Pausa caffè in Regione, Usb: “E’ un diritto, non una “graziosa” concessione”

Firenze – “Pausa caffè” nel mirino. Mentre si alza la bagarre e almeno 12 addetti al servizio ristorazione del bar della Regione a Novoli rischiano il posto di lavoro per via del crollo verticale della clientela indotto dalla stretta che è stata data dall’amministrazione al “tempo di ricreazione” dei propri dipendenti, l’attenzione della parte sindacale regionale è incentrata sul diritto alla pausa che dovrebbe consentire ai lavoratori di “staccare” per assicurare un ristoro psico-fisico necessario sia al corretto svolgimento delle loro mansioni, sia al loro stato di salute. Una regola vera e propria, che, come sottolineano dall’USB, è un obbligo di legge.

“In sostanza – spiegano dal sindacato di base – con i provvedimenti organizzativi presi pochi giorni fa (l’introduzione di una “pausa breve” non retribuita di 15 minuti max giornalieri) l’amministrazione regionale vorrebbe far passare il messaggio che solo da adesso è lecito assentarsi per prendere un caffè, trascurando di considerare, non sappiamo se per malafede o ignoranza, che il dipendente che lavora fisso davanti a un computer – e lo sono ormai quasi tutti – ha il diritto-dovere di fare pause periodiche retribuite della medesima durata a intervalli di due ore. E non è solo il decreto legislativo 81 del 2008 a sancirlo da anni, ma pure il Documento di Valutazione dei Rischi firmato di pugno dal datore di lavoro”.

La questione non è così irrilevante come potrebbe sembrare. Infatti, il rischio, a fronte anche di episodi come quelli di Massa, dove un’inchiesta condotta da procura e carabinieri sui dipendenti della Provincia e della Regione ha portato a iscrivere nel registro degli indagati circa 70 dipendenti diversi dei quali si assentavano dal lavoro solo per fare un break, è quello di fare di ogni erba un fascio considerando chiunque si assenti temporaneamente dalla scrivania alla stregua dei “furbetti del cartellino”, quelli veri. Insomma, la novella introduzione della pausa mattutina “a pagamento” da parte dei vertici dirigenziali regionali sarebbe – ribadisce USB – una “concessione graziosa” del tutto superflua e ipocrita.

“Il sospetto – spiegano dall’USB – è che i vertici politici della Regione, e al loro seguito i vertici burocratici, preferiscano alimentare il luogo comune dipendente pubblico-fannullone per i propri fini elettorali, piuttosto che riconoscere la legittimità delle pause in cui si sostanziano i diritti dei lavoratori in tema di salute sui luoghi di lavoro e anzi, adoperarsi per permetterne il godimento con modalità tali da non prestare il fianco a contestazioni. Un sospetto che trova conferma nel singolare ordine della Giunta Regionale di procedere ai licenziamenti previsti dalla legge Madia, emanato con altrettanta singolare tempestività all’indomani degli avvenimenti di Massa sulla semplice scorta di notizie di stampa”.

Anche perché, dicono dal sindacato, “quanto alla pacifica conoscenza che i dirigenti avevano delle pause caffè dei propri dipendenti, il caso del bar della Regione è eclatante, nel senso che anch’essi frequentavano quel bar quotidianamente prendendosi il caffè. E vedevano, sapevano e tacevano. Come in effetti non c’era proprio niente da dire: quelle pause sono sempre state legittime”.

Quanto poi al fatto che siano stati accertati dipendenti “a zonzo”, conclude USB, “se non è frutto della connivenza di chi è preposto per legge al loro controllo, allora è il risultato dell’incapacità organizzativa regionale e della presenza evanescente di alcuni dirigenti, che porta alla demotivazione del lavoratore”. E puntare il dito sul presunto danno erariale causato dai dipendenti assenteisti (in alcuni casi pari a poco più di 100 euro a persona) non sarà forse una manovra di “depistaggio” per distogliere l’attenzione da quello prodotto proprio da questi dirigenti? Come? “Ad esempio, con l’erogazione incontrollata dei buoni pasto ai dipendenti regionali, che potrebbe in questi ultimi due-tre anni aver creato un danno erariale a sei zeri”.

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