La collina frana addosso a Iren? Diciamo che un qualche sommovimento c’è. E’ di questi giorni la notizia che tre sindaci targati Pd – Mauro Bigi (Vezzano), Andrea Tagliavini (Quattro Castella) e Nico Giberti (Albinea) – hanno preso carta e penna per indirizzare una missiva piuttosto critica al presidente di Iren, Francesco Profumo (foto), per la gestione dell’azienda partecipata. Cosa non va secondo loro? Parecchio…
Innanzitutto gli stipendi dei dirigenti e dei membri del condisglio di amministrazione. La settimana scorsa molti altri sindaci reggiani si erano espressi in modo contrario al rinnovato trattamento economico dei manager. Loro tre non si sono arresi, decidendo di passare alle vie di fatto. “Riteniamo – scrivono – si debba avviare una seconda fase di analisi/riduzione dei compensi del top management e dei componenti del cda“. Più chiaro di così…
A proposito di chiarezza… uno dei punti contro i quali Bigi, Tagliavini e Giberti puntano l’indice è l’inadeguata informazione nei confronti dei soci relativamente alle partecipazioni azionarie dell’azienda, oltre che in merito ai valori di scorporo degli asset connessi al ciclo idrico. Ma il punto forte restano le questioni legate direttamente ai valori economici. La lettera prende ad esempio in esame il problema dei costi di progettazione delle opere. L’accusa è velata ma molto seria: i quadri economici sarebbero condizionati e gravati da valori “sopra la norma” se non altro in relazione alle “somme a disposizione“. Più sottinteso di così…
Dulcis in fundo, la politica degli appalti. I tre primi cittadini lamentano il sistematico ricorso, da parte di Iren, a gare al massimo ribasso, e non solo per i servizi di raccolta rifiuti: “Questa modalità di selezione delle ditte – è scritto nella lettera – produce una selezione avversa che spiazza le aziende che lavorano correttamente e a regola d’arte e avvantaggia le aziende che risparmiano su materiali, lavorazioni e personale“. Tra l’altro si tratterebbe di un metodo, secondo Bigi, Tagliavini e Giberti, alla lunga controproducente, un apparente risparmio che non solo genera disservizi ma comporta costi. Un esempio è un appalto del 2013 affidato a una ditta incaricata della raccolta del vetro che non è riuscita ad organizzarsi per compiere il lavoro, determinando un vuoto che ha messo in crisi il servizio. Senza contare altri esempi possibili, come qualche appalto finito a ditte in odore di mafia…
Iren che ne pensa?