Firenze – E’ notizia recente che Silvio Berlusconi, nell’intento di recuperare all’unità un centro-destra ormai allo sbando e sfaldato in mille frange e fazioni, abbia l’intenzione di dare vita ad un nuovo Partito Politico strutturato su base federale. Un “contenitore all’americana” in cui possano confluire tutte le individualità che si sentono di far parte del centro-destra e che convergano su candidati e programma comuni.
Fin qui nulla di nuovo nella tempesta che sta travolgendo la leadership e la stessa idea di società che ha caratterizzato la stagione politica dell’ex premier. Se non per il fatto che la nuova formazione politica dovrebbe, in coerenza con l’ideale legame “americano”, chiamarsi “Partito Repubblicano”.
La scelta di quel nome per il nuovo Partito del Cavaliere, infatti, costituisce un vulnus storico e giuridico per chi, come me, oltre che avvocato, è iscritto al Partito Repubblicano Italiano, contraddistinto dal simbolo dell’Edera. Partito fondato da Giuseppe Mazzini e che, semplificando, ha segnato profondamente la storia politica dell’Italia grazie a uomini come, Carlo Cattaneo, Giovanni Conti, Rodolfo Pacciardi, Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini.
Beninteso, e senza voler dare adito a strumentalizzazioni di bassa lega, è bene sottolineare e ricordare il profondo legame ideale che storicamente lega il Partito Repubblicano Italiano all’America. Sia per aver sostenuto ed appoggiato Giuseppe Mazzini nel progetto di costruzione dell’Italia Unita e Repubblicana, sia per la comune condivisione delle idee di Libertà e di Democrazia di cui, da sempre, gli Stati Uniti, si sono fatti portatori e promotori, fino a sacrificare, per esse, le sue giovani generazioni per liberare l’Italia e l’Europa dalla tirannide del Nazismo e dal Fascismo.
Ma non è questo il problema. Ed è ben altro.
Prima di entrare nel merito, occorre fare una breve premessa che serve a comprendere la mia indignazione.
Purtroppo in Italia, più che in altri paesi dell’area europea, il bisogno di rinnovamento politico, ha innescato un meccanismo che per certi versi ritengo perverso e perfino in piena e profonda contraddizione con il modello Americano a cui si intende ispirarsi.
Vi è in atto, infatti, una corsa sfrenata all’emulazione del modello politico e partitico Americano, o comunque anglo-sassone, perché caratterizzato da una estrema semplificazione delle formazioni politiche che, in sintesi, dovrebbe favorire una maggiore “governabilità’”. Ma se è vero che il ricorso alla semplificazione partitica può trovare giustificazione per il fatto che il nostro Paese, negli ultimi decenni, si era caratterizzato non più per un pluralismo politico capace di dare vita, nella dialettica, ad un “progresso sociale ed economico”, ma per una moltiplicazione partitica capace spesso di condizionare costantemente il richiamato progresso, è altrettanto vero che, l’attuale processo di semplificazione, sta generando, e non sappiamo se volutamente o meno, la cancellazione sistematica del nostro patrimonio storico e culturale. Ovvero le nostre stesse radici. Nel nome del rinnovamento a tutti i costi, le idealità ed i personaggi che hanno segnato la storia di questo Paese, e che dovrebbero costituire la nostra memoria, vengono sacrificate nel nome della semplificazione politica e della indistintivita’ ideale. Ciò è piena contraddizione con il “modello” politico e sociale americano, che mai ha pensato per ciò stesso di sacrificare la propria memoria storica, alla quale e’ sempre pronto a richiamarsi nei momenti di difficoltà, senza mai rinunciare a combattere per essa.
Ciò detto e tornando alla idea di dare vita al “Partito Repubblicano” è certo che Lei Cavaliere non potrà e non dovrà utilizzare quel nome per il suo nuovo Partito. Come ho detto sia per ragioni giuridiche, che per ragioni storiche, politiche e culturali.
