Firenze – “L’entusiasmo e la passione per la tradizione sono comprensibili, ma il concetto di tradizione fornisce spunti di riflessione e di discussione quando in una manifestazione storico-culturale vengono usati gli animali, i cavalli, nel caso del Palio di Buti e di altre manifestazioni similari, che cavalcati da fantini, vengono fatti correre per pochi minuti in una pericolosa e insensata corsa che spontaneamente non farebbero mai”. E’ quanto denuncia l’Associazione per la protezione e difesa animale Freccia 45, che invita alla riflessione l’ amministrazione locale, affinchè cooperi ad infondere nelle tradizioni del passato lo sviluppo del pensiero umano ed etico riguardo al rapporto con gli animali , ricordando, a tale proposito, la celebre frase di uno dei più grandi pacifisti della storia, Gandhi ““La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”.
Dal 5 al 18 gennaio si svolge l’edizione 2015 del Palio di Buti (PI). Varie le inziative per questa ricorrenza della tradizione, benediizone delle bandiere delle contrade, Santa Messa, cena di presentazione del Palio, presentazione di libri, iniziativa“Cavalli in piazza per i bambini”, spettacolo teatrale, spettacoli musicali, concerti, trippata di mezzanotte e sfilata folkloristica, le quali ruotano intorno all’evento principale, la corsa dei cavalli del Palio delle Contrade di Buti. Molte le corse di cavalli su e giù per l’Italia, nelle quali, come noto, qualche cavallo a fine corsa non è mai arrivato, stramazzato al suolo morto o ferito irrimediabilmente (e poi soppressi), segnali drammatici evidenti che si tratta di corse forzate dall’uomo ben oltre i limiti della natura. “In parecchi luoghi – segnala l’Associazione per la protezione e difesa animale Freccia 45 – si è rinunciato alle tradizionali corse di cavalli, sostituendole con gare di abilità o di velocità disputate dalla popolazione, anche con il coinvolgimento dei bambini che in queste competizioni si divertono moltissimo”. Sono in moltissimi a sostenere oggi che l’uomo debba alzare la soglia di rispetto per la vita, anche in Italia, divenuto il secondo paese al mondo, dopo l’India, per numero di vegetariani e vegani, la maggiorparte dei quali motivato da ragioni etiche. Il poeta latino Publio Ovidio Nasone (43 a .c.-17/18 d.c.) scriveva “La crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini”.
Trovare un punto di incontro tra tradizione storica ed evoluzione socio-culturale è possibile anche a Buti, ed e profiquo – spiega Freccia 45. “Buti ha il diritto e l’onore di mantenere la tradizione del Palio, ma lo faccia con giornate di studio, convegni, conferenze, proiezioni di film e documentari, mostre, laboratori didattici, giochi, sfilate in costume. Questa festa costituisce anche un’occasione di lavoro, ma a favore del diritto a non lavorare dei non umani. Ammiriamo l’impegno di artisti, musici, sbandieratori, tamburini, dame, cavalieri, principi, alfieri, dotti, araldi: per loro lavorare è un diritto e in occasione della loro festa credo che sia anche un piacere mentre per i cavalli è una schiavitù.
Per questo l’Associazione per la protezione e difesa animale Freccia 45 rivolge un appello al Comune di Buti all’assessore alla Pubblica istruzione, Giacomo Pratali, al vicesindaco e assessore Turismo, Maurizio Matteoli, e all’assessore alle Politiche culturali, Isa Garosi, “ad impegnarsi per una politica educativa sui diritti degli animali, a partire da quelli dei cavalli della corsa, invitando le scuole di ogni ordine e grado a non incentivare la partecipazione delle scolaresche a spettacoli con animali che sono diseducativi, per nulla portatori di quei valori necessari per vivere in armonia col mondo animale”, a “promuovere un turismo etico, nel rispetto di ogni forma di vita animale: Buti e la Valdera hanno un potenziale turistico che non necessita dello sfruttamento animale come fenomeno di attrazione”, a “riflettere sul concetto di tradizione”.
Freccia 45 invita a riflettere lo stesso sindaco di Buti, Alessio Lari, meritorio di citare nella sua biografia la frase di Gandhi: “Se esiste un uomo non violento, perché non può esistere una famiglia non violenta? E perché non un villaggio? Una città, un paese, un mondo non violento?” , sul fatto che Ghandi praticava la nonviolenza riferita a tutti gli esseri viventi: considerava gli animali esseri senzienti, non li mangiava, nè li sfruttava in alcun modo. Come dire, se si accetta il grande insegnamento di Gandhi, va fatto coerenetemente nella sua interezza, ossia “non violenza verso tutte le forme di vita”.
“La tradizione è ciò che viene trasmesso, come un’eredità, e come accade con ogni eredità, è necessario discernere ciò che di prezioso – prosegue Freccia 45 – è da mantenere da ciò che deve essere abbandonato. Dal verbo latino “tradere”, derivano sia il temine tradizione che il termine tradimento: nell’atto del “tradere”, si consegna un ordine precostituito, un sistema preesistente ma nello stesso tempo si abbandona e si tradisce un sistema di precedenti regole o configurazioni a favore della novità. La consegna e il tradimento debbano saper trovare quel punto di equilibrio che auspichiamo e che molti hanno compreso”.