La legge di stabilità non risparmia nemmeno i dipendenti pubblici, tra le categorie da sempre più tutelate in Italia. Tra i provvedimenti varati dal governo è prevista infatti la conferma per il quinto anno consecutivo del blocco degli stipendi: una “sforbiciata” che, cumulando gli effetti dal 2010, vale il 10,5% in busta paga. A fare i conti è il Sole 24 Ore che spiega come il mancato ritocco coinvolge circa 6-7 milioni di lavoratori. Secondo il quotidiano economico il blocco degli aumenti potrebbe estendersi anche al 2015 e al 2016. In questo caso, il taglio comulativo potrebbe valere fino al 14,6% dello stipendio.
Il quotidiano fa i conti delle conseguenze del provvedimento su varie categorie di lavoratori
Un impiegato ministeriale, per esempio, guadagna in media (dati della Corte dei conti, come specificato nel grafico) qualcosa meno di 27.500 euro lordi, e ha già visto sfumare per mancati aumenti 2mila euro nel 2010-2012, ne ha persi altri 411 nel 2013 e deve rinunciare ad altrettanti nel 2014 (l’indice Ipca su cui si calcolerebbero gli aumenti contrattuali, è analogo per quest’anno e il prossimo). In tutto fanno 2.879 euro all’anno a regime, che diventano 4.003 se lo stop ai contratti fosse confermato per 2015 e 2016. Salendo i gradini della gerarchia ovviamente la perdita nominale cresce, e arriva a 8.902 euro per un dirigente di seconda fascia, e sfiora i 19mila per un ministeriale apicale.
Per la dirigenza di prima fascia negli enti pubblici non economici (Inps, Inail, Aci, Istat e così via), dove si incontrano i valori stipendiali più alti, i mancati aumenti a regime superano i 21.200 euro all’anno nel 2014, e arriverebbero vicini ai 30mila euro con blocco fino al 2016. I docenti universitari perdono tra i 4.500 euro e i 9.500 a seconda dell’inquadramento, e i medici del servizio sanitario rinunciano a 7.550 euro.