Dal punto di vista giuridico occorre rilevare che l’art. 49 della Costituzione riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la vita politica nazionale. Così che l’adozione del nome e di un emblema grafico che lo accompagni è lo strumento di individuazione del soggetto che è tutelato, come recentemente confermato da una recente sentenza del Tribunale di Palermo, come espressione dell’identità personale del gruppo di individui che si associano per la condivisione di una determinata idea politica. Anche per consentire al Partito di essere individuato da parte dell’elettore, e da tutti coloro che manifestano la volontà di condividere l’ideale da esso portato. In sostanza quando si fa riferimento al nome od al simbolo di un partito non può che parlarsi di diritto della personalità e di tutela del nome ai sensi dell’art. 7 del codice civile, traducendosi, come più volte affermato dalla Suprema Corte, come “simbolo dell’intera personalità morale, intellettuale e sociale dell’individuo”. Di tal che come repubblicano, non permetterei a chicchessia di appropriarsi per fini elettorali dell’identità morale ed intellettuale del Partito al quale orgogliosamente appartengo.
Se poi, stante l’evoluzione da lei inaugurata, di lettura della politica in chiave “commerciale” con lo sfruttamento del nome in un’ottica di merchandising (con la produzione di gadget e quant’altro), l’accarezzasse l’idea di registrare il nome “Partito Repubblicano” come marchio ai sensi dell’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale, anche in quel caso, ella non potrebbe trovare alcuna possibilità di aggirare l’ostacolo. Sebbene il nome ed il simbolo di un partito non rientrino nei diritti di utilizzazione economica o commerciale, l’art. 8 del detto codice, ammetterebbe in astratto la possibilità di registrare come marchio, se notori, i segni usati in campo politico. Ma il diritto di tale registrazione spetterebbe soltanto all’avente diritto. Ovvero al Partito Repubblicano Italiano; ma non certo a lei.
Ma se ancora, ella potesse comunque in qualche modo registrarlo, aggirando le norme del Codice della proprietà Industriale, sfruttando anche la carenza, da parte dell’Ufficio italiano brevetti, di un controllo sulla eventuale confondibilita’ del “marchio” con uno già esistente, ella si troverebbe comunque, in sede elettorale a fare i conti con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 (Legge elettorale), che all’art. 14 (ancora vigente anche con la prossima entrata in vigore dell’Italicum che nulla ha modificato) dichiara di non ammettersi “la presentazione di contrassegni…identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli (elementi, diciture, e solo alcuni di essi) usati tradizionalmente dai partiti”.
In breve e sul piano giuridico non credo che ella avrebbe mai la possibilità di appropriarsi del nome e del simbolo del “Partito Repubblicano Italiano”.
Sul piano culturale, poi, e dietro la semplificazione di cui ho detto e che qui trova giusta riflessione, le ricordo che il P.R.I. nasce storicamente e si sviluppa modernamente come il Partito dell’individualità accompagnata dalla consapevolezza dei doveri sociali. E’ il partito che ha attenzione ai più disagiati, che vede riunirsi il lavoro ed il capitale nelle stesse mani. E’ il Partito dei diritti che nascono solo con l’assolvimento dei doveri; E’ il Partito che ha in se’, con Carlo Cattaneo, l’idea degli Stati Uniti d’Europa. E’ il Partito che concepisce il capitale come espressione dell’individuo che lavora e che si realizza nella società con la consapevolezza che la sua impresa, insieme alle altre, costituisce la vitalità di un tessuto economico che genera lavoro, la cui tutela è elemento imprescindibile ed essenziale come espressione di dignità umana. E’ il Partito che difende e propugna l’istruzione Pubblica. E’ il Partito che professa la fratellanza universale dei popoli, ma è soprattutto il Partito che difende la nostra Costituzione Italiana (che è anche derivazione della Costituzione emanata nel 1848 durante la “Repubblica Romana” ) unitamente ai suoi universali principi e valori di giustizia, anche sociale, di solidarieta’ umana, e di tutela dell’individuo in ogni sua forma espressiva. E se questo è il Partito Repubblicano Italiano, certo non intendo vedere accostato il mio Partito ad una politica, quale quella espressa dal “Partito Repubblicano” americano che crede nella deregolamentazione della vita sociale, nel liberismo più sfrenato che non soffre alcuna regola di diritto e che concepisce la “spesa sociale” come uno spreco ed un danno.
Mi dispiace Cavaliere ma non intendo assecondare il processo di semplificazione che ella vuole portare avanti, perché non voglio perdere la memoria storica del mio Paese e di coloro che hanno lottato e sono morti per consegnare a noi ed alle generazioni a venire un futuro migliore. E gli americani sarebbero i primi a non farlo!