Pd, Mattarella e Carta 22

Firenze – Mentre al Colle è fumata nera per la scelta di Pd e centrodestra di votare scheda bianca alla prima (e poi fino a sabato mattina), nella stessa candidatura del Pd –  Sergio Mattarella –  salta fuori lo “zampino” del gruppo trasversale neo costituito ma non per questo privo di spessore (anzi, lega insieme vari gruppi interni del partito come annotato su Stamp) di Carta 22. Che, assicurano dalla Toscana, aveva avanzato, nei colloqui con Renzi che avevano preceduto la scelta del nome da porre in lizza, proprio il nome dell’ex-ministro e attuale giudice costituzionale, come ottimo passo per unire il partito da un lato, e dall’altro per porre difficoltà nel centrodestra che deve in qualche modo “motivare” il suo no. Tant’è vero che nelle dichiarazioni ufficiali di oggi, insieme al “no” i vari esponenti di Forza Italia hanno dichiarato che “il problema non è nell’uomo, ma nel metodo”.

“Certo, prima avevano da dare un occhio a Firenze, allora” sorridono dal capoluogo toscano. Intendendo che il piglio “deciso nel decidere” di Renzi aveva avuto modo di farsi notare nella “sindacatura” della città del giglio. Ma, a parte l’ironia, la mossa del premier è giudicata da molti, sotto la cupola del Brunelleschi, un’operazione perfetta. Tant’è vero che qualcuno si spinge a definirla “ai livelli dalemiani di un tempo”.

E allora, le fibrillazioni del centrodestra, le dichiarazioni di Berlusconi e accoliti circa “la rottura del Patto del Nazareno” sottolineata dagli alfaniani che parlano addirittura della “rottura della maggioranza istituzionale”? Sostanzialmente , quello che ci si aspetta è che, anche se con strepito e mani nei capelli, il cavaliere continui a votare scheda bianca “anche dopo”. Insomma, Berlusconi sarebbe con le spalle al muro e poco spazio di manovra, secondo alcune voci fiorentine e romane. Ma il peggio messo sarebbe Alfano, che, se lasciasse il governo, si frantumerebbe senza remissione.

Dunque, anche se il centrodestra dovesse andare verso la scheda bianca, lo scenario non è tuttavia tranquillo in casa Pd. Anzi. Infatti, dopo l’elezione del presidente della Repubblica, potrebbero vedersene delle belle. Ad esempio, potrebbe arrivare il rimpasto di governo, quasi sicuramente con questa maggioranza; e in ogni caso, è probabile un redde rationem fra le varie anime del partito Democratico. Rimandato, notano alcuni, ma non “annullato” dall’operazione Presidente.

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