Pace: i cento anni della Cité Internationale Universitaire

Studenti di 150 nazionalità

Il 2025 segnerà una data storica per la Cité Internationale Universitaire de Paris (CIUP) fondata 100 anni fa nel cuore del XIV arrondissement di Parigi.

Questo luogo fondamentale per la diplomazia culturale e accademica francese si inscrive nel processo di riconciliazione europea (e internazionale) post-bellica: creata su iniziativa del Ministro dell’Istruzione francese André Honnorat all’indomani della Grande Guerra e in concomitanza con la creazione della Società delle Nazioni, la CIUP è una vera e propria “utopia umanista”.

Si sognava un campus internazionale in “stile americano” con residenze su base “nazionale” per gli studenti meno abbienti venuti da tutto il mondo per completare i loro studi nella capitale francese, una “cittadella delle scienze e delle lettere” che si basasse sui valori della tolleranza, della solidarietà, della pace, della collettività e del dialogo e una valida alternativa accademica francese al sistema tedesco e inglese, entrambi più gettonati dagli studenti in mobilità internazionale. 

È in quest’ottica “riconciliatoria” che per gli studenti provenienti dai due paesi considerati “nemici storici” della Francia, la Germania e l’Inghilterra, nascono la “Maison de l’Allemagne” (oggi “Fondation Heinrich Heinse”, completata nel 1956), il “Collège franco-britannique” (1937) e le altre 41 residenze studentesche rappresentanti tutti e cinque i continenti.

In realtà il “principio nazionale” (a ogni residenza, gli studenti di tale nazionalità) è fin dall’inizio messo in pratica assieme al cosiddetto “brassage”: ogni casa deve cioè ospitare almeno il 30% di residenti di nazionalità diversa dalla propria, permettendo così il contatto tra culture diverse, un contesto multiculturale e favorendo lo stimolo creativo.

Ad oggi la CIUP ospita in totale 12.000 studenti, ricercatori, artisti e atleti di 150 nazionalità. Nel corso del “Lungo Novecento” il campus è stato un osservatorio delle dinamiche internazionali; sopravvissuta all’occupazione nazista dal giugno 1940 all’agosto 1944, fu in seguito occupato dall’esercito americano.

Testimone della guerra fredda, della guerra del Vietnam, della rivoluzione culturale in Cina, delle mobilitazioni studentesche del ’68, della decolonizzazione e dei complessi rapporti intrattenuti della Francia con le dittature militari sudamericane e asiatiche, la CIUP ha rappresentato a lungo per i suoi residenti un luogo di “presa di coscienza politica”.

Così sulla scia del Maggio ’68, i residenti della “Maison du Brésil” e della “Fondation Héllenique” occuparono le loro residenze per sensibilizzare i propri compatrioti “in situ” contro le dittature instauratesi nella madrepatria (in Brasile nel 1964 e in Grecia nel 1967).

In alcuni casi, come quelli della residenza argentina e marocchina, furono condotti anche dei negoziati diplomatici per mettere fine alle occupazioni. I concetti di “francofonia” e “post-colonialismo” sono quindi parole-chiave per la fisionomia del campus.

Non dimentichiamo che Habib Bourguiba, padre dell’indipendenza tunisina e Primo Ministro della Tunisia indipendente nel 1957, soggiornò nella stanza 114 della Fondation Deutsch de la Meurthe tra il 1925 e il 1926.

Léopold Sédar Senghor, Primo Presidente del Senegal indipendente nel 1960, soggiornò tra il 1931 e il 1934 nello stesso edificio, così come l’autore pluritradotto di origine marocchina e vincitore del Prix Goncourt 1987 Tahar Ben Jelloun.

Nel 1934 invece Aimé Césaire, deputato della Martinica e autore di vari saggi – tra cui il celebre Discours sur le colonialisme (1955) e uno studio pubblicato nel 1962 sul mitico Toussaint Louverture (1743-1803), figura di primo piano di origini africane nella lotta abolizionista e indipendentista della colonia francese di Santo Domingo (oggi Haiti) – fu residente della “Maison des Provinces de France”. Alla CIUP soggiornò inoltre Hô Van Nga, leader del Partito nazionale indipendentista vietnamita nel 1945.

Si tratta dunque oltre che di un “melting pot” culturale e intellettuale anche di una palestra politica che ha dato ospitalità anche a futuri nefasti dittatori del ‘900: è il caso di Saloth Sâr, meglio conosciuto come Pol Pôt, leader della dittatura degli Khmer Rossi in Cambogia alla fine degli anni Settanta, il quale soggiornò egualmente alla CIUP.

Nel corso del ‘900 varie residenze, seguendo il corso tumultuoso della storia della loro madrepatria, cambiarono spesso il nome: ne è un esempio la “Maison de l’Indochine”, ribattezzata “Maison des étudiants du Laos et du Vietnam” nel 1968 e poi “Maison des étudiants de l’Asie du Sud-Est” nel 1972.

Un altro elemento affascinante di questo “microcosmo” è sicuramente l’“ecclettismo” architettonico del campus: ogni residenza infatti presenta elementi stilistici, nei quali risuona l’”identità nazionale” di ciascuna. La “Maison de l’Italie”, dove soggiornò tra gli altri Antonio Tabucchi (1943-2012), presenta dunque uno stile razionalista.

A sua volta la hall della “Fondation Héllenique”, che si ispira nel suo colonnato ionico alla facciata settentrionale dell’Eretteo, ha mobili ispirati a quelli di Villa Kerylos, una villa in stile neo-ellenico di inizio ‘900 sulla Costa Azzurra. Lo scalone d’ingresso della “Maison des étudiants de l’Asie du Sud-Est”si ispira invece a quello del Palazzo Imperiale di Hué in Vietnam.

La Maison du Cambodge, inaugurata nel 1957, 4 anni dopo la proclamazione dell’indipendenza cambogiana, presenta elementi decorativi khmer e statue del dio scimmia “Anuman” riprese dal tempio di Angkor Wat.

Per concludere è bene ricordare che la residenza ha spesso accolto artisti “in nuce”. Sono passati dalle stanze delle residenze della CIUP il re spagnolo della chitarra classica Narciso Yepes (1927-1997), il pluripremiato fotografo brasiliano Sebastião Salgado (1944) e il regista greco Théo Angelopoulos (1935-2012) il cui film L’eternità e un Giorno vinse le Palma d’oro a Cannes nel 1998.

Nel tumultuoso quadro internazionale di questo inizio del terzo decennio del Secolo XXI questa meravigliosa Babele porta un messaggio di speranza.

Bibliografia

Gillabert, Matthieu. « Cité en lutte » ! Transferts culturels et réappropriations des révoltes à la Cité internationale. Matériaux pourl’histoire de notre temps, 2018/1 N° 127-128, p. 36-45.

Kornetis, Kostis. « Comment les années 1968 ont traversé la Fondation Hellénique ». Matériaux pour l’histoire de notre temps, 2018/1 N° 127-128, 2018. pp.46-54.

Tronchet, Guillaume.« Diplomatie universitarie ou diplomatie culturelle ? La Cité internazionale universitaire de Paris entre deux rives (1920-1940) ». In: La Babel étudiante, édité par Dzovinar Kévonian et Guillaume Tronchet, Presses universitaires de Rennes, 2013.

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