È un bellissimo viaggio nel Novecento italiano quello che Teresa Muratore, professoressa di storia nei licei, compie nel suo libro: e lo fa raccontandoci, con umanità e rigore storico, la celebre figura di Pasquale Marconi, medico, parlamentare, figura storica della Dc italiana e creatore dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti. Di quel medico scalzo, che decise di adottare i sandali come le uniche calzature, anche d’inverno, l’autrice ricorda le battaglie ideali, il volto di medico attento e umano, persino i dissidi politici, e i tanti progetti.
Una figura a suo modo scomoda, quella di Marconi, perché sorprendentemente coraggiosa e battagliera nel difendere dei suoi valori, anche in contrasto con quelli del tempo: quando il fascismo creò il culto della prestanza fisica, lui aprì il suo ospedale ai menomati, creando un piccolo Cottolengo, e includendoli nella sua vita e trattandoli con una sensibilità non in linea con l’ideologia degli anni Trenta e Quaranta, che i pazzi preferì sterminarli.
Con Don Pasquino Borghi, dopo il tragico 8 settembre, salvò vite di qualunque provenienza nel proprio ospedale («anche soldati tedeschi e fascisti, nella convinzione che il medico avesse davanti a sé innanzitutto il malato e come tale chiunque si fosse trovato in questa condizione sarebbe stato degno di cure»).
Incarcerato, poi membro della lotta partigiana, infine di nuovo al lavoro nel suo ospedale, parlamentare e grande oppositore di Dossetti. Eppure, spiega l’autrice: «ll dottor Marconi a livello locale fu il rappresentante della cosiddetta destra Dc e per certi aspetti il suo pensiero fu quello di un conservatore. Fu sempre un acceso anticomunista, negli anni Sessanta lottò contro ogni ipotesi di avvicinamento della Dc alle forze di sinistra, si batté contro la nazionalizzazione dell’energia elettrica, tuonò contro l’avanzare del processo di secolarizzazione in Italia (legge sul divorzio, sull’aborto). Eppure ciò che accomunò due personalità tanto diverse fu il loro essere autenticamente cristiani, quel tipo di cristiani che vedevano nella parabola del buon samaritano l’essenza del messaggio evangelico».
La vita di Marconi è un percorso lungo il nostro Novecento, da un Appennino tosco-emiliano rurale e antico, alla città di Reggio che esplode nel dopoguerra, non scevra dai conflitti sociali (interessante la lettura sui morti del ’60), arrivando a Roma, dove Marconi alla Camera lesse un giorno «la traduzione italiana del testo di Stalin, Principi del leninismo, dove a suo giudizio emergevano in modo inequivocabile la violenza, l’aggressività e l’antidemocrazia insite nel comunismo».
Si ritorna poi a Castelnovo Monti, luogo per il quale Marconi lavorerà con impegno, per renderlo quella piccola capitale della montagna che oggi conosciamo. E qui, costruì un asilo ex novo, il Mater Dei, «in onore di una madre ideale, la moglie Irma che lo aveva reso padre di dieci figli. Nel discorso inaugurale disse che quell’asilo era un segno di riconoscenza a una mamma, cui per quattro volte era stato inflitto l’atroce spettacolo di veder tramontare l’aurora sui suoi figli; ma quel luogo ameno di accoglienza dell’infanzia diventava il segno della rinascita (…) E anche per i bambini della montagna Marconi diventò un riferimento, un signore buono con la barba bianca lunga, che avrebbe senz’altro esaudito un loro desiderio».
Di figure così, in questi tempi di nuovi e vecchi relativismi, l’Italia avrebbe ancora bisogno. Di questo libro, a tratti struggente, consiglio la lettura, soprattutto perché è capace di parlare al nostro cuore, come fa Pasquale Marconi in questo bel discorso alla Camera: «Io avevo dieci figli. La primogenita era il mio lusso, è morta e ha impiegato a morire quattro anni. Quattro anni sono tanti giorni, tante ore, tanti minuti. Ora io aspetto di rivederla. Non faccio altro che aspettare… Sembra che io faccia un mestiere, che faccia della politica. Non è vero. Cerco solo di riempire questa attesa…»