma vi sembra questo il modo …” patatrac, via, da due a sette anni”.  Tuttavia, è previsto anche uno “sconto di pena”: “Nel caso in cui l’occupante collabori all’accertamento dei fatti, non opponga resistenza e ottemperi volontariamente all’ordine di rilascio dell’immobile, la pena è ridotta a un terzo o alla metà”. In altre parole, se anche fai il bravo, la tua pena l’avrai. 

Interessanti anche gli emendamenti, “proposti in primis dal M5S, per rendere il testo più aderente a ciò che rimane delle garanzie costituzionali, prevedendo che al posto del PM sia il giudice a convalidare l’operato della polizia giudiziaria dando forma giuridica allo sfratto eseguito. E’ previsto che la polizia giudiziaria trasmetta gli atti al pubblico ministero, che il PM li trasmetta al giudice, che decide se il sequestro è legittimo o meno. Contro questo provvedimento si può poi agire col riesame al Tribunale delle Libertà”. Emendamenti aggiustativi provengono anche da Verdi e Sinistra. 

Inoltre, è molto probabile che la proposta di legge, che passerà comunque vista la maggioranza parlamentare, verrà fusa con quella proposta da Fratelli d’Italia, che in un certo senso, sebbene per andare a regime dovesse appoggiarsi a una forte semplificazione della procedura, pure non metteva al centro del provvedimento l’uso genuino della forza senza alcun contemperamento, come nella proposta di legge Bisa (https://www.thedotcultura.it/occupazioni-e-diritto-alla-casa-i-limiti-costituzionali-della-proposta-di-fdi/). 

“Si tratta di un meccanismo molto ben congegnato – sottolinea l’avvocato – si va con la polizia nella casa del legittimo proprietario e si buttano letteralmente fuori coloro che si trovano nel possesso. Gli avverbi sono netti e senza possibilità di interpretazione: “immediatamente” viene dato l’intimo di rilascio”.

Infine, rimarrebbe da indagare un punto molto importante. Nell’affastellamento di varie fattispecie molto diverse fra loro, come può essere l’occupazione di un immobile eseguita ben sapendo di occupare senza averne titolo: da quella in cui si passa da un titolo legittimo alla sua perdita magari per morosità incolpevole, fino a quella fattispecie che vede la perdita del titolo in seguito a finita locazione, il rischio è di operare una sorta di ribaltamento di priorità costituzionali, dove il diritto di proprietà è l’unico assoluto interesse tutelato. Inoltre, rimane anche il dubbio: se ad esempio a resistere chiedendo una proroga fosse un soggetto titolare di contratto di locazione giunto a termine, bisognerebbe supporre che si passi da una semplice inadempienza contrattuale a una fattispecie di reato?  

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