“Una volta premesso che anche il meccanismo delle originarie regole di par condicio non mi ha mai convinto, questo ultimo emendamento va al di là perfino dell’ inammissibile: è grottesco e oltre l’ immaginabile”. Lo dichiara Carlo Sorrentino, docente di Sociologia dei processi culturali all’università di Firenze, dipartimento di Scienze sociali e politiche, dove è stato anche presidente del corso di Laurea in Media e giornalismo.
Il professore esperto di media commenta l’emendamento fatto dalla Commissione bicamerale di Vigilanza Rai alla delibera emessa, in previsione delle elezioni Europee di giugno, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L’ Agcom deve, a ogni tornata elettorale nazionale, aggiornare le regole, pur restando nel solco originario della legge che in teoria dovrebbe dare a tutti i partiti le stesse possibilità di base. La novità di questa ultima delibera era originariamente soprattutto quella di valutare e dare onore di parità alle presenze dei politici di qualsiasi partito nei programmi televisivi non più solo dal punto di vista “quantitativo”, ma anche “qualitativo”, considerando quanto apparissero ma anche in quali momenti: se nelle ore di punta o di stanca degli ascolti, cosa che fa la differenza. Ma lo scalpore lo ha provocato l’emendamento a detta delibera, presentato e approvato in commissione dalla maggioranza (tranne Forza Italia) e contestato dalle opposizioni che lo accusano di andare in senso contrario alla parità, assicurando la possibilità di scorrazzare in Rai a loro piacere ai membri del governo, compresi i possibili candidati della destra in seno al medesimo (i più probabili, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani), i quali non verranno più inseriti nel conteggio degli spazi ma avranno qualsiasi tempo di apparizione a loro disposizione. In nome, si giustifica, della “necessità di garantire ai cittadini una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative”.
Dunque professor Sorrentino, anche lei si scandalizza.
“Faccio la premessa di non essere, come ho già spiegato, un fan della par condicio. Eppure giudico opportuna la modifica operata dall’Autorita’ di garanzia di considerare non solo i numeri ma anche le fasce in cui si appare in tv:c’è molta differenza di ascolto tra le fasce orarie più seguite, vedi per esempio la prima serata, e le altre. Come non esito a giudicare inaudito quello che è successo con l’emendamento di maggioranza. Se fai vedere la lista di cosa hai fatto al governo e non hai limitazione alcuna, è chiaro che chi vanta l’elenco delle proprie gesta, reale o irreale che sia, ottiene sempre attenzione. Tanto più se hai tutto il tempo che vuoi a disposizione. Conterà quasi esclusivamente quello che fa il governo che cancellerà tutto il resto perché se stai al governo e hai a disposizione il tempo che vuoi e quando vuoi per fornire quell’informazione cosiddetta istituzionale che l’emendamento esclude dal conteggio degli spazi, non hai più neanche bisogno di essere incluso nella fetta di maggioranza, facendo così saltare non solo la par condicio elettorale ma perfino la storica e tacita abitudine adottata in periodi non elettorali ma normali dalla Rai. Ovvero la regola del panino diviso in tre: un terzo al governo, un terzo alla maggioranza e un terzo alla minoranza. In questo caso, fatto cento il panino, il 60 per cento va al governo e il 40 per cento si divide tra maggioranza e opposizione, dunque il 20 per cento a quest’ultima e l’80 per cento al resto, ovvero governo e destra che sono la stessa cosa. È fuori dalla grazia di Dio”.
Lei accennava alla premessa. Ce la vuole spiegare meglio?
“La premessa riguarda l’ inadeguatezza della par condicio a livello strutturale. Lo pensavo già all’inizio, quando pure i tempi erano diversi, la tv era ancora la principale fonte di informazione di massa ed era sceso in campo Berlusconi, il più grande editore tv del paese, e dunque era naturale che si cercasse di mettere degli argini. Tanto più sono scettico ora che siamo talmente inondati dai social che figuriamoci dove vanno a finire i conteggi sulle apparizioni in televisione . Comunque, social o meno, i canali attraverso cui passano le infinite e perfino imprevedibili informazioni e percezioni attraverso cui si formano le nostre convinzioni sono infinitamente più numerosi dei principali media”.
Non è solo la tv che ci condiziona, lei dice. Poi però aggiunge anche che l’emendamento è scandaloso. Non è contraddittorio?
“No. La realtà è complessa. Fermo restando che secondo me non è perché uno vede e ascolta di più Meloni o Schlein che alla fine si convince a preferire l’una o l’altra, anzi magari succede il contrario. Ma non vi è dubbio alcuno che l’emendamento in questione sia fazioso e che il gioco sia sporco. Tutto ha un limite, anche lo scetticismo sull’efficienza della par condicio. Se Meloni sta tutto il tempo che vuole in tv a raccontare cosa ha fatto, o vanta di aver fatto, mentre l’opposizione sparisce dalla Rai, la bilancia si sbilancia. È vero che le fonti di convinzione sono così molteplici che nessuna par condicio le controlla ma è anche vero che la Rai vanta ancora milioni e milioni di ascolti e, pur ridimensionata specie tra i giovani , continua a essere un luogo di diffusione di notizie. E anche i giovani, che comunque vanno a votare meno degli adulti, non è poi del tutto vero che siano completamente assenti dalla tv, perché magari a sera in casa i genitori la accendono sui telegiornali o i talk e qualcosa arriva”.
Dunque anche lei pensa, come fanno in molti, che questo governo stia cercando di occupare tutti i luoghi della comunicazione e della cultura, dai media ai teatri, al cinema?
“Beh si muovono massicciamente soprattutto sulla base della narrazione all’indietro che fa Meloni di essere stata, la destra, sempre fuori non solo dal governo ma anche dal mondo dei media e dunque si sentono ora autorizzati al ribaltone. Per essere sinceri, se parliamo della Rai, le mani ce le hanno messe tutti quando ne hanno avuto la possibilità, ma va riconosciuto che ora questo governo lo fa in maniera ancora più forte e spudorata proprio in forza, lo ripeto, dello storytelling di dover risalire la china e ribaltare la situazione. Senza rendersi conto però della differenza, ovvero che le vere egemonie non si costruiscono mettendo i tuoi ai posti di comando. Io credo che quello da cui loro lamentano di essere stati esclusi e che sentono di non avere avuto e di non avere dalla loro parte non siano tanto i posti al timone ma le classi più colte e istruite . Il fatto però è che si tratta di classi che hanno conquistato la loro consapevolezza sulla base di una costruzione culturale molto complessa, fatta nel corso di lunghi anni. Per ribaltarla non basta ubbidire alle incitazioni di un partito, non è così meccanico il cambiamento”.
Già. Eppure in qualche modo si può influire sull’opinione popolare diffusa.
“Ma quello la destra era già riuscita a farlo anche senza stare al governo, diffondendo la paura, la descrizione della realtà come un girone infernale, il mantra della sicurezza. Una costruzione mediatica che la destra è riuscita a imporre pur senza avere senza avere le chiavi di comando dei media e soprattutto delle istituzioni culturali che non vendono cioccolatini ma formano visioni del mondo”.