Poletti ha la colpa di aver detto la verità. Io la penso così da molto tempo, da quando ero dirigente, per poco, dell’amministrazione provinciale. Tutti guardavano ai cartellini, nessuno guardava alla produttività. E sapete perché? Perché è più facile fare i conti con dati quantitativi che non con dati qualitativi. Oggi continuare è un delitto. Quel che conta è quel che si fa, non il tempo col quale si scalda una sedia.
Il mondo permette oggi di lavorare da casa, di farlo in spiaggia, di farlo a migliaia di chilometri di distanza. Anche gli uffici destinati al pubblico possono benissimo essere sostituiti da incontri via computer. Ma il sindacato si oppone? Il sindacato si oppone alla realtà. Per questo è in crisi.
Piuttosto il giudizio sulla qualità, così come la sostanziale eliminazione dell’articolo 18, devono oggi introdurre il tema su chi decide. La nuova realtà impone una cogestione, una dimensione decisionale nella quale inserire anche i lavoratori. Il sindacato si rassegni alla fine del novecento anche sulla supremazia della contrattazione aziendale su quella collettiva. E dunque su un processo di progressivo decentramento e autonomia dei lavoratori. Ho l’impressione che Cgil e UIL vogliano fare grandi battaglie donchisciottesche. Auguri.