Pd al redde rationem con tentativo in extremis

Disamina, il più imparziale possibile, delle difficoltà da sinistra a destra passando per il centro

Pareva un secolo fa eppure trattasi di poche settimane orsono: quando Massimo Gazza, segretario provinciale Pd e Claudio Guidetti, ex forzista ed ex renziano, leader locale dei calendiani, stringevano, a favore di macchina fotografica, un non meglio precisato patto per le amministrative. Un’operazione quasi neo-centrista in barba allo schleinismo imperante, seppur mediaticamente criticato assai, che dal Nazareno in su e in giù permeava, e permea fino a prova contraria, lo Stivale intero.

Quell’embrione di patto tra PD e Azione avrebbe dovuto essere l’anticamera di una soluzione condivisa alla faccia delle primarie, che, pur se in acque senza una rotta precisa, aveva ancora qualche freccia, leggasi candidato “unitario” nella faretra. Poi i petali sono caduti uno ad uno. A partire da Alessio Mammi. Prima ancora ne erano crollati altri, vecchian-bonacciniani, per evidenti ragioni. La consultazione dei mille, che vorrebbe essere appunto quell’operazione simpatia e condivisiva in grado di aggirare l’ostacolo del confronto interno delle urne, non si concluderà con il nome del candidato sindaco. Coinvolge un bel pezzo della società civile reggiana orientata a sinistra, e non è poco, ma sostanzialmente rimescola ulteriormente le carte in tavola.

Ora tutto si deciderà con l’interpretazione politica dei questionari e dei pareri raccolti con la consultazione dei mille. Ad esempio, se dalla consultazione dovesse emergere che il 40% degli interpellati è favorevole alle primarie, il dato, in un partito comunque centralizzato come il PD, come andrà giudicato? Si dirà che “solo” il 40% è favorevole alle primarie o che “ben” il 40% è pronto a votare alle primarie? Dipenderà appunto dall’interpretazione politica che i leader del partito daranno ai risultati. Come detto, quindi, il pallino torna comunque in mano ai leader del PD, e il processo di scelta del candidato torna comunque alla casella del via.

Nel frattempo si infittisce la schiera dei papabili, l’assessore Daniele Marchi e Paolo Gandolfi, ex parlamentare da anni lontano dai riflettori diretti, si aggiungono alla lista. Nemmeno i fitti conciliaboli al Campovolo hanno sortito l’esito sperato. L’ultimo appiglio possibile per una soluzione condivisa restava Massimo Gazza stesso, che da arbitro aveva già mezzo dichiarato di essere disponibile a divenire parte in causa, ma neanche il suo nome mette d’accordo tutti. 

Si va dunque verso le primarie anche se, statene pur certi, tentativi in extremis saranno prodotti fino all’ultimo. E qui il partito torna ad esibire le proprie anime. Da una parte l’assessore “vincente” Lanfranco de Franco, che ha continuato a battere la sua strada di popolarità nei quartieri senza scomporsi troppo anche quando i giochi parevano già per lui una sorta di conventio ad excludendum e dimostrando in ciò, nonostante l’età, di possedere già una discreta dose di capacità di diplomatica attesa. Attendendo con serafica pazienza il passaggio dei “cadaveri” dal ponte della meditazione atarassica. Movimentismo e sinistra, d’accordo, ma senza tanti scivoloni radicali. Dall’altra l’assessora Annalisa Rabitti, teoricamente rappresentante dell’area cattomoderata del partito, eppure non disposta a fare la parte della ex renziana di turno. Che ha esibito improvvisamente, gettando il cuore oltre l’ostacolo, una presa di posizione super femminista a proposito del caso Portanova. Come a dire, cari sinistri sono anch’io della partita. In sostanza, specchio delle mie brame, chi è al contempo il più schleiniano e di centro del reame? Di lotta e di governo.

Di fronte a questo popò di proposte il centro dello schieramento politico reggiano resta in agitazione. Non sapendo ancora bene che pesci pigliare. Anche perché nel frattempo la consigliera regionale Stefania Bondavalli continua a tagliare nastri, dando inequivocabile segno di non avere propriamente voglia di ritirarsi dietro le quinte prima ancora di averle attraversate. Non solo: i calendiani non sono più così sicuri di spartirsi la torta, anche quelli di +Europa, che oggi esprimono pure un assessore, restano alla finestra in attesa di coalizioni. E i renziani di Maura Manghi già hanno fatto sapere di essere lontani da un accordo col PD. Per non parlare dei 5stelle, in bilico tra un accordo col Pd della Schlein (a livello nazionale) ed una possibile scissione locale dei duri e puri anti-Pd che però non potranno in quel caso utilizzare il simbolo grillino (i pentastellati reggiani alleati col Pd a Reggio si possono quotare, non ce ne vogliano i diretti interessati, sì e no sul 3-4%). A sinistra anche Coalizione Civica scalda i motori e si dà appuntamento al Binario 49 per decidere appunto che tratta percorrere. E gli altri partiti, partitini-ini-ini della sinistra più o meno radicale? Dipenderà dal candidato sindaco estrapolato dal cilindro Pd per tarare la crescente o calante idiosincrasia col partito di maggioranza. Insomma, grande è la confusione sotto il cielo della sinistra.

Se il centrosinistra a Reggio proprio non ride, il centrodestra è sull’orlo del pianto. Dilaniato a sua volta da lotte intestine interne e da personalismi mascherati dal mito dell’uomo forte (vedi il recente “addio” di Marco Eboli), oggi si trova in ancor più netta difficoltà per la gestione dell’immigrazione irregolare, le proteste sullo stop al reddito di cittadinanza, le pensioni ferme al palo, le “sparate” salviniane, la benzina e il diesel a 2 euro e le visite meloniane a tipi alla 0rban. In sostanza il contendente ideale per il centrosinistra reggiano: un avversario solo da “matare”. E la debolezza del centrodestra aumenta le peraltro legittime ambizioni di chi, nel PD, vuole verificare alla prova delle primarie il personale indice di gradimento ed il consenso dell’area in città. Noi di 7per24, come promesso, continueremo a seguire queste vicende con grande attenzione, perché decideranno la traiettoria che la nostra città prenderà nei prossimi anni. Lo faremo con il massimo di imparzialità possibile e con un pizzico di ironia e bonario scetticismo. Perché queste vicende sono indubbiamente serie ma prendersi troppo sul serio, e questo dovrebbe valere innanzi tutto per i politici, non va mai bene.

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