Morti in corsia: l’ospedale di Piombino sotto tutela

Firenze – Cominciano ad emergere i primi risultati per quanto riguarda l’ospedale di Piombino e i fatti connessi alla morte di 13 pazienti cui furono somministrate “bombe” di eparina, che provocò emorragie non trattabili o effetti nocivi indiretti e per cui è accusata un’infermiera dell’ospedale stesso.

La commissione d’indagine della Regione, costituita dall’assessore Stefania Saccardi e affidata a Riccardo Tartaglia, responsabile regionale del settore Rischio clinico, e ad altri professionisti, ha presentato oggi i primi risultati. E’ stata l’assessore Saccardi, affiancata da Riccardo Tartaglia e da Maria Teresa De Lauretis, direttore generale della Asl Toscana nord-ovest, a tirare le prime conclusioni.

In buona sostanza, come spiega Saccardi, se l’analisi delle cartelle “ha evidenziato una organizzazione dei percorsi clinico assistenziali adeguata alle necessità cliniche” e gli interventi diagnostico terapeutico-assistenziali “sono risultati generalmente appropriati e improntati ad un’adeguata integrazione tra operatori e specialisti di differenti discipline all’interno e all’esterno dell’ospedale Villamarina”, le modalità di controllo sono state trovate in difetto, inefficaci “per problemi di mancanza di consapevolezza situazionale derivante da fattori organizzativi (leadership, continuità assistenziale, attitudine al teamworking ecc.) e di “know how” (problematiche riguardanti la fisiopatologia della coagulazione). Il sistema locale di segnalazione e analisi degli eventi avversi ha presentato limiti rilevanti sotto il profilo dell’identificazione e comunicazione degli eventi”.

Insomma, i primi risultati dell’indagine regionale metterebbero in evidenza che ci sarebbe stata una carenza a livello di attuazione e verifica delle procedure clinico-assistenziali, come spiega Tartaglia. Anche la gestione del rischio si sarebbe rivelato carente, in particolare “negli ultimi cento giorni del 2014, in concomitanza con l’avvicendamento delle figure dirigenziali di riferimento per la struttura complessa di anestesia e rianimazione. In tale periodo infatti non risultano sufficientemente approfonditi i casi di alterazione anomala ed improvvisa dei profili coagulativi osservati nei pazienti deceduti. Va anche detto che l’approfondimento richiesto ed attuato sul primo caso del 2015 non ha preso in considerazione la revisione aggregata dei casi avvenuti precedentemente, cosa che avrebbe avuto un significato di rilievo, pur in mancanza dei dati di laboratorio relativi all’eparinemia”.

Ma ci sarebbe anche altro, prosegue Tartaglia: “Il modello organizzativo dell’unità operativa, alla luce di quanto avvenuto, è risultato inadeguato, non tanto nella prevenzione dell’evento doloso che, per la sua atipicità e straordinarietà era difficilmente ipotizzabile, quanto nella osservazione-verifica-gestione del rischio. Nelle scelte del management aziendale, inoltre, non risulta sufficientemente riconosciuto il valore e l’importanza della gestione del rischio clinico. Non c’è stato in questo caso un coinvolgimento del risk manager aziendale. La bassa percezione del rischio rispetto a ciò che stava accadendo ha fatto sì che nessun decesso sia stato considerato come un evento sentinella, il che avrebbe comportato la segnalazione al Centro gestione rischio clinico e Ministero della Salute e quindi un approfondimento immediato”.

Così, sebbene i fatti accaduti si inseriscano “in un contesto con dati positivi del sistema di monitoraggio delle rianimazioni toscane che aderiscono al programma Prosafe dell’Istituto Mario Negri, da cui risulta che oltre l’80 per cento dei reparti di rianimazione inclusi nel 2014 hanno un numero di decessi osservati significativamente inferiore a quelli attesi a livello nazionale”, si parla infatti di una mortalità del 6% inferiore rispetto al livello nazionale, l’assessore annuncia che, per quanto riguarda il rischio clinico e tenendo presente che la ex azienda di Livorno “non ha avuto in questi ultimi anni una performance sufficiente per quanto concerne la gestione del rischio clinico”, si sta procedendo “alla riorganizzazione delle funzioni di gestione del rischio clinico, affidando a un professionista di indubbia esperienza l’incarico di riorganizzare la gestione del rischio clinico in tutta l’azienda, con particolare riferimento agli ospedali periferici”.

In particolare per l’ospedale di Piombino, l’assessore Saccardi annuncia l’avvio di “un periodo di supporto alla struttura di almeno sei mesi attraverso l’inserimento di un medico e di un infermiere dell’area della terapia intensiva esperti in gestione del rischio clinico. Tali operatori aiuteranno anche a riorganizzare il reparto e a rigenerare il gruppo di lavoro&quot. Con il supporto del Centro Regionale Criticità Relazionali, verrà offerto anche il sostegno psicologico a tutti gli operatori per aiutarli a uscire da questo momento di grave difficoltà”.

 

 

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