Parla CastagnettiVi spiego perché abolire il Porcellum è una priorità

“Sento sulla mia pelle in questa legislatura l’imbarazzo di essere stato nominato come tutti gli altri miei colleghi anziché scelto dagli elettori”

Pierluigi Castagnetti ha firmato pochi giorni fa a Reggio il referendum per l’abolizione del “Porcellum“, la legge elettorale più controversa della storia della Repubblica. Il parlamentare reggiano è infatti tra i promotori della consultazione pubblica per l’abolizione della legge attuale e per il ritorno al vecchio “Mattarellum”. Una posizione che ha trovato forti resistenze all’interno dello stesso Partito democratico, a cominciare dal segretario Pierluigi Bersani. E’ di pochi giorni fa, poi, un botta e risposta con il collega Luciano Violante che aveva dichiarato l’inammissibilità del quesito referendario.

Onorevole Castagnetti perché è così importante per lei questa battaglia?

Sappiamo che il calendario dell’aula viene deciso dalla maggioranza e temo che questa maggioranza non metterà mai in agenda la riforma del Porcellum, la legge elettorale che varò per ottenere il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Si tratta allora di attivare una pressione nei confronti del Parlamento perché venga calendarizzata la proposta di riforma. Il referendum è utile per questo scopo nel senso che se la maggioranza teme l’esito della consultazione – gli italiani andrebbero a votare in massa – allora dovrà decidersi a varare una nuova legge. Nel caso ciò non avvenisse, una volta vinto il referendum, noi andremmo a votare nel 2013 con il vecchio Mattarellum, una legge elettorale che restituisce ai cittadini la possibilità di scelta.

La riforma della legge elettorale non sembra tra le priorità della maggioranza.

Se, come qualche osservatore sta paventando, per non andare a votare con una legge diversa dall’attuale, la maggioranza opterà per lo scioglimento  del Parlamento per anticipare il voto rispetto referendum, ritengo che anche questo risultato sia politicamente utile al Paese perché vorrebbe dire che il governo Berlusconi si toglie di mezzo.

Nel suo partito però non tutti sono d’accordo con lei.

C’è qualche resistenza perché vi è una piccola minoranza che ritiene che appoggiare il referendum significhi allontanare la possibilità di un accordo con il Terzo polo. Casini per  ragioni rispettabilissime ha già dichiarato di non appoggiare il referendum perché costringerebbe il Terzo polo a scegliere in sede pre-elettorale un’alleanza. Credo che questa preoccupazione sia infondata; con Casini è possibile spiegarsi e convincerlo che se passa il referendum in effetti le alternative più probabili siano due: una riforma elettorale varata dal Parlamento o la fine della legislatura,  ipotesi che Casini ha dichiarato di condividere entrambe.

La frattura nel Pd però c’è stata e non sembra essersi ricomposta.

La frattura è già composta. Quando il Partito democratico con il suo segretario Bersani dichiara di volere un rapporto amichevole con i referendari e di mettere a disposizione le proprie feste e le proprie sedi dei comitati che raccolgono le firme per il referendum  ha fatto un’operazione di campo inequivocabile. Ormai la maggior parte delle firme si raccolgono alla festa del Pd.

C’è chi sostiene che il Mattarellum significhi un ritorno alla Prima Repubblica. Per lei è la soluzione migliore?

Il Mattarellum non è la soluzione migliore ma è la soluzione per cancellare il Porcellum. Lo considero l’obiettivo più importante perché credo che la delegittimazione attuale del ceto parlamentare sia in gran parte dovuta alla sua non rappresentatività dell’elettorato.  L’articolo 1 della Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo – sottolineo il termine “appartiene” – e il popolo può delegarla ai propri rappresentanti. Ma se i rappresentanti sono di fatto imposti o nominati dai segretari nazionali dai partiti e non eletti dai cittadini, allora la sovranità non appartiene più al popolo ma ai partiti e questo non è accettabile. Personalmente sono parlamentare di lungo corso e sento sulla mia pelle in questa legislatura l’imbarazzo di essere stato nominato come tutti gli altri miei colleghi anziché scelto dagli elettori.

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