Pagliuzze e Calatravi Prima di tutto la Mediopadana

Santiago Calatrava si farebbe in otto pur di fare il Politecnico di Reggio per 90 milioni…

Le parole e le suggestioni di una figura importante come l’architetto Santiago Calatrava non possono lasciare indifferenti, soprattutto in una città come Reggio Emilia che ospita alcune sue opere apprezzate in tutto il mondo. L’architetto portoghese fa proposte su due livelli: l’interazione della stazione Mediopadana con il tessuto cittadino e la possibilità di “completare” l’area con la realizzazione di una struttura che ospiti un Politecnico mediopadano.
Sul primo punto c’è una sfida da cogliere immediatamente. Dall’inaugurazione del 2013 a oggi la nostra stazione TAV ha visto crescere in modo esponenziale – e in barba a chi si augurava un flop del progetto – il numero di treni e di passeggeri che vi transitano. Nel 2017 saranno più di un milione, per fare un paragone parliamo di più di cinque volte il numero di passeggeri annui dell’aeroporto di Parma. La città ha risposto alle esigenze di questo flusso di persone evidentemente di ambito extracittadino con gli strumenti in proprio possesso: trasporto pubblico su gomma e rotaia, aumento delle licenze taxi e Ncc, ampliamento dei parcheggi cercando però di mantenere le aree verdi necessarie per la tenuta estetica del progetto. Risposte importanti ma che rischiano di essere insufficienti se i numeri continueranno ad aumentare nei prossimi anni: a quel punto potrebbe essere necessario uno sforzo extracittadino per nuove infrastrutture, come un potenziamento deciso della linea ferroviaria regionale Reggio-Mediopadana-Guastalla e il progetto di un tram di superficie che colleghi la parte sud della città e il centro storico con la stazione. Questi sono investimenti che valorizzerebbero il rapporto della stazione Mediopadana con la città e che meriterebbero un impegno economico forte delle istituzioni e del tessuto economico locale.
Diverso è il discorso di un Politecnico da realizzare nell’area davanti alla stazione, per due ordini di problemi. Intanto Reggio Emilia, con le sue istituzioni e non solo, ha già investito e sta investendo decine di milioni di euro su una propria area dell’innovazione tecnologica, ovvero le Reggiane.
Pensare di recuperare un’area così estesa a ridosso della città e per anni senza una prospettiva di utilizzo non è stato meno “visionario” rispetto al progetto illustrato ieri. Se ci fossero ulteriori risorse private da investire sulla formazione e l’innovazione al servizio delle imprese andrebbero concentrate lì, recuperando altri capannoni, portandovi nuove esperienze e magari collegandoli meglio alla stazione Tav. Portiamo alle Reggiane un’eventuale (e auspicabile) “Università tecnica mediopadana”, senza creare un secondo polo altrove. In secondo luogo non è il caso di pensare a ulteriore consumo di suolo nell’area nord, dal momento che abbiamo migliaia di metri quadrati di edificato da recuperare e che il Comune di Reggio Emilia ha deciso di fare della riduzione del consumo di suolo un tema centrale dell’azione di governo del territorio.
È doveroso che l’amministrazione pubblica ascolti e raccolga la “sfida” all’innovazione lanciata da Calatrava e dagli industriali reggiani, ma essa va ricondotta nei binari di quanto si sta già facendo, progetti che non possono essere stravolti ma devono essere rafforzati con l’aiuto di tutti i soggetti in campo.

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